Storie di compagni

20 marzo 2010 - Scritto da  
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«Ma se mi eleggono, lascio…»

Ti accoglie nella sede di Rifondazione Comunista con un sorriso largo così e bastano poche battute per scalfire la sua iniziale timidezza di «persona semplice», come si definisce dal primo momento. Clelio Barbieri, classe 1927, è il «decano» dei candidati alle elezioni e ancora oggi, a 83 anni suonati, dà una mano al partito divertendosi ad attaccare i manifesti elettorali. Alle spalle ha una storia lunga fatta di lotte sindacali, emigrazione e lavoro, il tutto sempre legato a filo doppio al Partito Comunista «prima che si dividesse in tanti pezzi, ora sto con Rifondazione». Originario della provincia di Reggio Emilia, Barbieri vive a Sarzana (in via Bonaparte) sin da piccolo.

«Mi sono avvicinato al Pci dopo la guerra — dice — quando per vivere facevo tanti lavori; poi nel 1952 ho partecipato all’occupazione dell’Oto Melara dopodichè sono dovuto andare all’estero perchè ero un ‘ribelle’ e non trovavo più un’occupazione. Sono stato prima in Francia poi in Svizzera dove è nato il mio secondo figlio, ho fatto il lavapiatti nei ristoranti poi mi hanno assunto in una fabbrica che costruiva telefoni». Nel 1965 il ritorno in patria col lavoro nella fonderia fino alla pensione, senza però mai perdere di vista l’impegno politico.

«Ho sempre dato il mio contributo, continuo a farlo ora col solito entusiasmo. Perchè mi candido? Per dare una mano, per dire la mia: però se dovessi essere eletto rinuncerei lasciando il mio posto al primo degli esclusi. Non ce la farei a fare le ore piccole in quei lunghi consigli comunali… E poi io sono una persona semplice, mi risulterebbe difficile contrastare certi ‘pescecani’ della nostra politica». Già in passato Barbieri era candidato con Rifondazione, alle ultime due amministrative però ha preferito farsi da parte e mettersi a disposizione come rappresentante di lista.

«In passato ho fatto anche lo scrutatore al seggio: ora mi piace frequentare la sezione del partito in via Mascardi, dare una mano nell’attività elettorale». Se si volta indietro può dire di aver visto un po’ tutte la facce del panorama politico italiano. «Nel corso degli anni è cambiato in peggio — dice con una punta di amarezza — una volta avevamo 6-7 partiti, ora c’è una baraonda. A casa ho un manifesto elettorale di alcune elezioni fa, sembra un lenzuolo da quanto è lungo. E poi anche i gruppi politici sono diversi, quelli vecchi si sono disintegrati in tante parti compreso il Partito Comunista. Non c’è più l’unità di un tempo: ogni partito ha al suo interno troppe divisioni».

Tratto da La Nazione – 19 marzo 2010

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