Peveri (Gc La Spezia): “La violenza maschile sulle donne non ha colore”
21 dicembre 2017, by admin
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Accade alla Spezia – ma non solo – che la consigliera regionale Lega Nord Liguria, Stefania Pucciarelli, intervenga in materia di violenza sulle donne dichiarando esplicitamente “nessuno spazio a una cultura maschilista come quella islamica”, invocando la risposta di quelle che a suo parere tacciono a riguardo: le femministe di sinistra.
Innanzitutto mi dispiace deludere la consigliera, ma le femministe di sinistra non tacciono. Si dà il caso infatti che le “femministe di sinistra” si battano per i diritti di TUTTE le donne contro QUALSIASI tipo di violenza di matrice patriarcale. Sì, perché forse è meglio ricordare a tutti e tutte come la violenza di genere sia un fenomeno tanto subdolo quanto dilagante, in una società che si vede sempre più coinvolta in uno schema di pensiero strettamente patriarcale che lega il ruolo della donna alla figura del cosiddetto sesso debole.
Uno stupro è uno stupro e a stuprare sono gli uomini, al di là della loro nazionalità, provenienza o estrazione sociale. A usare violenza, per la maggior parte dei casi, non è uno sconosciuto, bensì individui facenti parte della sfera affettiva, per questo troppo spesso un assordante silenzio pervade l’ambiente domestico accentuando la difficoltà di denunciare (è comunque importante sottolineare come la violenza di genere non si manifesti esclusivamente nell’atto di aggressione fisica o molestia sessuale).
Il pensiero espresso da suddetto comunicato risulta perfettamente in linea con la notizia di qualche settimana fa. Si apprende infatti dalle testate giornalistiche locali come il Comune abbia intenzione di approvare la mozione sul divieto del velo islamico all’interno dei luoghi pubblici e le motivazioni utilizzate per supportare l’idea che questo provvedimento debba assolutamente essere attuato hanno bisogno di essere analizzate.
In primo luogo secondo la maggioranza vi è la necessità di liberare le donne da un’imposizione che è quella dei mariti fedeli all’islam radicale. Ecco che la Destra si fa paladina dei diritti delle donne, fautrice di una crociata a favore dell’autodeterminazione del corpo della donna. Sia chiaro però che la lotta di questa forza politica sia limitata a determinati diritti: quelli funzionali alla strumentalizzazione per la campagna politica securitaria, anti-degrado e criminalizzante di tutte quelle realtà che differiscono da quella nazionale dominante, per cultura, religione e colore della pelle.
Secondo questa logica bisogna parlare solo di stupro ed è meglio riferirsi alla categoria degli immigrati per individuarne i colpevoli. Il colpevole non è mai il padre di famiglia italiano, il compagno, il fratello, il conoscente o il parente. Deve essere un immigrato, altrimenti come si giustifica la deriva discriminatoria e fortemente razzista dei provvedimenti securitari?
Sia chiaro quindi che il diritto all’autodeterminazione della donna, nel discorso politico della destra e della Lega, incontra una grande limitazione se si tratta, per esempio, di un discorso più ampio riguardo alla libertà sessuale e alla libertà di scelta. Sì, perché se si chiede la corretta applicazione della Legge 194/1978 la risposta di queste forze politiche è un’immediata criminalizzazione: la donna è additata come assassina.
Le femministe di sinistra stanno dalla parte delle donne, di tutte le donne e non tacciono. Le femministe di sinistra scendono in piazza per rivendicare i propri diritti, senza sventolare la bandiera dell’autodeterminazione della donna al fine di strumentalizzarla in funzione di una logica anti-straniero.
La violenza di genere non ha colore, non ha origine, se non quella di essere frutto di un sistema fortemente patriarcale.
In conclusione, nulla di nuovo sotto il sole: ecco che la destra si fa ancora una volta portavoce dell’illusione elettorale per cui un’Italia libera da immigrati è un’Italia senza criminalità e violenza. Illusione favorita dallo stereotipo dello scontro manicheo tra Italiani buoni e immigrati cattivi.
Questa retorica si trasforma nell’equazione vincente che spinge i mass media a focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla nazionalità dei delinquenti, come se il criminale fosse più o meno colpevole se non di origine italiana. Mi dispiace deludere la consigliera Pucciarelli, ma anche gli italiani “doc” si rendono artefici di efferati atti di violenza.
Silvia Peveri,
Responsabile Organizzazione Giovani Comunisti/e La Spezia
“Se non con Marta quando? Pd e Pdl strumentalizzano il decreto anti-femminicidio per reprimere il movimento no Tav”
17 agosto 2013, by admin
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Un’ennesima vergogna da “larghe intese” si nasconde nel decreto legge anti-femminicidio licenziato dal governo lo scorso 8 agosto scorso e che passerà all’analisi del parlamento da martedì 20.
In un articolo nel decreto intitolato “Norme in materia di concorso delle forze armate nel controllo del territorio e per la realizzazione del corridoio Torino-Lione, nonchè in materia di istituti di pena militari” sono previsti inasprimenti contro chi da anni si oppone a uno dei più grandi scempi ambientali mai relizzati in Italia.
Riteniamo un autentico scandalo strumentalizzare una questione così drammatica come la violenza sulle donne per aumentare la repressione del dissenso sulla legittima lotta alla Tav Torino-Lione.
Un altro capolavoro firmato Letta e Berlusconi che si vorrebbe far passare nel più totale silenzio, complice la calura ferragostana e il relativo clima balneare di “agibilità politica”.
A collegamento delle due questioni aggiungiamo un fatto molto rilevante, naturalmente oscurato dalla stampa nazionale ma che sta “spopolando”, come si usa dire oggi, sui social network.
Pochi giorni fa c’è stata una forte mobilitazione in solidarietà a Marta Camposano, compagna pisana no Tav picchiata e molestata delle forze dell’ordine durante il fermo avvenuto dopo la passeggiata notturna in Val Susa il 19 luglio scorso alla quale hanno partecipato anche compagni dalla Spezia.
In seguito Marta è stata umiliata, violata e denigrata da un sindacato di polizia, da giornalisti e pure da un senatore della Repubblica, tal Stefano Esposito del Pd.
Lo slogan scelto per difendere Marta e per portare alla luce questo fatto gravissimo è stato “Se non per Marta quando”, con ovvio riferimento al movimento “Se non ora quando” che non ha detto una sola parola, tra l’omertà generale più assoluta. Ricordiamo che non esistono violenze sulle donne di serie A o di serie B: non vorremmo che il movimento intervenga solo in alcune circostanze, e solo quando fa comodo.
Per questo Rifondazione Comunista della Spezia aderisce all’appello in solidarietà a Marta chiedendo a chiunque di sottoscriverlo, sia personalmente che collettivamente, per esigere giustizia e farle sentire che non è sola ad affrontare l’arroganza di chi pensa di poterla continuare a offendere con tutto il potere personale e mediatico di cui dispone.
Alleghiamo una selezione di documenti utili alla comprensione di quello che sta accadendo e della campagna di solidarietà che vi invitiamo a sottoscrivere.
Marta ha bisogno di noi, adesso. Se non ora, quando? Se toccano una toccano tutte!
Per sottoscrivere l’appello occorre inviare una mail indicando NOME/COGNOME/CITTA’ all’indirizzo: senonconmarta@gmail.com
Le adesioni già raccolte sono centinaia ma intendiamo mantenere aperta la sottoscrizione perché crediamo che gli abusi di polizia non debbano passare sotto silenzio. Una prima presentazione dell’appello è reperibile qui http://www.youtube.com/watch?v=AdsV5wfbSbM e intendiamo continuare a raccogliere adesioni per sostenere in modo concreto il coraggio di Marta e la sua denuncia.
Invitiamo, chi non lo avesse già fatto, ad ascoltare e diffondere la testimonianza di Marta alla conferenza stampa seguita alle cariche della polizia in Val Susa del 19/07/2013 http://www.youtube.com/watch?v=NVUQ5natRj4
E’ già in rete una pagina facebook dove è stata aperta una campagna di raccolta foto per tutt* coloro che vogliano far sentire la loro vicinanza a Marta e ringraziarla per la sua coraggiosa denuncia. Si può trovare digitando https://www.facebook.com/#!/pages/Se-non-con-Marta-quando-Se-toccano-una-toccano-tutte/611101625590032
Un ottimo approfondimento che invitiamo a condividere è la lettera aperta di Simonetta Crisci e Laura Corradi alla Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini e alla Ministra per l’integrazione Cecile Kyenge: http://www.infoaut.org/index.php/nodi/pisa/item/8587-se-la-violenza-machista-è-di-stato
La denuncia di Marta da voce a le tante storie di abusi ignorati e silenziati dai mass media.
CONDIVIDIAMOLA NOI! DIFFONDIAMOLA NOI!
Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia
Di seguito il testo dell’appello:
Con Marta, donna No Tav
Nella notte di venerdì 19 luglio, centinaia di uomini e donne No Tav cercano di avvicinarsi alle recinzioni che espropriano una parte della Val Susa: terra di boschi e lavande, terra che dovrebbe dare frutti, terra che uomini e donne hanno vissuto e rispettato. Terra di lotte partigiane, sentieri che hanno visto combattere, e vincere, contro i nazisti. Ma quella terra ora è deserto, ruspe che scavano e abbattono, recinti e check point, gas che avvelenano, con le popolazioni civili, i loro campi e le loro vigne.
Una terra strappata al presente in nome di un “progresso” che avvelena le vite delle donne e degli uomini, impegnato a distruggere i valori e la dignità delle comunità. Un salto indietro nella storia.
Venerdì 19 luglio uomini e donne No Tav si avvicinano nel buio per battere sulle reti e gridare: “mia nonna partigiana me l’ha insegnato, tagliare le reti non è reato”.
Qualcosa è accaduto, venerdì notte, in Val Susa. Centinaia di agenti, esercito armato e attrezzato per la guerra, hanno assalito quegli uomini e quelle donne armati di torce e limoni e bottiglie d’acqua. Hanno chiuso loro ogni via d’uscita e, novella Diaz, hanno operato una mattanza. I più giovani, come testimoniano gli anziani della valle, hanno cercato di proteggere una via d’uscita ai più deboli, consentendoli di arrampicarsi sulla montagna, fuori dai sentieri chiusi dalle “forze dell’ordine”. Hanno pagato un prezzo altissimo, 63 feriti, 2 fermati, 7 arrestati.
Una nostra amica, Marta, 33 anni, pisana, viene fermata, colpita alle spalle durante la fuga. La sua testimonianza racconta le manganellate alla schiena mentre è schiacciata per terra dagli scarponi di agenti di cui non riesce neanche a vedere il volto. La notte è satura di gas e lei non è protetta da maschere, a differenza degli agenti. La trascinano in due, uno le stringe il collo, dell’altro restano sul suo braccio le impronte livide della stretta. La trascinano mentre altri intervengono. Uno alza il manganello e le spacca la bocca (6 punti esterni, 2 interni), altri le palpeggiano il seno e il pube. E’ un coro di insulti, un gridare “puttana”. Sanguinante la portano dentro il cantiere, gli insulti e gli sputi continuano, ci sono i magistrati e anche una donna poliziotto che non porta conforto ma altri sputi e insulti e molestie verbali.
Un medico di polizia raccomanda il ricovero immediato in Pronto Soccorso. Passeranno quattro ore. Quattro ore di sangue sul volto e sputi e insulti al suo essere donna.
Dal Pronto Soccorso la rilasceranno indagata a piede libero. Non è il caso di farla vedere a un giudice.
Ma la Diaz di Marta non è finita. Non è bastato il pestaggio, non sono bastate le violazioni al suo corpo di donna, non sono stati sufficiente “lezione” gli insulti e gli sputi e il ritardo nei soccorsi.
Marta non è stata zitta. Ha alzato la faccia ferita, è andata davanti alla stampa e ha osato raccontare.
Lei, l’unica dei fermati di quella notte d’inferno che poteva parlare.
E allora la caccia alle streghe riparte. Come donne conosciamo i toni e i modi e la violenza profonda di chi ti umilia e viola e insulta un’altra volta. Ed ecco spuntare l’UGL, sindacato di destra, a chiedere per Marta punizioni esemplari. Ed ecco un senatore della Repubblica, Stefano Esposito, Partito Democratico, divertirsi a twittare che Marta è bugiarda, che le manganellate giuste che ha preso se l’è cercate con la sua “guerra allo Stato” e che certo nessuna molestia c’è stata. Una follia di machismo, una banale arcaica prepotenza sulle donne umiliate e su Marta violata che si permette ancora di ribadire, dalle frequenze di una radio nazionale.
Come donne non possiamo tacere. Non possiamo tollerare che la terra, gli uomini e le donne continuino ad essere violati. Non possiamo più sopportare che la vita e i bisogni di tutte e di tutti siano travolti dall’arroganza dei pochi che su questo possono lucrare. Un arroganza che si crede onnipotente, che pensa di poter travolgere i corpi e le vite delle donne e degli uomini, con la violenza delle armi, prima, con quella degli insulti e della denigrazione e delle menzogne, poi.
Per Marta e i feriti della Val Susa esigiamo giustizia.
Per le donne violate esigiamo rispetto. Se il carnefice è pagato dallo Stato ne esigiamo di più.
http://www.infoaut.org/index.php/nodi/pisa/item/8589-con-marta-donna-no-tav
Rivoluzione Civile: domani Alberto Lucarelli a Sarzana, Arcola e La Spezia
20 febbraio 2013, by admin
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Alle 21 il professor Lucarelli si sposterà alla Spezia per l’attesa assemblea “Una Rivoluzione Civile per la difesa dei Beni Comuni” che si terrà al centro “Allende” di via Mazzini. Un’occasione per tuta la società civile spezzina di confrontarsi con uno dei massimi esperti della difesa dei Beni comuni e Ambiente, valori che Lucarelli rappresenterà al meglio nel prossimo parlamento italiano.
Nel convegno pomeridiano di Arcola sul femminicidio, coordinato dal referente comitato provinciale Idv Paolo Carbonaro e introdotto da Antonio Parrillo, dell’Idv di Arcola, interverranno anche Andrea Coffari, presidente del Movimento per l’Infanzia, oltre ai candidati per Rivoluzione Civile Elio Cambi, Sara Vatteroni (candidata alla Camera per la Toscana) e l’arcolana Frida Alberti, che farà gli onori di casa.
“La nostra cultura condona e legittima la violenza di genere e il femminicidio a seguito del mancato riconoscimento della discriminazione di genere come vera e propria ‘discriminante’ e le cause sono da attribuire alla matrice patriarcale che permea tutta la nostra società” afferma la Alberti. “Le politiche fin qui adottate non hanno mai investito nel welfare come gli altri paesi europei, considerando la donna come un ammortizzatore sociale e spesso come uno psicofarmaco sociale. Dal taglio dei finanziamenti agli asili nido, all’odiosa pratica dei licenziamenti in bianco, alla difficoltà di reperire un ginecologo non obiettore, allo stereotipo della donna sempre vittima e bisognosa di tutela, a livello sociale e legislativo la matrice discriminante del sessismo non è stata ancora assimilata ne riconosciuta“.
“Occorre rafforzare la prevenzione sul modello della legge spagnola, educare a nuove forme di relazione basate sul rispetto, aiutare uomini che agiscono comportamenti maltrattanti, cercare una alleanza con gli uomini, nostri compagni e mariti, che lottano al nostro fianco contro ogni forma di violenza e prevaricazione basata su modelli anacronistici di stampo autoritario. Vogliamo uno stato che garantisca la libertà di autodeterminazione e non i braccialetti antistupro. Vogliamo libertà di scelta, autonomia, reddito, formazione e lavoro, e non ‘ tutela’ fine a se stessa che altro non fa che perpetuare dipendenza e bisogni, insieme a foraggiare carriere politiche che campano sullo stereotipo della donna sempre e comunque vittima“.

Rivoluzione Civile La Spezia
rivoluzionecivilespezia.
Stop al femminicidio! Rivoluzione Civile oggi in piazza in tutta Italia al fianco delle donne
14 febbraio 2013, by admin
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Rivoluzione Civile vuole mettere un argine a quella che è una piaga sociale vergognosa per un Paese democratico: il femminicidio. Per questo oggi, 14 febbraio, saremo nelle piazze e nelle strade d’Italia, insieme al miliardo di persone che, in tutto il mondo, ballerà per dire basta alla violenza sulle donne.
Antonio Ingroia ha assicurato il sostegno alla Convenzione “No More!” contro la violenza maschile sulle donne. Rivoluzione Civile sfida la politica a passare subito dalle parole ai fatti: il prossimo Parlamento deve ratificare al più presto la Convenzione di Istanbul. Noi, come già detto rispondendo alla lettera aperta di Luisa Betti, presenteremo una proposta di legge contro il femminicidio. Serve una rivoluzione a tutela delle donne e saremo i primi rivoluzionari. Vogliamo fermare la mano di uomini indegni di essere definiti tali.
Il femminicidio esiste e sul tema è necessario un dibattito serio che entri a pieno titolo non solo nella campagna elettorale, ma anche nell’agenda politica di un paese. Affinchè si possa contrastare una cultura generale che discrimina le donne e che possa dare soluzioni pratiche da adottare per proteggere le troppe vittime in Italia. Siamo di fronte ad uno scandalo tutto italiano. Non solo la politica ma anche la cultura e la società civile hanno la loro responsabilità. In un’Italia che è in ritardo rispetto agli altri paesi europei, è necessario che le Istituzioni, la società civile, la cultura ed i media lavorino insieme per prevenire il femminicidio.
Per fermare questa emergenza, diventata ormai una non-emergenza, visto che ogni 48 ore una donna viene uccisa per mano di ex mariti o ex compagni, occorre un’assunzione di responsabilità collettiva, attraverso un grande dibattito pubblico su questo fenomeno, partendo dalla prevenzione soprattutto e dalla consapevolezza che è la cultura patriarcale generatrice di violenza ad essere responsabile di tanto dolore.
Firmiamo e facciamo firmare la convenzione No MORE e aderiamo alla manifestazione mondiale del 14 febbraio one billion rising. La danza come liberazione dalle catene mentali e fisiche della violenza, la danza come riscoperta dell’identità femminile.
Rivoluzione Civile
Rifondazione in piazza contro le vergognose parole di Don Corsi: “Chiediamo che venga rimosso dal suo incarico”
29 dicembre 2012, by admin
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