Nessuna ipocrisia sulla morte di Giovanni Magliani, ma solo Verità e Giustizia

25 febbraio 2010 - Scritto da  
Archiviato in Lavoro, Primo piano

 

Le dinamiche che stanno seguendo la tragedia avvenuta ieri alla Stazione Centrale sono tanto note quanto disgustanti. Alla manifestazione di cordoglio ad una famiglia straziata dalla perdita di una persona straordinaria come Giovanni Magliani non può che seguire la più viva indignazione per la modalità con cui è stata divulgata la notizia, i termini con cui è stata descritta e propinata all’opinione pubblica, le reazioni e l’assenza di chi avrebbe dovuto assumersi le responsabilità del caso.

Frasi come “la vittima aveva problemi di udito, tanto che portava un apparecchio acustico. Per questo non ha sentito il treno che procedeva a bassa velocità” o come “anche contando dei soldi che aveva in mano, circa un migliaio di euro, e questo può averlo ulteriormente distratto” o dichiarazioni fantasiose attribuite alla vittima come “Prima o poi un treno mi mette sotto e mi ammazza“, definiscono un atteggiamento omertoso, fuorviante e collusivo con chi ha precise responsabilità rispetto alla morte di Giovanni Magliani, oltre che svilenti delle professionalità e competenze maturate in 30 anni di servizio in cui un lavoratore sapeva bene quel che faceva.

Sulle vere questioni è meglio tacere? Una persona con problemi d’udito non doveva lavorare in un ufficio in mezzo ai binari e chi propone la “distrazione” di un lavoratore in luogo delle responsabilità di chi lo dirige, compie un atto vergognoso. Riteniamo che la gente debba essere a conoscenza e consapevole del fatto che la morte di Giovanni Magliani, come quella di tanti altri lavoratori, non è “una tragica fatalità“, ma un fatto gravissimo che delinea delle condizioni di sicurezza assolutamente indecenti per un Stato che si ritiene civile, fondato sul Lavoro e che sul Lavoro lascia morire i propri cittadini.

Occorre fare chiarezza anche riguardo al “dramma dei familiari“. Perché tre ore dopo il fatto i congiunti erano ancora all’oscuro di tutto? Che cosa hanno aspettato i dirigenti responsabili, le autorità competenti ha comunicare l’angosciante tragedia? In un paese incivile come il nostro, il figlio Paolo, nostro compagno e giornalista, si è recato sul posto una volta appreso che un ignoto lavoratore era vittima di un incidente senza sapere che fosse il padre, e lì è stato informato dai colleghi. Un fatto di una gravità inaudita, che sarebbe dovuto emergere nella cronaca della vicenda unitamente al fatto che nessuno dell’azienda ha sentito il dovere di mettersi in comunicazione con i familiari. Invece si preferisce rimarcare, evidenziare e puntare il dito sulle presunte distrazioni della vittima.

Tante volte, purtroppo, abbiamo scritto o detto della ovvia indignazione in seguito all’inciviltà della morte nei luoghi di lavoro, ciò non basta a colmare il vuoto che crea l’ipocrisia e la menzogna. Ecco perché riteniamo che chi si dice dalla parte delle vittime, dei lavoratori debba mettere in atto tutte le possibili azioni per fare chiarezza sulla vicenda, per dare Giustizia a Giovanni Magliani e soprattutto alla moglie, ai figli e a tutta la famiglia, ben sapendo che con ciò non verrà restituito il loro caro, ma nella profonda convinzione che chi ha sbagliato deve pagare e la collettività deve sapere.

Ci stringiamo attorno a tutti i famigliari, nella consapevolezza che la vicinanza di tutti possa aiutare ad infondere la forza per poter superare questo momento drammatico, mettendo a disposizione tutte le risorse umane di cui disponiamo.

Ricordiamo che i funerali si terranno venerdì 26 febbraio presso la chiesa di Arcola, alle 15.

Commenti

10 Commenti su "Nessuna ipocrisia sulla morte di Giovanni Magliani, ma solo Verità e Giustizia"

  1. Cristina Mescalchin
    Scritto venerdì 26 febbraio 2010 alle 20:18 

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    Sono pienamente d’accordo, Giovanni non tornera’ ma non e’ giusto che dirigenti disgraziati e incompetenti restino al proprio posto tranquilli. Troppo facile dire che e’ colpa di chi non c’e’ piu’!!!

    Il mondo del lavoro e’ retrocesso al 1800!!!!!!

  2. PRC La Spezia
    Scritto sabato 27 febbraio 2010 alle 08:36 

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    Cara Cristina come non concordare con il tuo pensiero.
    Venerdì 26 febbraio, Nazione e Secolo XIX, continuano in una campagna disgustosa, ora lasciando il tema della distrazione di Giovanni per concentrarsi sulle distrazioni del macchinista. Nonostante sia già appurato che i dispositivi di sicurezza attuabili dal macchinista erano in funzione, non si vuole affrontare il nodo centrale: perché una persona come Giovanni, che è stato tolto dal lavoro sui binari per il suo problema di udito, peraltro causato dalle condizioni di lavoro nel corso dei suoi oltre 30 anni di attività lavorativa, è stato collocato in un ufficio nel mezzo dei binari. Cosa avrebbe dovuto fare per recarsi al lavoro? Essere paracadutato?
    A questo ribadiamo l’assoluta assenza dei dirigenti nel comunicare la notizia ai familiari, un fatto che denota come si considera i lavoratori.
    Chi parla di Lavoro senza tenere conto che dietro a questo ci sono uomini e donne, compie un atto di inumanità incalcolabile.
    Giovanni, come i tanti lavoratori che ci lasciano ogni giorni in queste circostanze barbare, non era solo un uomo, un padre ed un marito: era un figlio, un fratello, uno zio ed un cognato, un elemento straordinario di una famiglia esemplare, un amico, un cittadino. Era un essere umano che sapeva ciò che faceva, con orgoglio, con serenità e con coraggio, tutti i giorni. Per questo chi ha sbagliato deve pagare.

  3. Alessandro Franceschini
    Scritto sabato 27 febbraio 2010 alle 21:03 

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    Sono allibito. Date sempre e solo colpa alla stampa, probabilmente senza neppure averli letti, i giornali. Io tutte quelle cose che rimarcate le ho scritte. Prima di sparare sentenze leggete meglio

  4. William Domenichini
    Scritto domenica 28 febbraio 2010 alle 15:07 

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    Anche io sono allibito e vorrei capire cosa allibisce Alessandro Franceschini.
    In primo luogo la critica mossa dal comunicato del PRC è ineccepibile perché circostanziata da fatti:
    1. nessuno di chi aveva la responsabilità ha avvisato i familiari;
    2. nessuno ha scritto dell’indecenza relativa al fatto che Giovanni lavorasse in una situazione rischiosa in relazione alle sue condizioni fisiche, ma si è puntato sulla sua sordità in modo assoluto;
    3. nessuno ha sottolineato che dopo 30 anni di esperienza proprio sui binari, Giovanni era un lavoratore accorto e non certo sprovveduto, senza minimamente descrivere le circostanze secondo le testimonianze dei colleghi e del referto autoptico.

    Secondariamente in tutto questo si è voluto centrare l’analisi del dramma in due termini, distrazione della vittima e imprudenza del macchinista, a mio avviso ben sapendo che in un luogo di lavoro la distrazione è una variabile da mettere in conto e da prevenire, e che i dispositivi azionati dal macchinista erano attivi.
    Io, da cittadino di questo paese incivile, voglio sapere, anche da dei giornalisti perché non si è mai affrontato il tema delle responsabilità di chi ha deciso di far lavorare Giovanni in quelle condizioni, compiendo oggettivamente un grave errore!

    Con uno sforzo immenso arrivo persino a capire lo stato d’animo di Alessandro Franceschini: quale accusa sarebbe stata mossa se non di non aver dato un quadro completo ma su aspetti scontati e, per chi non ha avuto testimonianze dirette, fuorvianti?
    Francamente ho avuto la sensazione di leggere nei giornali di questi giorni articoli già letti, in cui ciò che cambiava era solo il nome della vittima, il luogo, la data e l’ora dell’incidente, il lavoro che faceva, ma nulla di nuovo: distrazione, imprudenza, il macchinista…
    Credo sia opportuno che come giornalisti dobbiate accettare le osservazioni, non rilanciare in un gioco piuttosto squallido di “a chi dare le colpe” e forse dovreste rileggere bene ciò che scrivete, accettando le critiche di chi vi legge e non concorda assolutamente nel modo con cui vengono riportate le notizie, senza per questo buttarla in “è sempre colpa dei giornalisti”, perché il comunicato scandaloso del RFI è passato come è stato ricevuto, ma la parola RESPONSABILITA’ non l’ha scritta nessuno.

  5. Alessandro Franceschini
    Scritto domenica 28 febbraio 2010 alle 18:49 

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    Ribadisco, sono allibito. O forse lei accomuna i due giornali. Io, nei due articoli che ho scritto su questa tragedia, non ho mai scritto la parola distrazione o fatalità. In uno parlo di “bizzarra situazione” per cui un lavoratore ipoudente è stato tolto dal pericolo per metterlo in uno maggiore. E parlo infatti di isola in mezzo ai binari. Non ho “scaricato la colpa” sul macchinista. Ho evidenziato i fatti, essendo un cronista. Ed ho parlato anche dell’altro fatto sconcertante: che la famiglia sia stata tenuta all’oscuro di tutto per tre ore. Sul luogo della tragedia c’erano tutti. I politici in prima fila perchè le elezioni sono alle porte. Io, che sono stato uno dei primi ad arrivare, sono stato tenuto fuori dalla zona rossa ed ho potuto vedere le cose solo da relativamente lontano. E’una zona pericolosa, mi hanno detto, non può entrare. Quando ho fatto notare che c’era quel tal politico, e poi quell’altro e quell’altro ancora, nella zona pericolosa, non mi hanno saputo dire nulla. E poi abbiamo riportato il comunicato delle ferrovie che, loro sì, scaricano la colpa su Giovanni. E se ne assumeranno tutte le responsabilità.
    Poi caro Domenichini, lei scambia un giornalista per un politico. E’ vero, purtopo in tanti anni di questo mestiere avrò scritto decine di volte di incidenti sul lavoro. Tutti si indignano, si mobilitano. E poi non accade nulla. Gettano la spugna con gran dignità direbbe De Andrè. E’ colpa dei giornalisti se nel 2010 nel quinto paese più industrializzato del mondo si muore ancora sul lavoro? O è colpa dei politici che non fanno abbastanza, delle aziende che risparmiano su tutto e se ne fregano, salvo poi scaricare la colpa sui lavoratori stessi? Noi siamo cronisti. Raccontiamo quello che accade. E purtroppo un cronista di nera decrive cose brutte, molto brutte. A Paolo, che è un nostro valentissimo collaboratore, ho detto subito cosa pensavo della morte di suo padre.Il cronista, però, deve raccontare i fatti e non dare opinioni, anche se io francamente non sempre ci riesco. Pensavo e ne sono ancora convintissimo che dai pezzi che ho scritto si capisse benissimo che cosa penso di questa tragedia, pur mantenendo un certo equilibrio. Poi i giudizi, stabilire chi ha torto e chi ha ragione li lascio al magistrato. E ai politici fare qualcosa di concreto per evitare altre morti sul lavoro.

  6. William Domenichini
    Scritto domenica 28 febbraio 2010 alle 19:28 

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    Se Lei è allibito, io sono sgomento. O a lei interessa solo il suo operato o quello della categoria, ma di fatto il comunicato del PRC fa riferimento al contesto generale e ritengo che se vuole affrontare la cosa rispetto ai suoi articoli non se ne esce fuori.

    Tuttavia rimane il fatto che Lei non risponde minimamente rispetto alle mie osservazioni: Lei, come i suoi colleghi, è un giornalista ed è tenuto a dare a me cittadino una cronaca imparziale. Così non è stata. Se come dice “ho potuto vedere le cose solo da relativamente lontano” è sconcertante la sua dovizia di informazioni, anche se rimane il fatto che chi, come me, conosceva Giovanni, difficilmente crede che abbia mai detto cose come “prima o poi un treno mi mette sotto e mi ammazza”. Ciò mi induce a pensare che Lei, come altri suoi colleghi, hanno preso sommarie informazioni e le hanno pubblicate. Pubblicare una cosa del genere a me è parsa eufemisticamente un’indecenza, o forse è il modo più comune di evidenziare “i fatti, essendo un cronista”.
    Ma per un cittadino semplice come me i fatti sono i seguenti: un lavoratore stacca, esce dall’ufficio che si trova tra i binari, non sente il treno che fa manovra, viene agganciato e travolto, l’azienda non avvisa nessuno, il figlio va in stazione per verificare una nota di un sito web spezzino e apprende che si tratta del padre ed a lui tocca telefonare a madre e fratello. Questi sono i fatti.

    Che in questo paese la critica sia ormai bandita è anche nelle sue reazioni. Ciò è davvero allibente, mi consenta, tuttavia lei è più allibito dalla critica che da certe mancanze. Uno specchio dei tempi.
    Caro Franceschini, io non scambio un giornalista per un politico: è forse politica parlare delle responsabilità di chi doveva tutelare un lavoratore? Ho la netta sensazione che invece è stata politica la pubblicazione del comunicato RFI. Dunque stia sereno, non penso che i giornalisti o la stampa siano il male del nostro paese, ma mi consenta di criticare liberamente quando ritengo che questi non compiano un servizio degno della loro attività.

    Nessuno, ripeto, nessuno ha sottolineato le responsabilità, neppure presunte, di chi ha permesso a Giovanni Magliani di lavorare in quelle condizioni, ma in molti si sono permessi di dare tagli più o meno soggettivi delle circostanze. Cordialmente la lascio allo sbigottimento che ci accomuna, sperando che la querelle alquanto svilente possa terminare. In fondo ne io ne lei siamo giudici imparziali: lei difende una categoria e se stesso, io ho la pretesa di non vedere infangato ulteriormente chi ha perso la vita così come chi d’ora in avanti avrà il fardello di portare il suo ricordo.

  7. Alessandro Franceschini
    Scritto domenica 28 febbraio 2010 alle 20:22 

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    Caro Domenichini, non voglio difendere la mia categoria nè tanto meno me stesso. So di sbagliare e tanto, ma cerco di fare il mio lavoro con dignità. La cronaca imparziale penso di avergliela data, in quanto alla frase Prima o poi un treno mi mette sotto e mi ammazza, chieda a Paolo anche se in questo momento avrà certamente altre cose per la testa. Il diritto di critica, dice. E ci mancherebbe, ma anche il diritto di essere in disaccordo con lei. Il comunicato di RFI è stato messo integrale proprio per contrapporre chi pensa alla tragedia e chi al business. Ci sarebbero altre cose da dire. Ad esempio come mai nessuno ha detto prima dove era stato confinato Giovanni, come mai nessun sindacato, nessun partito ha denunciato questo?, ma ho l’impressione che rimarremmo su due posizioni diverse. Infine non penso di aver infangato il nome di Giovanni, forse sono stati altri

  8. William Domenichini
    Scritto domenica 28 febbraio 2010 alle 20:44 

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    Mi dispiace che abbia pensato che metta in dubbio la dignità del suo operato, del suo lavoro, ma rivendico la possibilità di criticarlo serenamente per quanto queste circostanze di sereno non abbiano nulla, da cui l’eventuale asprezza di certi miei toni, e certamente la condivisione di ciò che è stato scritto nel comunicato del PRC.
    Non credo che il nodo sia il suo operato toutcourt, ma per lo più l’atteggiamento che è stato intrapreso sulla vicenda, come se mi permette, spesso accade.
    Ecco perché ritengo che non si debba farne una querelle. E’ evidente che le posizioni rimangano distanti, come è scontato il mio diritto di critica, che non subordina alle mancanze di partiti (anche se è pretestuoso ignorare che anche il PRC spezzino proprio recentemente ha rimarcato la questione sicurezza nei luoghi di lavoro in una nota a commento dei dati Eurispes) o sindacati, ma alle circostanze di cui è oggetto la discussione.

  9. Alessandro Franceschini
    Scritto domenica 28 febbraio 2010 alle 21:26 

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    La discussione con lei è civile e pacata, per questo non la considero una querelle. Sono semplicemente posizioni distanti, anche se poi, a ben vedere, neanche troppo. Io sono rimasto dispiaciuto, anzi allibito, come ho scritto semplicemente perchè nel comunicato di Rc alcune frasi vengono definite come atteggiamenti omertosi, fuorvianti e collusivi. Omertosi e collusivi sono aggettivi che si sposano con la mafia non con il lavoro di un giornalista. Sul fuorviante, anche se non sono assolutamente d’accordo, posso accettarlo, ma quelle due parole proprio no, mi creda.

  10. William Domenichini
    Scritto lunedì 1 marzo 2010 alle 08:51 

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    La mia posizione, che poi trova concordanza con il comunicato PRC, è da ricercarsi nella generale sciatteria con cui è stata affrontata la vicenda.
    Per tutti coloro i quali hanno conosciuto Giovanni, o hanno legami con i famigliari, le posso assicurare che quelle parole che per lei sono allibenti rispecchiano l’amarezza per ciò che è stato scritto e non scritto.
    Mi rendo conto che spesso si rischia di fare di tutta un erba un fascio, tuttavia la differenza sostanziale, a mio avviso, è che un giornale ha una tiratura ed è letto (e in questo paese di rincoglioniti) preso come vangelo, mentre un comunicato del PRC, o di chiunque altro, sentenziato come delirio dei soliti fanatici.
    Ecco perché parole di una certa forza nascono evidentemente da un sentimento di ingiustizia provato e che francamente ho condiviso. Ciò non toglie che ci sia chi fa bene il suo lavoro. Me ne compiaccio, tuttavia credo sia dovere di tutti coloro i quali conoscevano Giovanni, e sono vicini ai famigliari, di far in modo che non succeda come troppo spesso accade rispetto a lavoratori che muoiono sul lavoro e poi vengono uccisi per una seconda volta in seguito alla mancanza di Giustizia.
    Penso che questo debba essere un impegno di una comunità intera, e viste le sue opinioni a riguardo sono certo che troveremo in lei un valido sostegno rispetto alla divulgazione delle notizie.
    Cordialmente

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