Fedi (Rifondazione): “Climate strike, la presa di parola delle nuove generazioni sul tema del cambiamento climatico”

16 marzo 2019, by  
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Venerdì 15 Marzo, in 40 stati di ogni parte del mondo, ci sarà il climate strike, la presa di parola delle nuove generazioni sul tema del cambiamento climatico.
 
Ogni generazione, dagli anni ’70 in poi, ha avuto i propri simboli sulla sensibilizzazione alle questioni ambientali, dai concerti dei vari gruppi musicali come No Nukes del 1979, a Julia Butterfly che nel 1997 salì su una sequoia alta 55 metri e vi rimase per 738 giorni per impedire l’abbattimento dell’intera foresta californiana; poco dopo iniziarono ad emergere e connettersi tra loro una serie di movimenti sparsi per tutto il pianeta che diedero origine a quello che fu definito Movimento No Global, che riuscì a collegare la questione ambientale e il “cambiamento climatico” che iniziava ad essere studiato e denunciato, con il modello di società consumistica e capitalista. Oggi Greta Thumberg è riuscita a parlare della drammaticità climatica in cui ci troviamo alle generazioni più giovani ed imporre la tematica anche al mainstreaming: lo riteniamo un risultato estremamente importante.
 
Certo non ci sfugge il fatto che l’immagine di Greta, una bambina determinata e coraggiosa, riesca a mettere d’accordo tutti, perché apparentemente “spoliticizzata”, tanto che viene condivisa da chi non mette minimamente in discussione il sistema produttivo come i “potenti” di Davos piuttosto che i vari esponenti politici che nulla hanno fatto in termini di politiche concrete. C’è una sola azione globale che può fermare l’innalzamento della temperatura, ovvero la rinuncia a qualsiasi estrazione e utilizzo di combustibili fossili, come petrolio, gas, sabbie bituminose e così via: lo dicono gli scienziati, non romantici utopici. Senza un cambiamento radicale del modello e del sistema non ci potrà essere nessuna vittoria contro il cambiamento climatico e i governi diventeranno sempre più tiranni. 
 
Chi sta pagando e chi pagherà il prezzo del cambiamento climatico? Come sempre a pagare sono gli strati sociali e le popolazione più povere; in Asia, Africa e America Latina esistono già vere e proprie migrazioni di popolazioni che lasciano le proprie terre per desertificazione o alluvionamenti o tempeste distruttive. Ecco perché anche l’appuntamento del 23 Marzo a Roma della Marcia per il clima e contro le grandi opere inutili e l’estrattivismo, diventa estremamente importante: bisogna fermare le lobbies il cui solo scopo è il profitto, a danno degli equilibri ambientali e della stessa democrazia.
 
Pensare globale ed agire locale, perché senza una giustizia ambientale non potrà esserci giustizia sociale, senza una vera rivoluzione nel modello di sviluppo lineare in favore di un’economia ciclica, dove l’accumulazione di capitale naturale venga ribaltata dall’esigenza di una compatibilità ambientale e di una redistribuzione delle ricchezze, non ci sarà nessuna salvezza per la sopravvivenza dell’essere umano su questo pianeta, almeno per la maggior parte degli esseri umani.   
 
Verushka Fedi,
Segretaria Provinciale di Rifondazione Comunista 

Chiusura gruppo carbone centrale Enel La Spezia: la maggioranza boccia emendamento di Rifondazione, Guerri e Cinque Stelle

8 ottobre 2014, by  
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Nel consiglio comunale della Spezia di lunedì 6 ottobre è stata presentata una delibera riguardante il cambiamento climatico dovuto alle emissioni inquinanti e alla strategia per affrontare dal punto di vista ambientale gli sconvolgimenti che stanno caratterizzando anche il nostro territorio, impegnandosi a rispettare gli obiettivi europei del pacchetto clima.Tale delibera, dal nome inglese “Mayors Adapt”, era molto interessante sotto i molteplici aspetti per affrontare i gas serra e le strategie per porvi rimedio.

Rifondazione Comunista presentava un emendamento, sottoscritto anche da Giulio Guerri e dal Movimento Cinque Stelle, per inserire all’interno della delibera il seguente testo: “a chiedere immediatamente una revisione dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) rilasciata alla centrale Enel “E. Montale” ponendo l’obiettivo di dismettere il gruppo a carbone entro un anno”. L’assessore Davide Natale affermava che fosse già prevista dopo un anno la verifica dell’AIA e chiedeva di ritirare tale emendamento.

Non abbiamo soddisfatto tale richiesta, chiedendo di metterla in votazione, che però ha dato esito negativo, poiché tutta la maggioranza rimaneva compatta per il no.

Solo Rifondazione Comunista, Giulio Guerri e il Movimento Cinque Stelle approvavano l’emendamento.

Breve riflessione: il sonno della ragione genera mostri. In barba al clima e all’ambiente.

Edmondo Bucchioni,
Consigliere Comunale Rifondazione Comunista La Spezia

Spezia, tutti in piazza per il clima: appuntamento alle 15 in Piazza del Bastione

22 settembre 2014, by  
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Oggi, domenica 21 settembre, alle 15 in Piazza del Bastione (in caso di pioggia, in Piazza del Mercato) si svolgerà la giornata di mobilitazione globale per il clima.

Ci incontriamo per rafforzare l’azione globale – spiegano gli organizzatori – e sensibilizzare la politica locale, perché i cambiamenti climatici sono l’esito di specifici contributi locali all’inquinamento del pianeta. Fino a oggi la politica mondiale, asservita a immensi interessi economici, non ha saputo né voluto trovare soluzioni credibili“. “Non possiamo semplicemente dire che c’è un problema del clima, e lasciarlo ai politici – ha dichiarato James Hansen, scienziato della Nasa – sono così chiaramente sotto l’influenza dell’industria dei combustibili fossili che stanno arrivando con soluzioni “carbonifere”, che non sono soluzioni. Questo è la linea di fondo”.

“La politica non ha saputo o voluto ascoltare neppure gli scienziati, che anche in occasione dell’ultima conferenza sul clima di Varsavia hanno scritto: “La vera possibilità per evitare pericolosi cambiamenti climatici è lasciare la maggior parte delle riserve fossili sotto terra. Questo è particolarmente vero per le centrali di produzione di energia elettrica”.

Tutti in piazza per il clima, appuntamento alle 15

 

L’evidenza scientifica del riscaldamento in atto, e della responsabilità del ruolo antropico, impone la necessità di un’azione urgente davanti agli impatti e alle conseguenze che tali cambiamenti climatici inducono a livello planetario. Anche in Italia sono ormai evidenti le conseguenze dell’aumento delle temperature, tra cui il verificarsi sempre più frequente di fenomeni meteorologici estremi, con precipitazioni e stagioni anomale, che hanno impatti sociali, economici e ambientali sempre più importanti e drammatici per un territorio già profondamente sfruttato. La Liguria è stata e continua a essere interessata da tali fenomeni, che si sono proposti con veemenza alla nostra attenzione con l’alluvione che nel 2011 ha interessato le Cinque Terre e Genova, e il dissesto idrogeologico in corso e che si ripropone puntuale con l’arrivo delle piogge autunnali.

I comitati e le associazioni che hanno organizzato l’evento di domenica auspicano la partecipazione numerosa dei cittadini. Ai momenti d’intrattenimento – due spettacoli di burattini, proiezione di video e un concerto in chiusura – si alterneranno interventi di cittadini, comitati e associazioni che in Piazza del Bastione testimonieranno del contributo del Golfo della Spezia all’inquinamento, all’effetto serra e al cambiamento climatico: la centrale Enel a carbone, la discarica di Pitelli, il porto commerciale, le navi da crociera, l’arsenale militare, la pessima gestione dei rifiuti e del traffico urbano sono piccoli tasselli locali di un problema globale di stretta attualità.

Il programma

alle 15.30 e alle 16.30: spettacolo di burattini con la Compagnia Burattin Burattinando;
alle 17.00: introduzione al tema dei cambiamenti climatici;
dalle 17.30 alle 20: musica con Cashficators, Malenky Slovos, Ondalibera, ViSiBì;
Durante il concerto: proiezione dei filmati “The Age of Stupids” e “Disruption”

Sono stati invitati: Vittorio Alessandro (Presidente Parco 5 Terre) – Donatella Bianchi (Presidente WWF Italia) e Dario Vergassola.

Hanno collaborato all’organizzazione:
Italia Nostra, SpeziaViaDalCarbone, Movimento 5 Stelle, ISDE-Medici per l’Ambiente, Federcasalinghe, Comitato Piazza Verdi, Comitato Spiagge Libere Olivo, Wwf La Spezia, Lipu, Legambiente, Verdi La Spezia, Cittadinanza Attiva – Comitato Acqua Bene Comune, Rifondazione Comunista, Per la Nostra Città e alcuni cittadini

www.cittadellaspezia.it

Cancun, COP16: gli interessi economici vincono sulla pelle dei più deboli

15 dicembre 2010, by  
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La Conferenza ONU sui cambiamenti climatici a Cancún si è conclusa all’alba di Sabato 11 dicembre, dopo che 193 paesi hanno firmato un accordo estremamente modesto per combattere il cambiamento climatico e soprattutto non vincolante.

L’accordo, noto come Accordo di Cancún, impegna tutte le principali economie a ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra, ma non stabilisce in che modo le emissioni globali dovrebbero essere tagliate.

Tra le novità del testo c’è il Fondo Verde (Green Fund) di 100 miliardi di dollari entro il 2020, nonostante i Paesi in Via di Sviluppo avessero chiesto già un anno fa almeno 500 miliardi di dollari per fronteggiare l’adattamento al cambiamento climatico.

Inoltre si parla di risorse “mobilizzate” e non stanziate quindi senza nessuna chiarezza sulle fonti e con una gestione evidente di tali risorse da parte della Banca Mondiale, la quale in questi anni ha sostenuto progetti per i Paesi in Via di Sviluppo a dir poco discutibili riguardo all’impatto ambientale che hanno provocato.

La Bolivia, per questi motivi oltre che per non aver riconosciuto i diritti dei popoli indigeni, per aver contenuto l’innalzamento della temperatura ai 2°C e non 1,5°C come sostenuto dai più disparati enti di ricerca, e per non aver prolungato il Protocollo di Kyoto oltre il 2012, non ha sostenuto l’accordo.

Il tentativo di dichiarare come consensuale l’Accordo che non ha il consenso della Bolivia è un precedente molto preoccupante, visto che le regole devono essere uguali per tutti (vedi gli Stati Uniti su Kyoto) tanto più in un processo multilaterale.

Dall’altra parte troviamo le comunità di 30 Paesi del Mondo de La Via Campesina che subiscono ogni giorno le conseguenze di una crisi ambientale e sociale; comunità che si sono riunite nel “Foro global por la vida, la justicia ambiental y social” per sette giorni di incontri e dibattiti dove si è parlato di migrazioni ambientali, difesa dei beni comuni, urbanizzazione selvaggia, impatto delle dighe, diritti della natura e sono state così smascherate quelle che loro stessi definiscono “le false soluzioni” trovate al tavolo del Moon Palace, sede ufficiale della conferenza Onu.

Ancora una volta nel dialogo fra Governi al centro della discussione c’è stata la questione economica e non si è minimamente messo in discussione il Sistema che ha creato questa Crisi; nei documenti si continua a puntare sull’urgenza del trasferimento tecnologico, ribadendo il ruolo centrale del settore privato e dei meccanismi finanziari oltre che della Banca Mondiale.

“Soluzioni” palliative che non risolvono le cause principali, perchè non affrontano i temi sociali che si riflettono direttamente sulle popolazioni costrette alle migrazioni per sopravvivenza.

La crisi ecologica non è fatta solo di cambiamenti climatici. È anche disastri ambientali, nuovi e massicci flussi migratori, distruzione di economie locali, violazione del diritto al cibo e alla salute e la distruzione di milioni di vite umane. Di fronte a questa consapevolezza nessun adattamento è possibile.

Parlare di giustizia climatica significa oggi in realtà parlare di relazioni di potere, di sistemi economici, processi produttivi e modelli di consumo. Per questo siamo più che mai convinti che per affrontare il maniera concreta la crisi sistemica (economica, ecologica, finanziaria, energetica, alimentare e migratoria) occorra rimettere al centro la giustizia sociale ed ambientale.

È questa la scommessa concreta ed urgente che i movimenti e la società civile di tutto il mondo hanno iniziato ad assumere per unire sempre di più le lotte e le alternative in marcia dal nord ad sud del mondo, dalle fabbriche alle campagne, dalle città ai territori con un unico obiettivo comune: cambiare il sistema, non il clima.RIGAS – rete italiana per la giustizia ambientale e sociale

Scaricate: La Via Campesina, Documento finale - odt (odt - 27.23 kB) e Wikileaks e gli Usa, il Clima - odt (odt - 26.62 kB)

Immagini e filmati scattate e girati da Veruscka Fedi, al COP16 a Cancun.

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La Conferenza ONU sui cambiamenti climatici a Cancún si è conclusa all’alba di Sabato 11 dicembre, dopo che 193 paesi hanno firmato un accordo estremamente modesto per combattere il cambiamento climatico e soprattutto non vincolante.

L’accordo, noto come Accordo di Cancún, impegna tutte le principali economie a ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra, ma non stabilisce in che modo le emissioni globali dovrebbero essere tagliate.

Tra le novità del testo c’è il Fondo Verde (Green Fund) di 100 miliardi di dollari entro il 2020, nonostante i Paesi in Via di Sviluppo avessero chiesto già un anno fa almeno 500 miliardi di dollari per fronteggiare l’adattamento al cambiamento climatico.

Inoltre si parla di risorse “mobilizzate” e non stanziate quindi senza nessuna chiarezza sulle fonti e con una gestione evidente di tali risorse da parte della Banca Mondiale, la quale in questi anni ha sostenuto progetti per i Paesi in Via di Sviluppo a dir poco discutibili riguardo all’impatto ambientale che hanno provocato.

La Bolivia, per questi motivi oltre che per non aver riconosciuto i diritti dei popoli indigeni, per aver contenuto l’innalzamento della temperatura ai 2°C e non 1,5°C come sostenuto dai più disparati enti di ricerca, e per non aver prolungato il Protocollo di Kyoto oltre il 2012, non ha sostenuto l’accordo.

Il tentativo di dichiarare come consensuale l’Accordo che non ha il consenso della Bolivia è un precedente molto preoccupante, visto che le regole devono essere uguali per tutti (vedi gli Stati Uniti su Kyoto) tanto più in un processo multilaterale.

Dall’altra parte troviamo le comunità di 30 Paesi del Mondo de La Via Campesina che subiscono ogni giorno le conseguenze di una crisi ambientale e sociale; comunità che si sono riunite nel “Foro global por la vida, la justicia ambiental y social” per sette giorni di incontri e dibattiti dove si è parlato di migrazioni ambientali, difesa dei beni comuni, urbanizzazione selvaggia, impatto delle dighe, diritti della natura e sono state così smascherate quelle che loro stessi definiscono “le false soluzioni” trovate al tavolo del Moon Palace, sede ufficiale della conferenza Onu.

Ancora una volta nel dialogo fra Governi al centro della discussione c’è stata la questione economica e non si è minimamente messo in discussione il Sistema che ha creato questa Crisi; nei documenti si continua a puntare sull’urgenza del trasferimento tecnologico, ribadendo il ruolo centrale del settore privato e dei meccanismi finanziari oltre che della Banca Mondiale.

Soluzioni” palliative che non risolvono le cause principali, perchè non affrontano i temi sociali che si riflettono direttamente sulle popolazioni costrette alle migrazioni per sopravvivenza.

La crisi ecologica non è fatta solo di cambiamenti climatici. È anche disastri ambientali, nuovi e massicci flussi migratori, distruzione di economie locali, violazione del diritto al cibo e alla salute e la distruzione di milioni di vite umane. Di fronte a questa consapevolezza nessun adattamento è possibile.

Parlare di giustizia climatica significa oggi in realtà parlare di relazioni di potere, di sistemi economici, processi produttivi e modelli di consumo. Per questo siamo più che mai convinti che per affrontare il maniera concreta la crisi sistemica (economica, ecologica, finanziaria, energetica, alimentare e migratoria ) occorra rimettere al centro la giustizia sociale ed ambientale.

È questa la scommessa concreta ed urgente che i movimenti e la società civile di tutto il mondo hanno iniziato ad assumere per unire sempre di più le lotte e le alternative in marcia dal nord ad sud del mondo, dalle fabbriche alle campagne, dalle città ai territori con un unico obiettivo comune: cambiare il sistema, non il clima.” RIGAS – rete italiana per la giustizia ambientale e sociale