Ponte di Albiano, Prc La Spezia: “No a nuova bretella, sì al casello autostradale di Ceparana”

11 aprile 2020, by  
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“E’ crollato il ponte di Albiano, quindi facciamo la bretella Santo Stefano-Ceparana”. Non era ancora caduta tutta la polvere delle macerie del viadotto distrutto che già piovevano dichiarazioni di alcuni esponenti politici pronti a sponsorizzare un progetto vecchio di quasi cinquant’anni. 
La buona politica e la buona amministrazione, quelle che per intendersi dovrebbero pianificare il territorio in base al bene comune e agli interessi collettivi, sembrano non voler proprio emergere, neanche di fronte alle nuove tragedie. I recenti disastri che ci hanno colpito con frane, allagamenti e crolli di infrastrutture, uniti all’attuale pandemia (che oltre ad esser emergenza sanitaria è anche sociale ed economica) non hanno fatto riflettere neanche per un secondo certi esponenti, certamente responsabili del degrado ambientale a cui assistiamo oggi.
 
Ci chiediamo come mai non venga colta l’occasione per pianificare su un territorio di area vasta come quello che va dal retroporto di Santo Stefano a Ceparana – Albiano e Val di Vara, tenendo insieme l’aspetto produttivo con le comunità che vi abitano. Occorre piuttosto valutare seriamente la possibilità di un casello autostradale a Ceparana, opera ben più semplice e meno impattante rispetto ad altre cattedrali nel deserto.
 
E’ possibile che dopo mezzo secolo il piano viario e infrastrutturale sia ancora valido? Ad oggi manca totalmente uno studio sui flussi viari aggiornato: su quali basi questa opera può essere considerata funzionale? Mancano progetti definitivi e risorse per il lotto 2, ossia tutte le opere di collegamento. L’unica certezza è l’ennesimo impatto ambientale sul fiume Magra, tanto che ne è stato modificato il piano.
 
A sentire gli annunci, valanghe di denaro verranno elargite a questo proposito. Non per niente si sono fatte sentire tutte le categorie d’impresa, con le loro coperture politiche. Come sempre “l’importante è prendere”, non importa se il progetto sia valido o meno. Chi se ne importa se si risolverà un problema da una parte e se ne creeranno dieci dall’altra: tra altri cinquant’anni anni ci penseranno i posteri. E intanto da Confindustria arrivano richiami all’attuazione di “piani straordinari’ per garantire una rapida ricostruzione di collegamento viario per Albiano, senza tener conto che l’applicazione di tali strategie comprometterà anche la possibilità di controlli, fondamentali per la sicurezza delle infrastrutture che oggi tutti invocano stracciandosi le vesti. Peccato che ora ci siano tonnellate di macerie da eliminare nell’alveo di un fiume.
Siamo stanchi della miopia e della continua genuflessione agli interessi economici degli “imprenditori” e dei loro sponsor politici: è ora di dire basta. In quest’area ci sono problemi ed interferenze di ogni tipo. Si lavori ad un piano viario interregionale che ridisegni tutta la vasta area senza essere succubi degli interessi economici dei soliti noti, mettendo al centro una migliore ed innovativa soluzione per la viabilità dei cittadini nella tutela dell’ambiente. 
Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia

Genova, Rifondazione: “Cordoglio e rabbia. Fare chiarezza su strage”

15 agosto 2018, by  
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Di fronte a questa tragedia non si può che esprimere cordoglio per le vittime e vicinanza e solidarietà ai loro cari. Ma è forte la rabbia di fronte a una strage di queste dimensioni.

Era davvero imprevedibile questa tragedia? Chi doveva vigilare? Le autostrade sono state privatizzate dal 1999 e dal 2002 l’A 10 è in concessione alla società “Autostrade per l’Italia” (gruppo Atlantis – Benetton) che controlla 3.200 km in tutta la penisola. I privati hanno fatto il loro dovere? E il ministero ha esercitato la doverosa vigilanza?

Gli allarmi sono stati verificati adeguatamente?

Come mai Autostrade per l’Italia rassicurò i consiglieri comunali sostenendo che il ponte sarebbe stato in piedi per cento anni?

Le opere di manutenzione e messa in sicurezza del ponte sono state evidentemente insufficienti.

È doveroso fare chiarezza evitando di depistare l’attenzione attribuendo la responsabilità ai comitati No Gronda visto che il progetto non prevedeva la dismissione del ponte Morandi.

È ora di affrontare l’emergenza della sicurezza delle nostre infrastrutture e di fare un bilancio delle privatizzazioni.

Maurizio Acerbo

segretario nazionale Partito della Rifondazione Comunista

Maurizio Natale

segretario provinciale Prc Genova

“Su Acam vergognoso silenzio della politica spezzina”

23 febbraio 2013, by  
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E’ davvero sconvolgente il silenzio con cui viene accompagnato il disastro Acam. Un silenzio colpevole da parte delle forze di maggioranza, che tra l’altro si candidano a governare il paese. Ci riferiamo a Sel e Pd che non hanno detto nulla di fronte ad una tragedia annunciata come la cassa integrazione per una delle maggiori aziende spezzine. Dove sono coloro i quali hanno costruito le loro fortune politiche sulla pelle dei lavoratori? Dove sono coloro i quali dicevano che di fronte all’ambiente (incenerimento dei rifiuti) ed ai principi (acqua bene comune) si doveva anteporre la salvaguardia dell’occupazione?
Ora questa linea del Piave pare sia crollata e la Caporetto spezzina si chiama Acam. Una realtà che dovrebbe essere il nostro vanto e volano di economie virtuose e compatibili, invece è un buco nero in cui la malapolitica ha prosperato e vivacchiato, dove sindaci Pd hanno sottoscritto contratti di gestione in perdita per l’azienda, dove si utilizzava l’azienda per scopi clientelari. I difensori dei lavoratori ora tacciono, e forse fanno bene a provare profondo imbarazzo. Tuttavia i lavoratori di questa azienda sono le vere vittime di questa politica fintamente di sinistra che ha solo pensato a privatizzare (con la S.P.A), a pagare superminimi, a strapagare dirigenti incapaci di dare organizzazione e produttività all’azienda.

Ci attendiamo risposte poiché Rifondazione le proposte le ha fatte sempre e da tempo, mentre chi doveva produrre piani industriali seri ha solo preparato svendite e liquidazioni. Siamo altrettanto basiti di fronte al silenzio assordante dei grandi moralizzatori della politica, i “grillini”. Forse attendono che il loro spin doctor Grillo o il suo suggeritore Casaleggio forniscano qualche battuta, visto che fino ad oggi non hanno dato nessun contributo in termini di proposte.

Segreteria provinciale Prc La Spezia

Disastro Riomaggiore, Prc La Spezia: “Tanto tuonò che piovve! Ancora drammi per il dissesto idrogeologico, ora basta!”

24 settembre 2012, by  
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Non è passato nemmeno un anno dall’immane tragedia alluvionale che ha sconvolto la provincia spezzina che già registriamo l’ennesimo disastro con la frana di oggi nella famosissima via dell’Amore di Riomaggiore.

La drammatica verità è che La Spezia è lo specchio di un paese che sta andando a rotoli, che insegue spread e banche e non vede il futuro della gente, in primis nella sicurezza dei territorio. Eppure abbiamo già contato 16 vittime per le alluvioni degli ultimi 3 anni e milioni di danni, centinaia di posti di lavoro polverizzati.

Cosa è cambiato? Nulla, anzi le cose stanno peggiorando, tant’è che ci troviamo a fare per l’ennesima volta le cassandre di turno. E’ quindi quantomai opportuno che coloro i quali guardano al territorio come terra di conquista si facciano un bell’esame di coscienza ed incomincino a pensare che le nostre proposte non sono solo posizioni di estremismo ideologico, ma tra le poche soluzioni di compatibilità tra l’ambiente che ci circonda e la nostra stessa sopravvivenza.

Le nostre proposte sono ripresidiare il territoro attraverso il rilancio dell’agricoltura e della silvicoltura, bloccare nuove costruzioni e rilanciare l’economia del recupero e della ristrutturazione ed infine programmare interventi di utilizzo di nuove tecnologie energetiche da fonti rinnovabili, che sia sull’idrico, fotovoltaio ed eolico. Un percorso già avviato ad Ortonovo, con il voto dello scorso consiglio comunale dello stop alla cementificazione, dalla Spezia con l’impedimento a costruire nelle zone collinari, a Lerici con l’istituzione del geologo di zona, ma occorre un progetto unitario e coordinato in tutta la provincia. Invece a cosa abbiamo assistito? A un desertico e sconfortante balletto di comunicati di chi annuncia nuovi caselli autostradali in alvei fluviali, outlet e centri commerciali in aree alluvionate, darsene e alberghi in piane alluvionali e magari anche l’esaltazione del piano casa, mentre una decina di comuni della provincia sono gestiti senza un piano urbanistico in vigore.

Le città prendono forma dal deserto a cui si oppongono. Alla Spezia non è lastricata di buone intenzione nemmeno la strada per l’inferno. Noi ci opponiamo al deserto e all’aridità di chi non si assume queste gravi responsabilità, di inadempienza e di mancanza di visione di un futuro per questo territorio.

Segreteria prov.le Prc La Spezia

Lunigiana, acqua e fuoco

19 gennaio 2012, by  
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di William Domenichini – tratto da DemocraziaKm0.org

 

La Lunigiana non ha fatto in tempo ad allestire i cantieri della ricostruzione post-alluvionale dopo quel drammatico 25 ottobre, che oggi fa i conti con un nuovo disastro: l’esplosione al metanodotto di Barbarasco, che dimostra un primo provvisorio bilancio già agghiacciante con 10 feriti di cui 3 sono operai che stavano lavorando alla condotta. L’esplosione ha provocato un cratere largo 25 metri, profondo 8 e l’incendio che ne è conseguito ha interessato un’area di oltre 400 metri di raggio, con fiamme altissime che hanno distrutto 5 abitazioni.

La conferma, caso mai ce ne fosse stato il bisogno, delle tesi di chi denuncia la pericolosità di certi impianti. Un disastro che riporta violentemente all’ordine del giorno il tema della sicurezza, ma che alla Spezia fa immediatamente pensare alla bomba che si trova nel Golfo dei Poeti e si chiama Panigaglia, pericoloso non per decisione di chi lo contesta ma perché sottoposto alla direttiva Seveso sugli impianti a rischio di incidente rilevante.

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La GNL Italia da tempo chiede il triplicamento del primo rigassificatore d’Italia, con un progetto che prevede un aumento di capacità da 3,5 a 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Tutto senza l’ombra di un piano d’emergenza esterno disposto dalla normativa, nessun dettaglio sui termini della bonifica dei fondali dovuta al dragaggio dell’area interessata dalla movimentazione della navi gasiere (dai 2 ai 3 milioni di metri cubi di fondale asportato per consentire il transito alle gasiere che arrivano a 145.000 metri cubi di gas) e una totale incongruenza con i tre livelli di pianificazione urbanistica, da quello comunale a quello regionale.

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