Emilio Molinari: “Perchè sono contro alla multiutility del Nord”
19 gennaio 2012, by admin
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Emilio Molinari: «Privatizzare non aiuta il Paese, il governo viola la Costituzione»
25 settembre 2011, by admin
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Intervista alll’ex presidente del Comitato Italiano per un Contratto Mondiale sull’Acqua
Emilio Molinari, “Pierino” Sacconi ne ha combinata un’altra delle sue. Ora vuole rimettere in discussione l’esito dei referendum con cui gli italiani, appena tre mesi fa, hanno deciso che l’acqua deve rimanere in mani pubbliche. Il ministro del Lavoro si è rivolto a Enrico Letta del Pd auspicando «larghe intese» con l’opposizione su questo tema. Come a dire: “se siamo tutti d’accordo, allora si può fare”. Ma davvero si può fare?
Ci proveranno. Penso però che nel Pd si aprirebbero contraddizioni non da poco e che quindi non sarà facile farlo. Violare la Costituzione e il pronunciamento di 27 milioni di cittadini sarebbe una vergogna non da poco per l’opposizione. Credo perciò che quella di Sacconi, al momento, sia poco più che una “boutade”, una provocazione, che però dimostra con chi abbiamo a che fare. E cioè con gente che considera la democrazia un orpello di cui si può fare a meno. Quello che più mi preoccupa è che da due e mesi e mezzo il referendum – acclamato da molti politici, dopo la vittoria del Sì, come la grande novità degli ultimi trent’anni – sia finito nel silenzio più totale. Di questo silenzio ne ha approfittato il governo per inserire nella manovra due articoli, il 4 e il 5, che liquidano il primo quesito del referendum, reintroducendo la privatizzazione dei servizi pubblici locali prevista dalla legge Ronchi, tranne che per l’acqua. E tuttavia la previsione di incentivi per i Comuni che privatizzano mette a rischio anche l’acqua. Perchè con i tagli previsti dalla manovra, molti sindaci saranno tentati dalla “mancetta” che gli offre il governo. Tutto ciò contraddice il risultato referendario, eppure il grosso delle forze politiche di opposizione è stato zitto, non c’è stata una reazione. Se togliamo alcune città – a Napoli, in Puglia – in cui c’è stato un riconoscimento del soggetto referendario, con l’apertura di un confronto con la gente su come realizzare localmente la ripubblicizzazione dell’acqua, quasi dappertutto gli stessi sindaci sono rimasti in silenzio.
Il problema è che dal referendum a oggi, come ha detto a un certo punto il ministro Tremonti, il mondo è cambiato. C’è stata l’accelerazione della crisi economica, la famigerata lettera della Bce, la manovra da 53 miliardi. Il governo considera le privatizzazioni un passaggio essenziale per rimettere il paese in carreggiata. Cosa rispondi? Privatizzare i servizi, costringere i cittadini a sborsare più soldi per prendere un autobus o per lavarsi, giova all’economia?
L’allarme crisi è reale ed è reso ancor più drammatico dal fatto che avviene in assenza di prospettive politiche alternative. La cura che si sta mettendo in piedi però non funzionerà, per il semplice motivo che segue la stessa ricetta che ha prodotto questa crisi. Privatizzare, svendere i beni comuni dello Stato, consegnare aziende come Enel ed Eni ai fondi sovrani della Cina, significa dare agli speculatori le risorse per continuare a speculare. Il Pil degli Stati Uniti è di 16mila miliardi di dollari, praticamente la cifra sborsata dalla Federal Reserve, senza neanche informare il Congresso, per salvare banche e imprese. Più o meno lo stesso ha fatto la Bce in Europa, sborsando 4mila miliardi. Invece basterebbe leggere il primo discorso di Franklin Delano Roosevelt da presidente degli Stati Uniti. Di fronte alla grande crisi del 1929, Roosevelt spiega cosa bisogna fare: isolamento degli speculatori; massiccio intervento del governo per far crescere l’occupazione: riduzione dell’orario di lavoro e aumento dei salari; tre miliardi di dollari per finanziare la riforestazione e la prevenzione dalle alluvioni e dalle frane. Non sembrano cose scritte per noi? Il vero problema è che ormai la politica è morta, comandano i mercati. Per inseguire la speculazione, sono state distrutte intere economie, dalla Grecia, al Portogallo, all’Irlanda. Lo stanno facendo con l’Italia. E tra un po’ toccherà pure alla Francia.
Il 15 ottobre i movimenti torneranno in piazza per la giornata di mobilitazione europea promossa dagli indignados spagnoli. Cosa si può fare in Italia perché il patrimonio del referendum non vada disperso?
Non sarà facile, ma credo che dobbiamo rimontare la china impegnandoci tutti a riprendere un contatto con la gente. Il che vuol dire moltiplicare nei territori iniziative di discussione, di dibattito, di protesta. Dobbiamo ripartire dall’annullamento del referendum e dall’incostituzionalità di questa azione per affrontare il tema della crisi e dare di nuovo speranza ai cittadini. Vanno bene gli indignados, vanno bene anche questi appuntamenti, ma se c’è una cosa che insegna il movimento per l’acqua è che non è stato un movimento di scesa in piazza e basta. Il risultato referendario è il frutto di dieci anni di costante rapporto con la gente, di lavoro paziente parlando a tutti: dall’estrema sinistra alla Lega. Parteciperemo a tutte le iniziative di lotta, parleremo con il sindacato, proveremo a rimettere in piedi tutte le associazioni che hanno aderito. Con due obiettivi: far rispettare il referendum e trovare una proposta unificante – la patrimoniale piuttosto che la Tobin Tax – per recuperare le risorse che ci servono per rimettere a posto il paese, facendo pagare chi ha prodotto la crisi. E non le vittime.
Molinari: “Il voto sull’acqua ferma l’onda liberista”
16 giugno 2011, by admin
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di Emilio Molinari* (Corriere della Sera, 16 giugno 2011)
Caro direttore (Ferruccio de Bortoli, ndr), il referendum sul nucleare ha tirato la volata, ma quello sull’acqua ci ha messo l’anima profonda del cambiamento. Ha interrotto una lunga fase, non solo quella di Berlusconi, ma quella del liberismo senza limiti di Reagan, del ritiro della politica da ogni idea pubblica che ha contaminato tutti. Viene da lontano, è figlia dei Forum Sociali Mondiali e di un lungo lavoro culturale di 11 anni e di lotte che hanno scavato nelle coscienze dei cittadini, di dialogo con la Chiesa e di confronto-scontro coi partiti.
Le privatizzazioni caratterizzeranno il dopo referendum e il dopo Berlusconi. Ma non si potrà ignorare che i cittadini hanno detto: che il servizio idrico va gestito pubblicamente e che vogliono partecipare alla definizione delle scelte che si faranno, sapendo che si scontreranno con destra e sinistra, ma sopratutto con Confindustria, Federutility, multinazionali che hanno ripetutamente detto che le privatizzazioni devono stare al centro dell’iniziativa di qualsiasi governo. C’è in giro il timore di un nuovo «fantasma che si aggira per il mondo» …
Ed è il fantasma della partecipazione che si fa soggetto organizzato in reti nazionali ed internazionali, capace di darsi obiettivi a tutti i livelli: dal fermare la mercificazione dell’acqua potabile, all’affermazione del diritto umano nelle istituzioni internazionali. Che ha rivitalizzato come in Uruguay e a Berlino il referendum strumento della sovranità popolare. Ha introdotto il linguaggio dei beni comuni di cui oggi tutti parlano. Che non divide i popoli, non demonizza i partiti per trovare un proprio consenso, ma cerca consenso tra la gente per cambiare la cultura dei partiti e portarli a battersi con noi come è avvenuto in parte nei referendum.
Non ha chiesto: stai con Berlusconi o contro? Ha detto a tutti: guardate al mondo e ai suoi terribili problemi, sono anche nostri. Ban Ki-moon nel 2008 ebbe a dire che siamo di fronte a una grande crisi idrica mondiale ed a una grande crisi energetica che si alimentano e provocano altre crisi, compresa quella alimentare. Volevamo parlare di questo. Chiedere: perché l’accesso ai beni comuni indispensabili alla vita e che scarseggiano, deve essere regolato dal mercato? Esiste ancora un interesse pubblico e una fiscalità generale? L’acqua potabile è un bene comune oppure per il fatto che occorrono interventi industriali, la sua natura diventa economica, il suo accesso diventa individuale, regolato dal mercato? L’acqua è un diritto umano o è solo un bisogno individuale che si compera come sostengono le multinazionali e i Forum Mondiali dell’acqua partecipati da 160 governi?
Noi non abbiamo parlato di gratuità. Avremmo voluto spiegare che vogliamo garantire il diritto a tutti, a carico della fiscalità, 50 litri al giorno per persona come sostiene l’Oms e dopo tale consumo una tariffa progressiva sempre più cara per garantire il risparmio. Per paura ci hanno resi muti. Ha parlato la politica, che trasversalmente volle le privatizzazioni, e rancorosi economisti senza anima che hanno ridotto tutto ad una questione di fredda contabilità. Il soggetto della partecipazione esiste.
Ora i partiti non sono i soli soggetti della politica, ma anche i movimenti. Un protagonista in più, che vuole incontrare con pari dignità i partiti e le istituzioni, riproporre la propria legge di iniziativa popolare che il governo non volle discutere e aprire il grande tema della costituzionalizzazione dei beni comuni. I referendum sull’acqua ci segnalano un cambiamento epocale il cui motore è stata l’acqua. Prendetene atto e non parlate sempre da contabili.
* Comitato italiano per un Contratto Mondiale sull’Acqua
Caro Presidente, il voto non si neutralizza
28 maggio 2011, by admin
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LETTERA APERTA A NAPOLITANO
Signor Presidente, il governo ha posto la fiducia in parlamento per esercitare, con modalità inedite, una forzatura al fine di far passare un decreto che “neutralizza” il referendum abrogativo della legge che ripropone il nucleare nel nostro paese. Tralasciamo qui ogni considerazione politica sul disprezzo con il quale la sovranità popolare viene umiliata nel nostro paese e non entriamo nel merito delle valutazioni giuridiche in base alle quali la Corte di Cassazione deciderà nella sua autonomia. Ci poniamo invece un problema che, pur nella sua ovvietà fin qui poco considerata, pensiamo sollevi una questione costituzionale.
Noi pensiamo che se il precedente inaugurato dal governo in questa occasione si affermasse, una espressione determinante della sovranità e del potere popolare – il referendum – sarebbe nel nostro paese di fatto liquidato. In una parola, se di fronte ad ogni richiesta di referendum avanzata dai cittadini ed accolta dagli organi istituzionali preposti la contromossa dell’esecutivo fosse un provvedimento a maggioranza di sospensione (per un breve periodo) della legge in questione, verrebbe sospeso anche il potere abrogativo o convalidativo di cui il popolo è titolare qualora si raggiungesse il quorum in regolari votazioni. Se poi il marchingegno per la prima volta introdotto nell’esperienza repubblicana viene addirittura accompagnato dall’intenzione dichiarata di riproporre la legge di cui si è chiesta l’abrogazione in un tempo successivo, quando si «saranno calmate le acque», il referendum diventerebbe un istituto a discrezione della maggioranza parlamentare, che i cittadini non potrebbero mai riprendere nelle loro mani.
Signor Presidente, la domanda non è di poco conto e non riguarda soltanto la sua facoltà di firmare o respingere un provvedimento. La Costituzione riconosce al Popolo italiano un solo mezzo per esercitare la propria volontà di cambiare le leggi espresse durante una legislatura dalla maggioranza dei parlamentari da lui votati. All’istituto del referendum sono stati posti dalla Costituente vincoli che si rivelano più stringenti nella situazione attuale, al punto da rendere il raggiungimento del quorum un fatto di per sé straordinario, se si considera la scarsa informazione che gli italiani residenti e quelli all’estero continuano a ricevere. Ma oggi, con il voto anomalo di sospensione e rimando di un Parlamento costretto alla fiducia, rischia di essere definitivamente “neutralizzato” .
Signor Presidente, noi possiamo rivolgerci solo a Lei, per chiederLe di prendere in esame in tutte le sue implicazioni la prospettiva da noi temuta. Fidiamo in una sua parola e in un suo intervento.
Mario Agostinelli, Luciana Castellina, Paul Ginsborg, Emilio Molinari, Gianni Tamino
IL MANIFESTO – 27/05/2011
L’appello di LIBERTA’ E GIUSTIZIA: “Giù le mani dai referendum”
In Italia negli ultimi quindici anni vari elementi essenziali di una democrazia moderna sono venuti a mancare. La manipolazione dei media, l’iniezione di ingenti risorse patrimoniali a servizio di una parte politica o di un singolo candidato, la preselezione dei candidati affidata solo ai segretari dei partiti … Tutto ciò ha contribuito a dare alla democrazia italiana un aspetto drogato, sbilanciato, sempre più lontano da una classica democrazia liberale, fondata su ‘fair, just and free elections’.
A queste ferite si rischia ora di aggiungerne un’altra, piena di conseguenze: lo scippo dei referendum. In un sistema di democrazia rappresentativa, esiste sempre il pericolo che il cittadino rimanga troppo distante dai palazzi di governo, diventi spettatore passivo e sempre più scettico. I referendum sono uno dei pochi meccanismi al di fuori delle elezioni che gli permettono di far sentire la propria voce. Ora, in modo dichiaratamente strumentale, il governo Berlusconi vuole liquidare il referendum sul nucleare, mettendo così a gravissimo rischio il raggiungimento del quorum per gli altri due.
Qui viene a sollevarsi una questione costituzionale. Se la prassi usata dal governo in questa occasione dovesse diventare un precedente per ripetersi regolarmente in futuro, il referendum come strumento democratico verrebbe eliminato. In altre parole, se ad ogni richiesta di referendum fatta dai cittadini, la risposta della maggioranza parlamentare fosse quella di ritirare temporaneamente la legge in questione, per far venir meno le ragioni del referendum, dichiarando l’intenzione di riproporre la legge successivamente quando si saranno “calmate le acque”, il referendum perderebbe la sua funzione e non potrebbe mai più avere luogo. Tanto più che, per il referendum sul nucleare, l’argomento del clima di allarme creato dall’incidente di Fukushima è un argomento fallace, perché non si può subordinare lo svolgimento di un referendum a una valutazione del governo circa l’idoneità o meno delle circostanze contingenti.
LeG denuncia questa ennesima insidia e chiama i cittadini a contribuire a un movimento unitario di opinione pubblica che informi e diffonda l’allarme per un furto di democrazia che ci riguarda tutti, oltre ogni schieramento di appartenenza politica.
27 maggio 2011
Gustavo Zagrebelsky, Paul Ginsbor, Gae Aulenti, Giovanni Bachelet, Sandra Bonsanti, Filippo di Robilant, Umberto Eco, Aldo Gandolfi, Giunio Luzzatto, Claudio Magris, Stefano Pareglio, Simona Peverelli, Elisabetta Rubini, Salvatore Veca.
Acqua, riflessioni di Emilio Molinari
28 aprile 2011, by admin
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Non mi sarei mai aspettato che proprio il Fatto Quotidiano, il più letto dai movimenti per i beni comuni, ospitasse un articolo come quello a firma di Marco Ponti proprio il giorno dopo la minaccia del governo di “neutralizzare” il referendum sull’acqua pubblica. Un articolo offensivo, che nel titolo chiama l’acqua pubblica “acqua sporca”, dove si plaude la gestione privata di questo bene comune, le gare, il mercato, le tariffe invece della fiscalità generale e si relega la funzione del pubblico all’assistenza dei meno abbienti. Ma sopratutto dove vi traspare un ideologico furore contro la politica e tutto ciò che è pubblico.
Indignazione nel movimento, perché a fronte dell’ennesimo attentato al diritto costituzionale dei cittadini di decidere sui contenuti, si è scelto di ospitare una così dura contestazione ai referendari, accusati (come per il nucleare) di creare“impatti emotivi” per carpire la buona fede degli elettori italiani.
I promotori dei referendum e un milione e quattrocento mila cittadini che li hanno firmati vengono più o meno esplicitamente presentati come funzionali agli interessi di una casta partitica di amministratori corrotti, che vogliono a tutti i costi bloccare il “giusto” ricorso alle gare e il passaggio alle “sane” ed efficienti gestioni private che la legge Ronchi impone.
L’autore disquisisce sul concetto di “servizio universale”, cosa che non esiste in nessuna legislazione italiana o europea, dove semmai si parla di “servizi di interesse generale”, ignorando che universali sono invece i diritti umani, come quelli all’istruzione, alla salute e quello ancor più fondamentale come il diritto all’acqua.
Un diritto che proprio quella politica e quei partiti denunciati da Ponti, si oppongono affinché venga riconosciuto come tale, perché vogliono che l’acqua potabile venga gestita privatamente come una merce e data in gestione alle multinazionali, alle banche, quotata in borsa e oggetto di speculazioni finanziare.
I diritti universali e la fiscalità generale, non il mercato e la quantità di soldi necessari, sono stati i principi ispiratori delle leggi per l’istituzione dei servizi pubblici.
Dall’antichità il diritto all’acqua potabile è stato il fondamento della civiltà e per tutto il novecento, per tutti i partiti di destra, di sinistra e di centro, la missione politica fu quella di consentirne l’accesso a tutti.
Credo che il professore si sia costruito una sua realtà, tutta ideologica, quando accusa i referendari e la lobby degli amministratori locali di voler abolire le gare che altrimenti sarebbero vinte da privati o “pubblici” più efficienti e che chiedono meno soldi.
Dove vive? Dove vede l’esistenza di questa lobby di amministratori/oppositori? dove vede l’efficienza dei privati?
Sappiamo benissimo le pecche del pubblico, ma la legge Ronchi l’hanno voluta proprio i partiti, quegli esponenti politici e quelle amministrazioni al centro dei perversi intrecci che stritolano la politica nel nostro paese.
Le privatizzazioni le hanno attuate da tempo proprio gli amministratori di destra e di sinistra delle regioni: Lazio, Liguria Emilia, Toscana, Umbria, Sicilia, Calabria ecc.. dove proprio quegli intrecci trasversali sono più evidenti.
In ogni caso l’efficienza del privato non si è manifestata affatto, i buchi di bilancio sono diventati delle voragini e nemmeno l’economicità dal momento che dall’inizio delle privatizzazioni le tariffe sono aumentate mediamente del 60% e gli investimenti si sono ridotti del 50%. Mentre se cerchiamo qualche gestione virtuosa la troviamo nel pubblico come a Milano.
La resistenza alla privatizzazione dei servizi idrici viene dai movimenti e da una minoranza di amministrazioni locali isolati e sottoposti a fortissime pressioni dei partiti ed è una resistenza mondiale ed europea. Parigi è tornata al pubblico, risparmiando 38 milioni di euro all’anno e diminuendo dell’8% le tariffe. A Berlino un referendum cittadino ha fermato la privatizzazione.
Ma di quale correttezza delle gare parla Marco Ponti?
Tutti sanno, a partire dall’Autority della concorrenza, che i servizi finiranno nelle mani di un cartello fatto da due multinazionali francesi: Suez/Gaz de France e Veolia/Edf e da 4 società italiane private e quotate in borsa: Acea, Hera; Iren, A2A, trasversalmente intrecciate nei capitali con la politica, con gli imprenditori Caltagirone, Pisante e con le banche Monte dei Paschi di Siena,ecc…
La realtà è che sulle privatizzazioni si giocano gli interessi economici trasversali tra centro destra e centro sinistra e le alleanze politiche tra il centro di Casini/ Caltagirone e il centro sinistra di Dalema/Coop/ Monte dei Paschi.
Dove vive il Prof. Ponti, consulente della Banca mondiale?
Come non vede che sono proprio le privatizzazioni l’elemento corruttivo della politica e della nostra società?
Che da tempo e in modo trasversale i partiti nel loro insieme operano affinché tutto finisca nel gorgo del privato? Che proprio i partiti e la maggioranza degli amministratori seminano l’avversione contro tutto ciò che è pubblico?.
Come non vedere che le privatizzazioni svuotano la sostanza democratica e costituzionale del paese di cui la neutralizzazione dei referendum è l’ultima visibile manifestazione? Come non vedere che alimentano l’individualismo, annullano l’accesso al diritto e spezzano ogni idea di comunità? Come non vedere che è in questo progetto di privatizzazioni che è maturata l’irresistibile ascesa di Berlusconi e matura il suo consenso?
Possiamo trovare una sede per confrontarci su questi argomenti, ma ora gli italiano hanno il sacrosanto diritto di recarsi al voto e di poter decidere.
Emilio Molinari
Dal 29 settembre in libreria “Salvare l’acqua”
28 settembre 2010, by admin
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Il 29 di settembre sarà nelle librerie di tutta Italia il libro da noi scritto per le edizioni Feltrinelli “Salvare l’acqua”.
Il libro scritto a due mani affronta il senso politico e culturale della battaglia per l’acqua nel nostro paese e vuole essere un contributo al movimento referendario che si è messo in moto e che ha raccolto 1,4 milioni di firme. Un risultato straordinario non solo per il Forum dei movimenti che l’ha promosso e per molte delle vostre realtà che si sono impegnate nella raccolta, ma per tutti i cittadini e per la democrazia di questo nostro paese.
Abbiamo provato a raccontare il senso di questo movimento attraverso inchieste e racconti di territori e storie più o meno virtuose, attraverso una ricostruzione del funzionamento politico e legislativo della gestione dell’acqua e, infine, provando a rilanciare proposte e soluzioni che suonano come un monito ed un appello: alla politica tutta per rivoluzionarsi culturalmente, a ritrovare attraverso l’acqua e il suo ancestrale valore la strada persa della propria “missione” di gestire l’interesse generale; e a noi tutti per ritrovare un linguaggio capace di ricostruire l’altrettanto perso senso della comunità e del bene comune.
Il referendum per l’acqua rappresenterà nei prossimi mesi in Italia una sfida importante alla politica, probabilmente l’unica seria sfida alla politica, e noi crediamo che insieme possiamo vincere.
Emilio Molinari e Claudio Jampaglia
In breve
L’acqua è una risorsa insostituibile e fragile. anche in italia, contro la sua privatizzazione, è mobilitato un intero popolo: dal basso, con creatività e al di là degli schieramenti politici tradizionali. Gli autori hanno girato l’Italia in questi anni raccogliendo storie e interviste, spulciando i bilanci delle “aziende idriche”, per infine scoprire che la “liberalizzazione dell’acqua” è un inganno che si tradurrà in un danno alle tasche e ai diritti dei cittadini.
Il libro
Anche in Italia c’è un’emergenza che riguarda l’acqua, ormai al centro di precise strategie volte a privatizzarla, sia da parte di regioni “rosse” come la Toscana sia dal governo, come testimonia il recente “decreto Ronchi”. Contro questa situazione che vuole trarre profitto da una risorsa vitale, in Italia si sono mobilitati numerose associazioni e comitati di cittadini, che negli ultimi anni hanno continuato a incalzare le istituzioni sul territorio per inserire negli statuti comunali la definizione dell’acqua come bene comune. Ora, l’ultima sfida si chiama referendum abrogativo.
Le mobilitazioni popolari emerse in questi anni attraversano gli schieramenti politici consolidati: dalla Sicilia dove centinaia di amministratori locali si alleano per “salvare l’acqua” ai parroci del Sud che aprono le chiese ai movimenti, alla Pianura padana dove alleanze inedite di comuni leghisti e di centrosinistra combattono insieme le decisioni varate dal governo di centrodestra.
Gli autori hanno girato l’Italia in questi anni raccogliendo storie e interviste, spulciando i bilanci delle “aziende idriche”, per infine scoprire che la “liberalizzazione dell’acqua” è un inganno che si tradurrà in un danno alle tasche e ai diritti dei cittadini.
Acqua pubblica, non molliamo!
14 maggio 2010, by admin
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“La nostra Costituzione dichiara che la proprietà privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla dignità umana“. Così si è aperto il dibattito di ieri sera organizzato da Rifondazione Comunista sul tema dell’acqua pubblica. “450.000 firme per chiedere l’abrogazione delle norme che privatizzano l’acqua – continua William Domenichini, resp.Ambiente Prc – “e le centinaia già raccolte alla Spezia, dimostrano che ciò che diciamo trova conferma nei timori dei cittadini“.
Il dibattito ha visto la partecipazione di Simona Cossu, capogruppo consiliare del Prc alla Spezia: “Il 24 maggio discuteremo in consiglio comunale la nostra mozione di modifica dello statuto in cui chiediamo di dichiarare l’acqua bene comune privo di rilevanza economica. E’ un passo importante in un contesto difficile ma nel quale Rifondazione ha coerentemente mantenuto una posizione chiara: l’acqua deve rimane un bene pubblico. E’ un impegno che stiamo portando avanti dall’inizio della legislatura comunale, consci delle difficoltà in cui versa Acam certi che sarà un impegno nell’ottica di tutela dei diritti sia dei cittadini che dei lavoratori. Come consiglieri comunali” – conclude la consigliera Cossu – “abbiamo dato la nostra doverosa adesione alla raccolta firme per i 3 referendum, aiutando il comitato per quanto riguarda l’autentificazione delle firme“.
Atteso l’intervento di Emilio Molinari, presidente del comitato italiano per il contratto mondiale dell’acqua: “l’invito è ad essere parte attiva della campagna di raccolta firme” – sostiene Molinari – “una campagna entusiasmante che sta smuovendo le coscienze diffusa in tante persone. Il referendum dovrà essere un linguaggio universale, che non parlerà ad una classe sociale, ad un genere o ad un ideologia di riferimento, ma al senso comune per cui l’acqua è un bene fondamentale per la vita umana, dove la battaglia per la sua difesa ci riporta ad una stagione dei diritti. La legge scellerata che è stata approvata largamente nel nostro Parlamento deve essere abbrogata, altrimenti entro il 2011 vi sarà l’obbligo di privatizzare le società di gestione almeno al 60%, creando” – conclude Molinari – “una falsa concorrenza di mercato, perché sarà semplicemente l’affidamento alle grandi multiutilies del nord“.
A margine dell’incontro, il comitato referendario ha continuato a raccogliere le firme per i 3 referendum sull’acqua.
Giù le mani dai beni comuni
12 maggio 2010, by admin
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Dal 25 aprile scorso è partita la campagna di raccolta firme per i 3 referendum che chiedono di abrogare i dispositivi di legge che vogliono privatizzare l’acqua in Italia.
Giovedì 13 maggio 2010 alle ore 21 presso il Centro Allende alla Spezia si terrà il dibattito dal titolo
Giù le mani dai beni comuni,
si all’acqua pubblica per tutti!
Interverranno
Emilio Molinari
Presidente del comitato italiano per il contratto mondiale per l’acqua
Simona Cossu
Capogruppo PRC/SE Comune della Spezia
Introduce e coordina
William Domenichini
Resp Ambiente PRC La Spezia
Sarà presente il banchetto di raccolta firme del comitato unitario per il referendum.
Acqua: l’analisi di Emilio Molinari
10 maggio 2010, by admin
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Pubblichiamo l’intervento di Emilio Molinari pubblicato dal Fatto Quotidiano il 10 Maggio 2010.
Che senso ha? Non c’è intendimento polemico in questa domanda, solo mi chiedo qual è il senso che i dirigenti del Pd attribuiscono alla raccolta di firme che intendono promuovere per una legge sui servizi idrici da presentare al Parlamento, mentre in tutto il paese è in pieno svolgimento un referendum abrogativo delle leggi che obbligano alla privatizzazione di tali servizi e mentre elettori e militanti dello stesso Pd accorrono ai banchetti del Movimento dell’acqua per apporre la loro firma.
Credo risulti incomprensibile a molti l’idea di raccogliere firme su di una legge di iniziativa popolare, dal momento che anche molti quadri intermedi e dirigenti locali del Pd firmano per il referendum e si rendono disponibili alla sua riuscita; che molti sindaci aderiscono all’iniziativa, votano in centinaia ordini del giorno che dichiarano l’acqua priva di rilevanza economica; che lo stesso comune di Milano si pronuncia per l’acqua in mano pubblica e un po’ ovunque consiglieri comunali del Pd si offrono come autenticatori delle firme per il referendum sull’acqua pubblica, coscienti anche di assolvere a un obbligo democratico.
Non ha senso alcuno se non confondere e dividere i cittadini con diverse iniziative, quando anche un dirigente del calibro di Franceschini firma i nostri quesiti referendari.
Che senso ha in un simile contesto presentare una legge quando, oltretutto, non ci sono i numeri in Parlamento? Non c’erano, i numeri, neppure quando fu votata la legge Ronchi che prevede la privatizzazione dell’acqua, altrimenti sarebbe stata cambiata o bloccata. E meno che mai ci sono adesso. C’è invece uno straordinario entusiasmo nell’adesione al referendum contro la privatizzazione dell’acqua. E la spiegazione credo stia proprio nella consapevolezza di molta parte del popolo di centrosinistra di essere condannato dai “numeri che non ci sono”, ma salvato dalla certezza che l’acqua abbia una tale forza evocativa capace di parlare a tutti, anche agli avversari.
L’acqua entra trasversalmente in entrambi i “popoli politici” che si fronteggiano, rompe gli schieramenti ossificati in poli incomunicabili nei loro odi reciproci, produce cultura del vivere assieme e dell’interesse generale. Questo comincia a essere senso comune.
Credo che tutti sentano il bisogno di riprendersi l’iniziativa fuori dal Parlamento e che vivano il referendum come un sentimento di rivincita sui numeri, per partecipare e fare politica personalmente e su contenuti. Credo che lo vivano come una possibilità di vincere qualcosa di importante, che qualifichi il senso della loro militanza e anche della loro adesione a un partito come il Pd. Perché allora confondere questa stupenda realtà e opportunità che si offre a tutti, con un’iniziativa che non serve a nulla?
I numeri in Parlamento non ci sono, in Parlamento già giace ignorata da tutti una legge di iniziativa popolare presentata dal Movimento dell’acqua e corredata da oltre 400 mila firme. Non ci sono nemmeno i tempi per discutere una qualsiasi legge, perché entro il 2011 sarà fatto obbligo a tutti i comuni di mettere a gara la gestione dei propri servizi idrici e i privati entreranno con convenzioni della durata di 25-30 anni, determinando così una condizione in cui sarà difficile tornare indietro. Il referendum perciò non è un espediente politico di qualcuno, ma è un passaggio obbligato per tutti coloro che non vogliono che i rubinetti italiani vengano consegnati a un paio di multinazionali e alle banche.
I dirigenti del Pd sono giustamente preoccupati di come è stato ridotto lo strumento del referendum nel nostro paese. Lo siamo anche noi, ma cerchiamo di dare una risposta a tre questioni:
- c’è qualche altro strumento per fermare una legge incostituzionale che espropria i comuni del proprio ruolo, unica nel suo genere in tutta Europa?
- abbiamo proprio deciso di rinunciare definitivamente al referendum, l’unico strumento costituzionale di democrazia partecipata di cui dispongono i cittadini italiani?
- Se è così, non è una parte del centrosinistra che rinuncia e liquida pezzi di Costituzione?
Cari dirigenti del Pd, c’è una cosa che ci può permettere di dialogare e trovare soluzioni che evitino confusioni e amarezze nel popolo di centrosinistra e che vi faccia evitare di essere scavalcati dal vostro stesso popolo, che sta trovando in questo momento un nuovo entusiasmo. Se davvero il vostro intento è quello di cambiare la legge, perché non raccogliere assieme a noi un milione di firme abrogative della legge Ronchi? Perché non depositarle insieme, con una forza reale, sul tavolo del governo per costringerlo all’ineludibile scelta tra cambiare la legge, accogliendo lo spirito dei referendari, o indire il referendum?
L’acqua, l’acqua potabile, non è per noi un argomento strumentale da usare per la polemica tra partiti o per interesse di partito. Bisogna crederci e sbaglia chi, come l’Idv, la usa in tal senso correndo da solo e raccogliendo in solitudine le firme per un suo referendum abrogativo. L’acqua è prima di tutto un diritto umano che ci chiama all’etica della politica, ci chiama a una battaglia di tutti e per tutti, anche per gli avversari politici.
Bisogna esserne convinti e volersi confrontare senza steccati e senza spocchie. Non è una battaglia nell’interesse di classe, di genere, di partito o di ideologia, è nell’interesse generale più profondo e in questo è l’essenza della politica. Lo ha capito la miriade di cittadini, di sindaci, di elettori, di militanti che si mettono in fila ai banchetti. Credo ci chiedano tutti di confrontarci e unire gli sforzi e che in loro ci sia una domanda di politica: di politica potabile, come l’acqua del rubinetto.
Emilio Molinari
Comitato italiano per un contratto mondiale sull’acqua
Giù le mani dai Beni Comuni: ce n’est qu’un début
6 marzo 2010, by admin
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Questo è solo l’inizio: “La nostra battaglia per l’acqua pubblica è già partita con la richiesta di modifica degli statuti comunali, riconoscendo che il servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, servizio essenziale per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini“. Con queste parole William Domenichini, resp.Ambiente del PRC spezzino ha aperto l’iniziativa “Giù le mani dai beni comuni“. Grande successo di pubblico, ma soprattutto splendida cornice politica ieri sera al centro Allende, in un iniziativa che ha coniugato interventi di grande spessore politico e tecnico a sostegno delle battaglie nazionali, ma soprattutto tenendo sempre presente la nostra realtà, anche nella chiave e negli impegni elettorali prossimi: le regionali.
Ciro Pesacane, presidente del Forum Ambientalista, ha sottolineato l’importanza della battaglia ambientale: l’acqua e l’energia è vita, “v’immaginate che cosa provocherà la privatizzazione dell’acqua? L’accesso all’acqua potabile è già precluso ad 1 miliardo e mezzo di essere umani, schiavi di multinazionali che voglio solo ed esclusivamente fare profitto. Non paghi? Ti chiudo il rubinetto!”
Franco Zunino, assessore regionale all’ambiente, ha puntualizzato alcuni elementi fondanti della sua attività in materia: “rivendichiamo con forza la paternità di due atti fondamentali come il ricorso alla Corte Costituzionali sulla legge che vuole privatizzare l’acqua e su quella che vorrebbe il ritorno al nucleare, ma non solo. La scelta di appoggiare Burlando – prosegue Zunino – è da ricercarsi nell’attenzione con cui il presidente ligure ha posto centralità ai temi che discutiamo oggi e che il centrodestra avvallerebbe come meri vassalli del governo amico“.
Matteo Gaddi, responsabile nazionale del PRC per il Nord Italia, riporta la discussione sul piano locale, essendosi occupato della vicenda ACAM: “Per ora, con i compagni spezzini, abbiamo scongiurato la privatizzazione dei servizi alla Spezia, ma la situazione di ACAM è grave e le scelte che si andranno a compiere nel futuro sono fondamentali. Solo con un fronte unito di lavoratori, comitati e cittadini si potrà impedire di privatizzare l’acqua. Rifondazione in questa battaglia c’è e ci sarà“.
Emilio Molinari, presidente del comitato italiano per il contratto mondiale dell’acqua, è stato lapidario: “ci stanno privatizzando tutto e la battaglia più importante che ci attende è quella per la nostra sopravvivenza. Acqua ma anche aria e cibo, che stanno avvelenando con emissioni nocive e organismi geneticamente modificati. Il prossimo passo sarà – ha chiuso Molinari – il referendum sull’acqua, è un impegno di tutti noi, ma occorre essere uniti, compatti e coinvolgere tutti i cittadini, perchè l’acqua è vita, privatizzarla un delitto“.
Nelle conclusioni, Massimo Lombardi, candidato alle regionali per la Federazione della Sinistra, è stato preciso: “Noi ci siamo, con la nostra faccia e le nostre idee, la consapevolezza che il nostro impegno per portare avanti queste battaglie è nel nostro DNA, ma l’altrettanta consapevolezza che da soli non bastiamo e che dobbiamo lavorare per sollevare più gente possibile. Lo abbiamo fatto nei quartieri del levante sul tema dei rifiuti, dobbiamo farlo in tutta la provincia per l’acqua pubblica. Noi di Rifondazione comunista ci siamo e continueremo la nostra battaglia di civiltà: acqua pubblica, energie rinnovabili, il nostro no all’incenerimento del CDR in ENEL, il nostro Si alla strategia Rifiuti zero“.