“Giù le mani dal professor Barbero, intellettuale al servizio della verità storica e non delle storpiature postfasciste”

11 settembre 2021, by  
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Le ridicole affermazioni scagliate da Asti e Fdi contro Il Festival della Mente di Sarzana e contro il prof. Alessandro Barbero, una delle menti, per l’appunto, più illuminate del panorama culturale italiano, non meriterebbero alcun commento, perché ciò sarebbe utile solo per ingrossare l’ego di questi esponenti della storia fai da te, a uso e consumo dell’ignoranza e della mistificazione di massa.
Ma il fastidioso prurito evocato ogni volta che tali figuranti politici ripetono questo falsificatorio refrain sulle foibe, volto naturalmente solo a denigrare l’ideologia comunista e occultare la realtà dei fatti storici, deve essere in qualche maniera fermato.
Il dibattito di questi giorni, nato dopo l’articolo di Tomaso Montanari, ripreso e difeso dai professori Angelo d’Orsi e Barbero, ha riacceso l’assurdo confronto tra chi parla a caso di “pulizia etica” (senza menzionare l’occupazione nazifascista della Jugoslavia che specie gli “italiani brava gente” hanno voluto e perpetrato ai danni della popolazione locale) e chi invece, strenuamente, racconta la pura verità dei fatti storici, senza storpiature ed insinuazioni, quelle sì, ideologiche create ad arte negli ultimi vent’anni (come quella di paragonare la tragedia immane della Shoah con il caso delle foibe, come ha fatto per vent’anni la destra nostrana).
Barbero e nessuno di questi intellettuali hanno mai negato alcunché, ma solo raccontato la verità, contestualizzando il caso e rimettendolo sul giusto quadro storico nella cornice della seconda guerra mondiale, voluta da Hitler e Mussolini, per chi se lo fosse dimenticato.
Gli eredi di chi ha causato la più grande tragedia dell’umanità si permettono, dopo ottant’anni, di riscrivere la storia a loro piacimento, minacciando pure ridicole “ritorsioni” contro chi, semplicemente, si permette di dire la verità. Noi non lo permetteremo. Resistenza è anche questo, e lo grideremo sempre.
Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia

“Giorno del ricordo”, Prc La Spezia: “Anche noi abbiamo abbandonato l’aula. Scandaloso l’utilizzo elettoralistico dei revisionisti neofascisti”

11 febbraio 2017, by  
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Rifondazione Comunista spezzina esprime un plauso al sindaco Massimo Federici per aver abbandonato l’aula in occasione del consiglio comunale straordinario dedicato ieri al “Giorno del ricordo”. 
 
Anche il capogruppo di Rifondazione Edmondo Bucchioni ha lasciato immediatamente la seduta, ritenendo inqualificabile e spregevole il comportamento di un personaggio che ha elogiato pubblicamente una forza politica espressamente neofascista, facendo inoltre campagna elettorale per sé stesso, dato che risulta pure candidato alle imminenti comunali spezzine.
 
E’ la conferma evidente di quanto il “Giorno del ricordo ” istituito nel 2004 dal governo fascioleghista di Berlusconi come sorta di contro altare della “Giornata della Memoria”, sia nato come strumento di quella cultura revisionista che ha cercato negli ultimi anni di ribaltare importanti concetti sviluppatisi all’indomani del 1945. Temi come antifascismo, giustizia sociale, uguaglianza, internazionalismo in qualche modo danno ancora molto fastidio all’attuale mondo devastato dal liberismo più sfrenato.
 
“Chi controlla il passato controlla il futuro”, scriveva Orwell nel sul mitico “1984”. Per questo ogni anno ci ritroviamo a ripetere, solo noi e pochi altri, lo stesso utilizzo della storia per fini biecamente politici e, soprattutto, ideologici.
 
Nessuno nega la tragedia delle foibe, una delle tantissime orribili pagine di quella immensa sciagura che fu la Seconda Guerra mondiale. Quella voluta da Hitler e da Mussolini, tanto per ricordare.
 
Che ha prodotto 65 milioni di morti, Olocausto compreso. Quella che voleva abbattere il comunismo e sradicare i popoli dalle loro radici e dalla loro lingua per assoggettarli a un unico impero fondato sulla razza ariana.
 
Proprio come fecero gli italiani in Slovenia e Croazia, che hanno punito con la morte chi non si “italianizzava”, usando per primi quelle depressioni carsiche, dette foibe, per disperdere le migliaia di cadaveri di antifascisti o di semplici oppositori all’invasione.
 
Le reazioni violente e vendicative dei partigiani titini che hanno liberato la propria terra dal nazifascismo (con tutto quello che purtroppo è accaduto in seguito, con le tante sofferenze vissute dagli istriani tornati in italia dopo il 1947) rientrano nelle conseguenze di tale conflitto. Quei diecimila morti sono certamente sulla coscienza di tutti.
 
Niente si giustifica, ma tutto va compreso e contestualizzato. Il metodo è lo stesso con cui si è voluto denigrare la Resistenza italiana, sporcandola con libri ignobili in onore del “sangue dei vinti”.
 
E’ giusto ricordare, come è giusto non fare apologia su chi ha causato tutto ciò, ossia il fascismo. Che può cambiare nome e sigla, ma non la sua natura violenta, oppressiva e feroce che va sempre, in ogni campo, combattuta fino alla fine.
 
Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia

Giovani Comunisti La Spezia sul 10 febbraio: “La nostra memoria ricorda tutto”

11 febbraio 2012, by  
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La legge 30 marzo 2004, n. 92 ha istituito il 10 Febbraio come giorno del ricordo in memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.

Ma cosa ricordiamo?

Dovremmo ricordare solo ciò che la memoria ufficiale e istituzionalizzata ci racconta: migliaia di cadaveri rinvenuti nelle foibe istriane, corpi di persone massacrate e poi gettate in queste profonde cavità naturali per mano dei partigiani jugoslavi comunisti di Tito oppure costrette per sopravvivere all’esodo per il solo fatto di essere italiane o contrarie al regime comunista.

Ma la nostra memoria ricorda tutto.

• Ricordiamo che il 10 febbraio del 1947 furono firmati i trattati di Parigi. L’Italia dovette cedere diversi territori a Francia e Jugoslavia (Fiume, Zara, Lagosta, Pelagosa, gran parte dell’Istria, del Carso triestino e dell’alta valle dell’Isonzo).

L’arco storico istituzionale ha fatto sì che la celebrazione dell’esodo dalmata/istriano ed il fenomeno foibe, fossero ricordati solamente a pochi giorni dalle celebrazioni in memoria della Shoah (27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa). La scelta politica del datare in maniera affine le due giornate pare chiara e si insinua in quel dibattito sconcio (in cui si inserirono, ahi noi, anche alcune forze di sinistra) che parla di pacificazione tra i fiancheggiatori dell’occupante germanico e i combattenti per la libertà del nostro giovin paese.

Ricordiamo la verità sul presunto fenomeno foibe.

• Gli “infoibati” furono quasi tutti individui compromessi con il fascismo, per quanto riguarda le foibe istriane del ‘43, e con l’occupatore tedesco per quanto riguarda il ‘45.

• Ci sono testimonianze autorevoli (per esempio dell’ispettore di polizia De Giorgi, colui che nel dopoguerra fu incaricato dei recuperi dalle foibe) che dicono che furono proprio uomini dell’Ispettorato Speciale di Polizia per la Venezia Giulia, istituito per la repressione della resistenza partigiana, in particolare quelli della squadra politica, la cosiddetta banda Collotti, a gettare negli “anfratti del Carso” degli arrestati che morivano sotto tortura.

Molti dei cosiddetti infoibati furono vittime di rese dei conti, per le quali ci furono nei mesi successivi dei processi e delle condanne che accertarono che si era trattato in genere di vendette personali che non possono essere attribuite al movimento di liberazione.

• Ricordiamone i numeri: in Istria nel ‘43 le persone uccise nel corso della insurrezione successiva al 8 settembre furono fra le 250 e le 500, la gran parte uccise al momento della rioccupazione del territorio da parte dei nazifascisti; nel ‘45 le persone scomparse sono meno di cinquecento a Trieste e meno di mille a Gorizia, alcuni fucilati ma la gran parte morti di malattia in campo di concentramento in Jugoslavia.

C’è quindi una grande differenza tra chi è morto per infoibamento e chi è stato trovato all’interno delle fessure carsiche. Non vi è prova alcuna che tutti i corpi rinvenuti nelle ispezioni successive al ‘45 all’interno delle foibe (di cui spesso si parla a sproposito censendo anche i corpi ritrovati in fosse comuni) fossero lì per un chiaro disegno eversivo.

Non si può nemmeno parlare di una pulizia etnica, non ci fu violenza mirata o decisa a tavolino dai partigiani di Tito diretta ad annientare i civili italiani per il solo fatto di appartenere a tale nazionalità o per il loro essere anticomunisti.

Ricordiamo i crimini di guerra fascisti rimasti impuniti.

Oltre 500.000 persone che abitavano le terre annesse dallo stato italiano dopo la prima guerra mondiale furono oggetto di persecuzioni razziali e ogni tipo di angherie: il fascismo attuò una politica di sopraffazione contro le minoranze slovena e croata dei territori occupati, la brutale snazionalizzazione (proibizione della propria lingua, chiusura di scuole e amministrazioni locali, boicottaggio del culto, imposizione di cognomi italianizzati, toponimi cambiati) in nome di una presunta superiorità della civiltà e della razza italica e della conservazione del monopolio strategico ed economico dell’Adriatico.

Queste le parole di Benito Mussolini:
¨Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani¨.

Le centinaia di migliaia di vittime libiche durante la deportazione delle popolazioni cirenaiche, le armi chimiche e i gas letali utilizzati per massacrare la popolazione etiope, i campi di prigionia e di concentramento sparsi in tutta Italia, le deportazioni di Ebrei, Rom, Slavi, oppositori politici, la risiera di San Sabba, campo di sterminio con forno crematorio in cui morirono oltre 3000 persone, soprattutto partigiani italiani, sloveni e croati.

Denunciamo il revisionismo in atto, la campagna di disinformazione generalizzata portata avanti dai nostri rappresentanti politici, fieri portatori di una memoria storica falsata, in particolare dalla destra e dalla sua ala estrema che tenta di confondere vittime e carnefici, generare falsi miti e luoghi di culto come la foiba di Basovizza (in realtà pozzo di ispezione per la cava di carbone, quindi non una foiba vera e propria. Svuotata negli anni cinquanta dagli alleati per via del materiale di guerra – anche documenti importanti – gettato a mo di discarica dentro di essa) dove neonazisti e neofascisti da tutta Europa a suon di saluti romani si radunano per onorare i martiri caduti per difendere l’italianità di queste terre dalla barbarie slavo-comunista.

Ci opponiamo ai tentativi di riscrivere la storia, di riabilitare i nazifascisti e nascondere i crimini di guerra italiani, sulla scorta di una lettura propagandistica dei fatti che nasconde la verità e criminalizza la Resistenza antifascista e la lotta di liberazione partigiana.

Giovani Comunisti La Spezia