Il crollo del ponte di Albiano rappresenta l’ennesima sciagura di un Paese che da tempo ha abdicato l’interesse al bene comune a favore del profitto, dell’incuria e della sciatteria generalizzata.
Come per la tragedia del Morandi va fatta subito luce sulle responsabilità di un disastro che solo per “merito” dell’altra tragedia, quella del Covid, non ha causato una strage.
Non è importante se la catastrofe fosse o no annunciata. Riteniamo piuttosto che vadano evitati i soliti sciacallaggi politici e i soliti “l’avevo detto”, che puntualmente saltano fuori da più parti, per ribadire la necessità di investimenti cospicui a favore delle opere di pubblica utilità e di salvaguardia del territorio. Abbiamo visto negli ultimi anni vere e proprie mattanze di denaro pubblico in monumenti all’inutilità, che hanno solo ingrassato i giganti del cemento e dell’asfalto, lasciando un territorio ancora più a rischio dal punto di vista della sicurezza idrogeologica.
Esempi di autentiche cattedrali nel deserto sono reperibili in ogni comune italiano, non solo nella provincia spezzina. E mentre si realizzano tali mostri, vengono a crollare le opere di infrastrutture viarie fondamentali come ponti e viadotti.
Il medesimo concetto va rivolto all’intero comparto sanità, disastrato in anni di abbandono a se stesso. Occorre personale qualificato, controlli ed efficienza, occorrono denari che non vadano a finire nelle tasche di pochi a danno dei molti, cioè della collettività. Proprio le due emergenze, avvenute nella contemporaneità di questo disastrato inizio 2020, devono obbligare la politica di ogni colore (tutta più o meno responsabile, a qualsiasi livello, della situazione attuale) a voltare completamente pagina. La salute pubblica non è in vendita né in gioco. Non vogliamo “ritornare alla normalità”, come stiamo ascoltando da più parti in questi giorni. La normalità, questa normalità, è il vero problema da risolvere.
Rifondazione Comunista, federazione provinciale la Spezia
Il terzo incendio verificatosi domenica 31 luglio scorso all’interno dell’impianto di trattamento rifiuti ad Albiano Magra, ha sviluppato un’intensa colonna di fumo nero che ha obbligato i comuni spezzini limitrofi come Santo Stefano e Bolano ad emettere ordinanze precauzionali di divieto di consumo acque sorgive ed ortaggi.
Ad oggi nonostante i numerosi appelli nulla è stato pubblicamente dichiarato dagli enti di controllo Asl ed Arpal circa le potenziali aree che potrebbero esser state interessate dalla contaminazione della nube.
Le nubi come è noto, non conoscono confini amministrativi, e sono solite vagare per i cieli portandosi dietro e dentro eventuali tossicità.
Sarebbe bene che, in attesa dei risultati delle analisi, si dicesse con chiarezza quali sono le possibili aree contaminate, basandosi sui dati meteorologici di questi giorni e se ci sono stati versamenti nel fiume Magra.
Altro aspetto è quello giuridico: com’è possibile che l’impianto in questione sia stato colpito da tre incendi nel giro di pochi mesi? La magistratura negli anni passati aveva già accertato la mano della criminalità organizzata. Dobbiamo pensare che nulla è cambiato? Oppure il problema sta nella sicurezza dell’impianto?
I cittadini hanno il diritto di sapere come tutelare la propria salute e gli Enti preposto hanno il dovere di dare gli strumenti necessari.
Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia