Lombardi: “Giù le mani dall’articolo 18, riprediamoci le pensioni, licenziamo il governo Monti”

14 aprile 2012 - Scritto da  
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Dopo aver prolungato l’età pensionabile, dopo aver cancellato, con un colpo di spugna, le pensioni di anzianità, dopo avere colpito le pensioni più basse e protetto quelle più alte, il governo ora “scopre” che per effetto di questa brutale manovra, circa 350 mila lavoratori e lavoratrici – i quali in virtù di accordi collettivi e individuali avevano accettato di essere collocati in mobilità nella certezza di maturare entro quei termini il diritto alla pensione – rimarranno a secco, senza più alcuna fonte di reddito.

Non solo: il folle costo, fino a decine di migliaia di euro, previsto per la ricongiunzione dei contributi maturati presso enti o gestioni diversi, revoca nei fatti il diritto alla pensione anche per quanti riuscissero a superare il fuoco di sbarramento normativo con cui Monti sta nei fatti demolendo l’istituto previdenziale.

Questo forsennato attacco all’impalcatura del welfare si completa con la riduzione ai minimi termini delle protezioni sociali in favore di chi perde il lavoro e con il tentativo, giunto alla sua fase conclusiva, di abolire l’architrave su cui poggia l’intero diritto del lavoro: quell’articolo 18 che sino ad oggi aveva impedito al padrone di licenziare a proprio insindacabile giudizio per i più vieti e inconfessabili motivi.

Per questo nella provincia spezzina abbiamo manifestato due volte con il nostro striscione “Giù le mani dall’articolo 18” davanti agli esponenti del Partito Democratico giunti da Roma: l’onorevole Pierluigi Bersani in visita a Lerici il 22 marzo scorso e il senatore Pietro Ichino, alla Spezia lo scorso 6 aprile per un dibattito proprio sulla nuova “riforma”.

Si aggiunga a tutto ciò il gravame fiscale imposto ai più poveri (casa, addizionali irpef, accise sulla benzina), la crescita fuori controllo delle tariffe (trasporti, acqua, gas, energia elettrica), il prossimo aumento delle imposte indirette (Iva) e si avrà chiara la spaventosa ingiustizia delle scelte di un governo che ha deciso di scaricare sul lavoro e sui più poveri l’intero peso della crisi provocata dai ricchi, le cui fortune nel frattempo ingrossano al riparo da qualsiasi tassazione.

Ciò che stiamo vivendo, con un’accelerazione senza precedenti nella storia della Repubblica, è l’annientamento dei precetti fondamentali di giustizia, di libertà e di uguaglianza che costituiscono il nerbo della Costituzione. Opporsi con la mobilitazione di massa per fermare questa devastazione è compito di ogni democratico.

In questa fase cruciale per il futuro del Paese, la Federazione della Sinistra ha sostenuto la mobilitazione dei sindacati del 13 aprile e promuove per il prossimo 12 maggio, a Roma, una manifestazione nazionale per riaffermare che “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro“. Per uscire dalla crisi serve un piano per il lavoro, i diritti e la democrazia.

Va riaperta la partita sulle pensioni: eliminando le norme inique, ponendo un tetto a 5000 euro per le pensioni d’oro e per il cumulo di pensione, garantendo una pensione dignitosa alle lavoratrici e ai lavoratori precari. Va difeso ed esteso l’articolo 18. Vanno difesi ed estesi gli ammortizzatori sociali. Va istituito un reddito sociale per i disoccupati e gli inoccupati. Va contrastata la precarietà.

Va fatto un piano per il lavoro attraverso politiche industriali che promuovano la riconversione ambientale delle produzioni, nei campi del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, della mobilità sostenibile e del riassetto del territorio, con l’obiettivo della buona e piena occupazione. Si deve tornare a investire nella scuola e nell’università pubblica, nello stato sociale. Le risorse ci sono e basta prenderle da chi ce l’ha, attraverso una patrimoniale, e tagliando le spese inutili come quelle per l’acquisto degli F35 o per la realizzazione di opere dannose come la Tav in Val Susa.

Massimo Lombardi, Federazione della Sinistra La Spezia

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