Morte dell’operaio sarzananese a Firenze: piena luce sulla tragedia
La federazione provinciale spezzina di Rifondazione Comunista esprime l’ennesimo cordoglio per l’ennesima morte sul lavoro avvenuta nella giornata di ieri a Firenze dove ha perso la vita l’operaio edile trentaquattrenne Salvatore Iraci Sareri, residente a Sarzana. Un’altra disgrazia, stavolta avvenuta non nella nostra provincia ma riguardante un nostro concittadino: la sostanza è la stessa: una morte giovane, una morte sul lavoro. Una morte alla settimana: i dati INAIL sono impressionanti, ben superiori a quelli di un esercito in guerra.
Tutta la nostra vicinanza alla famiglia del ragazzo non potrà bastare per lenirne il dolore. Vogliamo soltanto ribadire, e lo faremo all’infinito, che la sicurezza sul lavoro non è un vezzo facoltativo da parte delle aziende e degli stessi lavoratori, ma una condizione obbligatoria sancita da una legge, la 626, che va ovunque rispettata in pieno e che invece non viene mai applicata la 100%, nei cantieri, nei porti, nelle fabbriche e in qualsiasi altro luogo dove le persone impiegano il proprio tempo per guadagnarsi da vivere e dove invece sempre più spesso trovano la morte.
Per quanto senza alcuna vergogna gli esponenti di questo scandaloso governo hanno definito “superabile” tale sacrosanta legge, e per quanto venti anni di berlusconismo abbiano oramai insegnato che è lo stesso rispetto della legge ad essere un’optional (se sono politici e industriali a calpestarla, ovviamente), noi chiediamo a voce alta verità e giustizia per Salvatore e per tutte le altre vittime sul lavoro che solo nel 2009 sono state 1050 in tutta italia (dati Inail), mentre il 2010 è a metà del corso e nella piccola provincia della Spezia si è già pagato dazio con tre caduti, di cui l’ultimo martedì scorso nel nostro porto.
Invitiamo il sindaco Renzi e tutte le istituzioni fiorentine a non abbassare la guardia e, nel rispetto della famiglia di Salvatore e di tutto questo infnito elenco di morti, si faccia tutto il possibile per fare piena luce sull’accaduto ed evitare che in futuro tali tragedie non accadano mai più.
Filippo
Scritto venerdì 10 settembre 2010 alle 20:30
Grandissimo dispiacere per la morte di un’amico, non dovrebbero succedere certe cose, sopratutto se uno ha moglie e figli piccoli come in questo caso, non vengono le parole dal dispiacere, spero che venga fatta piena luce sulla causa assurda di questa morte, Salvatore per gli amici Salvo era una persona esperta, che ci faceva lassù dove non doveva stare spero che qualcuno lo dica, stava dando dei consigli ai colleghi? è inciampato? era dove doveva essere quindi è stata una fatalità? come è potuto accadere? come è finito sul vetro del lucernaio che ha ceduto sotto il suo peso come si è letto sui giornali, lui che pesava oltre 110 kg? che ci faceva sul tetto accidenti???
purtroppo ormai tardi, la disgrazia è successa, ma almeno avere queste risposte, che grande dispiacere, massime condoglianze alla moglie se leggerà queste poche righe,
ciao Salvo
Filippo(SP)
Valentina
Scritto mercoledì 15 settembre 2010 alle 20:59
Sono sconvolta;sono la mamma di una compagna di classe della piccola Sara e esprimo a Maria Concetta e alle bimbe a nome mio e della mia famiglia tutto il nostro più’ profondo cordoglio.UN ABBRACCIO.
William
Scritto giovedì 16 settembre 2010 alle 08:08
Quante volte si esprime cordoglio nei confronti di chi perde la vita in modo assurdo. Morire lavorando è l’espressione rabbrividente dell’assurdità della nostra società.
Queste tragedie ci colpiscono sempre, non potrebbe che non essere così, da Taranto a Bolzano accade ogni giorno, ed ogni giorno circa 4 lavoratori non tornano vivi dalle loro famiglie.
Quando accade vicino a noi, quando tocca nostri cari, il dolore per una vita spezzata diventa il lacerante pensiero dei suoi congiunti che lo piangono, la drammatica e viscerale mancanza di una persona che il giorno prima rideva e scherzava con noi e per “una tragica fatalità” ora non c’è più.
Per fermare questa inciviltà dobbiamo tutti insieme costruire qualcosa di grande, qualcosa che impedisca di fare ai lavoratori cose avventate nel nome della produttività, che impedisca ai padroni di ricattare, di sfruttare e di uccidere persone, padri di famiglia, figli e quant’altro nel nome del profitto.
Quel dolore, quel vuoto, deve essere il senso profondo e la consapevolezza che ogni giorno non si debba esprimere le condoglianze alla famiglia di un lavoratore, e che nella tragicità della morte chi ha delle responsabilità debba pagare.