Domenichini: “Contro liberalizzazioni antidemocratiche, un “piano industriale” per i beni comuni”

19 gennaio 2012, by  
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Non sono bastate le stangate fiscali, i giri di vite sulle pensioni, i continui tagli agli enti locali, il logorante ed incessante attacco ai diritti dei lavoratori, la totale assenza di prospettive per le giovani generazioni sempre più precarie. Il governo Monti, in perfetta continuità con ciò che ha fatto in questi anni il governo Berlusconi, sta riproponendo il processo di privatizzazione alludendo anche al servizio idrico. Alcuni suoi ministri dichiarano spudoratamente che il referendum è stato “un mezzo imbroglio” e annunciano interventi “che non vadano contro il voto referendario” sulla gestione dell’acqua.

Va detto chiaramente che è democraticamente inammissibile qualunque provvedimento che vanifichi, umili e calpesti l’espressione elettorale di oltre 27 milioni di italiani: il 12 e 13 giugno 2011 i cittadini di questa Repubblica hanno scelto in massa la gestione pubblica dei servizi, non solo dell’acqua, e l’eliminazione di una rendita garantita nel servizio idrico come il 7% di remunerazione del capitale.

Sin dal primo giorno dell’insediamento del governo “tecnico”, dichiarammo che nulla sarebbe cambiato rispetto al biennio berlusconiano, e così è nei fatti: siamo passati da un esecutivo sotto ricatto della finanza internazionale ad un governo che ne è espressione immediata e diretta. Entrambi i governi sono stati e sono sostenitori di una feroce volontà privatizzatrice e dall’assenza di rispetto per la Democrazia. Oggi si dice di voler salvare l’Italia, ma nei fatti la si vuol svendere a colpi di decreto.

In questi ultimi tre anni Rifondazione Comunista è stata protagonista alla Spezia, dalle piazze con la banda del Quorum alle istituzioni dove siamo presenti, di una battaglia unica nel nostro panorama politico: grazie alla nostra tenacia e convinzione oggi l’ipotesi di salvataggio di Acam non contempla la svendita dell’acqua a società quotate con soci azionari con sedi legali in paradisi fiscali, ma intravede la necessità di una società pubblica, unica vera soluzione che riesca a sostenere la garanzia del servizio e la tutela dei lavoratori.

Chi ci stigmatizzò definendoci demagogici oggi ha dimostrato con il suo silenzio, o le proprie dimissioni, che le nostre “utopie” sono l’unica soluzione possibile. A questo risultato occorre dare attuazione andando ad applicare ciò che i referendum hanno stabilito, puntando sulla costituzione di una società speciale soggetta a diritto pubblico, come è stato fatto a Napoli, e strutturando un vero “piano industriale” dei beni comuni, in cui i servizi non vengano concepiti come oneri ma come possibilità di sviluppo, di lavoro, di buona occupazione. Su questo elemento riapriamo il confronto, consapevoli che non c’è tempo da perdere.

Un appuntamento importante sarà il 28 gennaio a Napoli, per la “Rete dei Comuni per i beni comuni”, proposta dal sindaco di Napoli De Magistris. Un altro elemento di grande attenzione alla tematica della Democrazia, della Partecipazione e della Sostenibilità, un elemento sostanziale oggi, in un Paese governato da chi ritiene che tutto sia mercificabile.

Oggi salvare il nostro Paese vuol dire recidere gli interessi di grandi capitali sui beni di tutti, non certo acuminare gli artigli di chi vuole depredarli. La nostra battaglia continua: l’acqua e tutti i beni comuni, elementi essenziali all’esistenza ed alla dignità della vita, non devono essere oggetto di profitto.

William Domenichini
Resp. Beni comuni e Ambiente (Prc La Spezia)