Elezioni del presidente della provincia: i consiglieri di Rifondazione non parteciperanno al voto di domenica 28 luglio

27 luglio 2019, by  
Archiviato in Dalla Provincia, Istituzioni, Partito, Primo piano

 

Come nelle elezioni dello scorso gennaio, che riguardavano il rinnovo del consiglio provinciale spezzino, Rifondazione Comunista non parteciperà alla tornata elettorale prevista per domenica 28 luglio per eleggere il prossimo presidente della Provincia che sappiamo già essere il sindaco spezzino Pierluigi Peracchini.

Riteniamo ancora una volta di non partecipare a una competizione dove tutto è già scritto in partenza e dove il cittadino è esautorato totalmente dalla scelta. L’ente provinciale è una importantissima istituzione che ha compiti determinanti per la vivibilità dei singoli comuni dalla tutela ambientale, compresa la pianificazione e gestione dei rifiuti, alla gestione e programmazione dei trasporti, alla manutenzione delle strade provinciali e dell’edilizia scolastica oltre al controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e la promozione delle pari opportunità”
 
Tematiche che vediamo esser all’ordine del giorno anche in questi ultimi mesi, dalla questione del biodigestore di Saliceti e di conseguenza Piano dei Rifiuti, al trasporto pubblico locale sempre più deteriorato sia dal parco mezzi sia con il taglio delle corse, per non parlare di un’edilizia scolastica che avrebbe bisogno di una manutenzione vera e sostanziale e strade provinciali abbandonate a se stesse. Immaginate come possano dei consiglieri e sindaci già impegnati nei loro comuni interessarsi seriamente anche di queste tematiche complessive. Ecco perché riteniamo farsa questa modalità di gestione di un ente cosi determinante.
 
Certi che anche le altre forze politiche si siano rese conto di quanto sia deleteria questa gestione, chiediamo loro di farsi portavoce di una vera riforma che riporti le Province ad esser efficaci per la cittadinanza, ponendo fine a questo “monstrum” che oramai dura da 7 anni. Alle cittadine e ai cittadini che pensano di aver risparmiato risorse, chiediamo: siete certi che questo risparmio sia stato re-investito per migliorare il nostro viver quotidiano?
Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia

“Il centrodestra vuole il biodigestore nello spezzino, dal Pd opposizione solo di facciata”

4 agosto 2018, by  
Archiviato in Ambiente, Dalla Provincia, Partito, Primo piano

Toti e Giampedrone hanno deciso per il biodigestore nella provincia spezzina. 
Il Pd, senza alcuna credibilità politica, cerca di salvare le apparenze nei confronti della popolazione non partecipando al voto. 
 
Questo è il quadro emerso dal consiglio provinciale di questa mattina che doveva discutere del famigerato biodigestore da realizzare a Saliceti o a Boscalino.
 
I consiglieri del Partito Democratico hanno deciso di uscire dall’aula facendo saltare il numero legale, ricevendo le dure critiche del centrodestra. 
 
Peccato che sia stata un’operazione totalmente di facciata: il Pd, in maggioranza teorica in consiglio, si trovava in realtà in minoranza a causa dell’assenza (voluta?) di due suoi consiglieri. 
 
Ecco perché l’abbandono dei banchi, adducendo tra l’altro il motivo dello scarso tempo per esaminare la pratica, ha il sapore della trovata atta a distrarre l’opinione pubblica sul vero nocciolo del problema, ossia i dissidi interni proprio allo stesso Pd sull’argomento. Se si voleva veramente fare opposizione al biodigestore si sarebbero dovuti presentare a ranghi completi e mettere in minoranza gli uomini di Cozzani, totalmente succubi ai voleri della giunta regionale. 
Ma la situazione attuale è figlia della gestione del territorio negli anni precedenti che non può non portare la firma del Partito Democratico, responsabile della crisi di Acam e della conseguente aggregazione con Iren, che ora chiede il conto. Il Pd così cerca di scaricare il barile sul centrodestra totiano, ma ciò non basta a salvare la sua credibilità: entrambi sono ugualmente responsabili. Occorre invece programmare impianti che trattino che trattino il riutilizzo, il recupero e rigenerazione di tutte le categorie merceologiche differenziate.  
 
Per questo Rifondazione è contraria tout court alla realizzazione del biodigestore, e non solo sul territorio spezzino perché ciò pregiudicherebbe il sistema Rifiuti Zero che sosteniamo con forza e in ogni sede dal 2008.
Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia

Caduta di Caluri a Lerici, Prc La Spezia: “Ha vinto la democrazia, raro atto di assunzione di responsabilità della politica al servizio dei cittadini”

18 febbraio 2015, by  
Archiviato in Dalla Provincia, Istituzioni, Partito, Primo piano

 
E’ bene chiarire subito: il sindaco di Lerici è stato sfiduciato perchè in questi tre anni ha espresso un’esperienza politica ed amministrativa fallimentare.
La caduta del renziano Caluri rappresenta un fatto politico di enorme portata sul quale sarebbe opportuno evitare strumentalizzazioni, cosa che il Pd ha già ampiamente messo in atto. 
 
La solidarietà espressa dagli amministratori provinciali del partito (con impensabile solerzia) dopo la “lunga notte” del consiglio comunale che ha sfiduciato il sindaco, sembra rappresentare plasticamente la volontà di mettere subito una pezza ad un raro momento di democrazia.

I burocrati accorsi al capezzale lericino hanno espresso un giudizio unanime: guai se il bubbone della discussione, e perchè no della sfiducia, dilaghi in un contesto in cui l’incapacità di dare risposte alla gente deve essere tamponato con l’autoconservazione della “castina”, un fortino di solerti professionisti della politica che devono mantenersi sul ponte di comando, a tutti i costi.
Non è un caso che la solidarietà a Caluri non sia arrivata da nessun cittadino, ma solo da “colleghi” di partito e amministratori comunali, alcuni dei quali, come il sindaco della Spezia Federici, autori di veri e propri sproloqui da manie di protagonismo “social”, in pieno stile Renzi.
 
In questo teatrino squallido, l’uso spregiudicato di parole come “responsabilità”, “democrazia” e “politica”, da parte di questa mini casta, che probabilmente conosce Lerici per qualche passeggiata domenicale, suona quasi come una provocazione.
E’ bene ricordare, tanto all’opinione pubblica quanto a costoro, che neanche un consigliere comunale di maggioranza è intervenuto a difendere l’operato del sindaco Caluri: questo esercizio è stato fatto solo dagli assessori che appassionatamente difendevano il loro lavoro e la loro posizione. 
 
Abbiamo visto un sindaco arroccato nella sua posizione di difesa della dignità, una dignità politica che gli è stata tolta dal suo stesso segretario Michelucci quando gli ha proposto un anno di “commissariamento” per valutare l’operato ed eventualmente staccare la spina. La sfiducia a Caluri rappresenta un atto di democrazia, perchè è bene ricordare che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme della rappresentanza. Non si può governare con autoritarismo polemico e irritante senza rispettare i propri alleati, i propri consiglieri e di conseguenza cittadini che l’hanno eletti.
A Lerici abbiamo posto fine all’antidemocratica solfa dell’uomo solo al comando: un sindaco, un presidente, un amministratore pubblico ha il dovere di confrontarsi e di decidere collegialmente per il bene di tutti. Un confronto che a Lerici l’ormai ex sindaco non ha mai saputo affrontare e da cui è sempre fuggito, risultando l’amministratore più inconcludente della storia di questo comune.
Il dato politico rilevante è che anche nel plebiscitario “partito della nazione” renziano, quello del 40% e del potere quasi assoluto su scala nazionale, si aprono crepe importanti, già emerse con chiarezza all’indomani dello scandalo-primarie della Liguria di un mese fa. Tali crepe sono esplose definitivamente a Lerici dopo un calvario lungo tre anni, con uno stillicidio continuo di dimissioni di consiglieri e assessori, dato che fin dal primo giorno Caluri ha avuto forti difficoltà nel confronto interno e nella concretezza delle decisioni.
Il penoso spettacolo di lunedì sera, quando dopo cinque ore di dibattito e di occupazione del palazzo comunale da parte dei dirigenti provinciali del Pd, Caluri ha persino litigato in pubblico con la propria capogruppo poco prima del voto, è stato solo l’ultimo capitolo di questa misera vicenda. Ora si apre una nuova fase: lavoreremo alla costruzione di un percorso politico unitario in cui si incontrino le forze politiche, sociali e civiche che condividono valori per noi inalienabili come solidarietà sociale, sostenibilità ambientale, trasparenza e democrazia, per tradurli in progetti per il nostro futuro, per una Lerici che abbia il coraggio e l’ambizione di guardare ad un orizzonte di sviluppo e di innovazione.

Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia

Lerici: mozione di sfiducia, Caluri con l’acqua alla gola

5 febbraio 2015, by  
Archiviato in Dalla Provincia, Partito, Primo piano

 

La scoccata finale. Il colpo che potrebbe mettere la parola fine all’amministrazione Caluri.

Una mozione di sfiducia che verrà votata al prossimo consiglio comunale firmata da sei consiglieri comunali membri di una minoranza compatta, da Sel alla lista civica Uniti per Lerici, con Rifondazione Comunista.

Forse il punto di non ritorno, il giro di boa, era stato sancito da tempo, quando, a seguito delle polemiche sulla salute della maggioranza, alcuni consiglieri convocavano una conferenza stampa per rassicurare gli elettori sulla stabilità dell’amministrazione lericina. Era l’inizio del novembre scorso, la Tartarini aveva già un piede fuori dalla porta del suo assessorato, ma, Ornati in prima linea, tutti garantivano appoggio al sindaco.

Ornati (Sel), Carozzi (Pd), Seratini (Pd), Greco e Fiore (Pd) in quell’occasione chiedevano una cosa semplice a Caluri: una verifica di maggioranza, che potesse dare il via ad un programma chiaro, formato da azioni concrete da portare a termine per il bene dei cittadini. Così non è stato e molti, con tempi e modi diversi, hanno agito di conseguenza. Il prossimo consiglio comunale, che non è ancora stato fissato nell’agenda del comune, potrebbe essere decisivo e segnare la conclusione dell’amministrazione Caluri: con solo nove voti si potrebbe chiudere un percorso iniziato con le elezioni del 2012 e che, fin dal principio, è stato segnato da ostacoli da superare e pezzi da sostituire.

Era il 7 maggio 2012, quando la lista vincitrice Golfo dei Poeti, formazione di centro-sinistra che aggregava il Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà, Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti Italiani, Italia dei Valori e Partito Socialista Italiano e due candidature civiche, si insediava in municipio.

Nel neo eletto consiglio comunale il sindaco Marco Caluri poteva contare su sette Consiglieri del Pd, due di derivazione civica e quindi non di estrazione partitica, oltre ad uno ciascuno per Sel e Rc.
Già il successivo 6 settembre 2013, a seguito di un estenuante scontro politico relativo alla riorganizzazione dei plessi scolastici del Comune di Lerici, il sindaco Caluri estrometteva dalla Giunta comunale l’allora assessore Fedi, sancendo quindi il passaggio di Rifondazione Comunista ai banchi dell’opposizione.

Pochi giorni dopo, esattamente il 21 settembre 2013, la consigliera del Pd Monica Rossi si dimetteva dallassemblea comunale: “le difficoltà vissute durante questo anno nel quale a mio parere, non si è riusciti ad intraprendere un percorso per la costruzione partecipata di proposte e azioni per un altro modello dipolitica– si legge nelle sue motivazioni- una politica che coinvolgesse ed accogliesse, che fosse in grado di cambiare il rapporto con i cittadini e che soprattutto riuscisse a prospettare una visione di futuro del nostro territorio“.
Poi le dimissioni di Tartarini, Fiore e Baudone, situazione aggravata dal passaggio alla minoranza di Sel.

Così Lisa Saisi (Uniti per Lerici), Veruska Fedi (Rifondazione Comunista), Gionata Casone (Uniti per Lerici), Matteo Chifari (Uniti per Lerici), Claudia Gianstefani (Uniti per Lerici), Andrea Ornati (SEL) hanno firmato la mozione di sfiducia, ritenendo la lista Golfo dei Poeti non più esistente da tempo e denunciando che probabilmente continuare ad amministrare con questo clima sarebbe più deleterio che mettere un punto e andare a nuove elezioni.

Aderisce anche Bernardo Ratti che però mantiene delle riserve sulle motivazioni scritte nella mozione protocollata ieri: “ricordo che le responsabilità degli errori commessi in questi due anni e mezzo vanno ricercate nell’amministrazione tutta, non solo nel sindaco, assessori dimissionari compresi. Il lavoro di opposizione è sempre stato fatto, da parte mia e degli altri, ma in sede di consiglio comunale hanno sempre votato compatti” illudendosi di poter apparire come una maggioranza unita e solida, solo nell’alzata di mano unanime.

Non resta che aspettare il prossimo consiglio comunale, mentre per Marco Caluri si apre una stagione difficile. Chissà che osservando lo scacchiere non si trovi costretto a rivedere nuove e vecchie alleanze, a meno che non decida di giocare d’anticipo e dimettersi.

www.gazzettadellaspezia.it

Prc Castelnuovo Magra-Ortonovo-Officina Rossa: “La vecchia politica dei “giovani-vecchi” e i patti non rispettati”

8 giugno 2014, by  
Archiviato in Dalla Provincia, Partito, Primo piano

 

Questa mattina è stata ufficializzata la giunta del Sindaco Montebello ed abbiamo preso atto della precisa scelta politica di escludere Rifondazione Comunista e la sinistra dal governo del comune.

Ci ritroviamo di fronte ad una scelta mirata di esclusione delle forze della sinistra, nonostante il risultato elettorale raggiunto che ha di fatto consacrato Rifondazione Comunista seconda forza politica di maggioranza, dopo il Partito Democratico.

Riteniamo che, proprio per questo, si venga a creare un vero e proprio vulnus democratico, perché a una forza che ha espresso, forse inaspettatamente per molti, un grande risultato elettorale viene negata una rappresentanza nel governo comunale, dopo che è stata guadagnata sul campo e oltretutto ribadita da precisi impegni di coalizione.

A questa scorrettezza si aggiunge il tentativo, davvero poco nobile, di dividere i due rappresentanti in consiglio (Luca Marchi e l’indipendente Francesca Gianfranchi) con facili lusinghe di una poltrona, con il barattare una promozione personale in cambio della disattesa degli impegni di coalizione, insomma stiamo parlando di manovre che avevano l’unico obiettivo di escludere Rifondazione dal posto che le aspettava di diritto nella giunta .

Non sappiamo se questa scelta sia dettata solamente dall’intento di escludere la parte più critica, ma al contempo anche più propositiva in termini programmatici, della coalizione di centro sinistra oppure sia condita dalla necessità di far prevalere altre logiche compensative che ci riportano con il pensiero a quella “vecchia politica” che per tutta la durata della campagna elettorale il sindaco giurava di voler abbandonare.

Di sicuro non ci rimane che prendere atto che, anche in questo caso, non è sufficiente essere “giovani” anagraficamente per essere veramente “giovani”, ossia saper portare quella ventata di innovazione e rinnovamento nel modo di fare e concepire la politica. Da oggi in poi ci guarderemo bene le spalle da questi “giovani-vecchi”.

La stessa persona che ha avuto tanto coraggio sia nella battaglia referendaria di fusione con la vicina Ortonovo, sia nelle primarie del Partito Democratico contro lo sfidante Micocci, non ha saputo osare un cambiamento vero della politica ed ha dimostrato in maniera lampante la mancanza di una vera autonomia nelle decisioni: alla primissima prova da sindaco è ricascato appieno nelle peggiori logiche di partito, quelle dei veti incrociati, dei dicktat delle segreterie, delle guerre fra bande che in molti pensavano di mettersi alle spalle proprio con il nuovo e giovane primo cittadino, che alla prima occasione si è rimangiato la parola.

Se non altro è stata ribadita la nostra convinzione che la parte migliore della politica rimane quella che non si lascia incantare da una poltrona ma fa prevalere sempre gli ideali sugli egoismi e le piccole arrampicate personali e che concepisce l’impegno politico non come una realizzazione individuale ma come un dono del proprio tempo e delle proprie capacità alla comunità, al bene comune.

Da oggi perciò non ci riteniamo più legati a questa maggioranza, ma continueremo a vigilare con attenzione il suo operato e al contempo saremo molto propositivi, mettendo in campo le tante idee che avevamo per il nostro comune, e lo faremo raccogliendo anche le istanze dei partiti di sinistra che non hanno rappresentanti eletti in consiglio, cercando di rappresentare in maniera unitaria una sinistra degna di questo nome.

Non è puntiglio o ripicca ma la logica risposta a chi ha tentato in tutti i modi di escluderci. Nessuno dica che si tratta di una questione di poltrone, perchè non è questo lo stile che ci caratterizza. E se così fosse stato, avremmo agguantato il poco o tanto che ci veniva offerto. Qui si tratta di nobilitare quella politica che troppo spesso viene svilita in una pratica di scambio e di continua disattesa di quanto viene promesso in campagna elettorale.

Infine non resta che prendere atto che il nostro tentativo di collaborare a livello locale con il Partito Democratico è fallito in partenza; abbiamo pensato che le divisioni della politica nazionale potessero essere messe da parte nel nostro piccolo comune ragionando in maniera seria su programmi e contenuti, e lavorando duramente a testa bassa per ottenere dei risultati. Il bagno di realismo di oggi, se non altro, hai il merito di farci riprendere il cammino, a testa alta.

 

Prc Castelnuovo Magra-Ortonovo-Officina Rossa