Giorgio Cremaschi fa il pienone al Centro Allende della Spezia: “La vera sinistra è al fianco della Fiom. Costruire anche qui una base di resistenza sociale”

15 febbraio 2011, by  
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Straordinario successo per l’iniziativa di ieri pomeriggio alla Spezia organizzata dalla federazione spezzina di Rifondazione Comunista. Un centro “Allende” stracolmo ha assistito alla lucida analisi di Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato Centrale della Fiom che ha presentato il suo ultimo libro “Il regime dei padroni. Da Berlusconi a Marchionne“.

Per Cremaschi, che ha scritto il libro successivamente al referendum di Pomigliano del giugno 2010 e prima di quello di Mirafiori del gennaio scorso, la società mondiale, europea e italiana è dominata dai “padroni” (banchieri, finanzieri, industriali e alti dirigenti politici) organizzati in una vera e propria casta capace di scardinare ogni legge e regola nel nome del dominio del mercato globalizzato e del profitto.

Per questo, in Italia, un elemento come l’ad Fiat Marchionne trova la complicità di una classe politica sempre più assente e succube, dove il berlusconismo è soltanto l’ultimo effetto di una malattia nata nei primi anni ’80 con il craxismo a cui la sinistra non solo non ha saputo porre freno ma, anzi, ha avallato molte delle sue scelte creando una fortissima delusione alla base portando in seguito la vittoria di una destra ancora più violenta e becera.

Un quadro desolante di ritiro della poltica e a vantaggio del mercato e dei suoi padroni, dove vengono vengono così erosi i migliori principi delle società civili più avanzate: i diritti dei lavoratori e dei cittadini, come stiamo osservando attualmente.

Solo la Fiom ha saputo opporsi a questo stato di devastazione dei diritti operato dal binomio Marchionne-Berlusconi e per questo c’è bisogno da sinistra che operi un sostegno totale e immediato al suo fianco, specie dopo il grande sciopero del 28 gennaio.

Dopo Mirafiori e lo sciopero Fiom una nuova resistenza sociale comincia a delinearsi nel Paese. A che punto siamo con la costruzione di una base di lotta qui alla Spezia?” ha chiesto ai presenti il segretario regionale di Rifondazione Comunista Sergio Olivieri, che ha coordinato il dibattito al quale sono intervenuti numerosi lavoratori spezzini, studenti, disoccupati ed esponenti della società civile.

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14 febbraio, Centro Allende: Incontro con Giorgio Cremaschi

10 febbraio 2011, by  
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La Cgil risponda a Confindustria con lo sciopero generale

21 gennaio 2011, by  
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Verso il 28 gennaio

Se qualcuno ancora aveva dei dubbi, la Federmeccanica ha posto termine alla inutile discussione sulla portata dell’attacco della Fiat al contratto nazionale e ai diritti dei lavoratori.

La proposta presentata ieri dal direttore generale dell’organizzazione degli industriali metalmeccanici, che è bene ricordarlo rappresenta anche l’azienda della presidente della Confindustria, ha definitivamente liquidato il contratto nazionale. Non ci saranno più due livelli di contrattazione, quello nazionale e quello aziendale in deroga, ma ne resterà uno solo. Le aziende potranno scegliere se applicare un contratto nazionale che, a quel punto non varrà più niente, oppure farsi il proprio contratto ad hoc, come ha scelto Marchionne. Così tutto il reale diventa razionale, tutte le deroghe, tutte le violazioni dei contratti vengono legalizzate, si può fare tutto perché tutto è concesso.

Questo sistema stravolge anche l’ipocrisia dell’accordo separato del 22 gennaio 2009, dove la Confindustria, il governo, la Cisl e la Uil fecero finta di mantenere i due livelli contrattuali, seppure con le deroghe. Per questo è evidente l’imbarazzo di Bonanni e Angeletti, costretti ancora una volta a inseguire le svolte e le contro svolte dei padroni a cui sono appiccicati.
Come avevamo detto l’attacco della Fiat al contratto nazionale e ai diritti non sarebbe stato e non poteva essere un’eccezione, ma sarebbe diventato la nuova regola. Non ci sarà più bisogno allora, per la Fiat, di uscire formalmente dalla Confindustria, perché la firma della Confindustria a un contratto non varrà più di niente, sarà semplicemente una liberatoria a fare quello che si vuole.

Avevamo ragione quando avevamo detto che con la Fiat partiva il più grave attacco ai diritti dei lavoratori, dal 1945 ad oggi. E abbiamo avuto ragione quando abbiamo chiesto con insistenza alla Cgil di rispondere alla Confindustria con lo sciopero generale. Finora questo non è avvenuto, perché la maggioranza della Cgil si è autoincastrata nella ricerca di un accordo con Cisl, Uil e Confindustria. Il confuso documento sulla rappresentanza approvato dal Direttivo della Cgil ha invece ricevuto subito uno sgarbato e sbrigativo no della Cisl. Sul resto ha risposto la Federmeccanica.

Continuare per questa strada è semplicemente decidere che la Cgil si mette da sola nell’angolo. Dopo lo sciopero dei metalmeccanici del 28 gennaio dovremo alzare la voce, come mai abbiamo fatto, dentro la Cgil per andare allo sciopero generale e finirla con il balletto degli inutili dialoghi con la Confindustria e con tutti coloro che vogliono distruggere il contratto nazionale.

di Giorgio Cremaschi (tratto da Micromega)

Marchionne, il capitalista speculatore che disprezza il lavoro

18 gennaio 2011, by  
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L’intervista che il direttore de “La Repubblica” ha fatto all’Amministratore Delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ha il pregio dell’assoluta chiarezza. Non c’è’ una sola parola nelle due pagine dell’intervista che faccia riferimento alla Costituzione, al Contratto nazionale, allo Statuto dei lavoratori. Per Marchionne semplicemente non esistono. Non a caso tutto il suo ragionamento è fondato sul più puro diritto commerciale. Il lavoro è una merce che deve essere acquistata ai prezzi del mercato internazionale, come il petrolio o il grano. Il lavoro è quella che nel gergo di Marchionne si chiama una commodity, cioè una merce per cui vale solo il prezzo di mercato ma non le specifiche particolarità dei contratti.

Tutto il suo ragionamento ha questa brutalità ed è davvero penoso che poi, alla fine, si rispolveri come goffo contentino, la promessa di aumentare gli stipendi e di far partecipare agli utili. Quest’ultima venne già lanciata nel 1920, alla vigilia del fascismo, dal fondatore della Fiat, Gianni Agnelli. Quanto alla promessa di aumenti è bene ricordare che intanto i salari sono stati calati, cancellando il premio di risultato di 1.200 euro all’anno.

Nelle due pagine dell’intervista ancora una volta Marchionne non dice nulla sui suoi progetti industriali, che a questo punto appaiono sempre più fumosi e privi di credibilità. Mentre parla con chiarezza il gergo delle multinazionali e della speculazione finanziaria, quello che ha fatto sì che con il risultato del referendum salisse il titolo Fiat, indipendentemente dalla produzione effettuata. La proprietà Fiat sta guadagnando con le azioni, e Marchionne con le stock option, anche senza produrre e vendere automobili e questa è la dimostrazione che la strategia di Marchionne è solo di speculazione finanziaria.

E’ stupefacente, infine, l’arroganza con cui Marchionne si vanta del risultato del voto. La maggioranza degli operai ha votato no, visto che anche nel turno di notte operaio hanno votato impiegati. Il sì è passato solo per il voto determinante di questi ultimi e nonostante questo Marchionne parla come se avesse avuto un plebiscito nelle catene di montaggio. Viene il dubbio che l’Amministratore Delegato della Fiat avesse paura di essere mollato dagli impiegati e che la sua gioia sia per il loro voto. A parte l’ironia, questa arroganza si accompagna al disprezzo del sistema sociale e politico del paese, ed è la dimostrazione che non abbiamo a che fare con qualcosa di nuovo, ma semplicemente con un ritorno ai più barbari meccanismi del capitalismo speculativo.

Marchionne a volte parla come un padrone paternalista degli anni Venti, a volte come un manager finanziario del Duemila, a volte come un barone agrario dell’Ottocento che dice ai suoi braccianti “se non vi va, quella è la via per andarsene”. In ogni caso quale che sia l’epoca in cui lo collochiamo, l’Amministratore Delegato della Fiat rappresenta sempre un modello regressivo e privo di democrazia e dignità sociale.

Giorgio Cremaschi

Su Accordo Mirafiori, Cremaschi: “Ritorno al fascismo. Così l’Italia perde la democrazia e non conquista il lavoro”

27 dicembre 2010, by  
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Ascolta il commento di Giorgio Cremaschi

Per il presidente del comitato centrale della Fiom “bisogna risalire al fascismo per trovare un accordo di tale gravità e portata antidemocratica come quello sottoscritto da Cisl, Uil e Fiat per Mirafiori. Oltre a distruggere le condizioni di lavoro, cancella non solo il diritto allo sciopero ma il diritto dei lavoratori ad avere una rappresentanza democratica eletta. Un fatto senza precendenti nella storia della democrazia italiana”.

(Tratto da Micromega, 27 dicembre 2010)