Ricciardi: “Potere al popolo unica lista di sinistra. E Putrino pensi a sue foto con Paita”

21 dicembre 2017, by  
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Ricciardi a Roma per il soggetto che punta a raccogliere la gauche politica e sociale. “Sarzana? Possibile l’unità delle sinistre”

 
E’ spettato a Jacopo Ricciardi l’onore e l’onere di farsi portabandiera spezzino all’assemblea nazionale della lista ‘Potere al popolo’, tenutasi ieri a Roma all’Ambra Jovinelli con oltre mille partecipanti. L’esponente di Rifondazione comunista, membro della segreteria regionale ligure del partito, torna dalla capitale con grinta, speranze e un paio di sassolini. Abbiamo fatto due chiacchiere.

Ricciardi, ma cos’è ‘Potere al popolo’?
“L’unica vera lista di sinistra che correrà alle prossime elezioni politiche. Alternativa al centrodestra, al Pd e al centrosinistra bonsai di Grasso. Una lista, ‘Potere al popolo’, che raccoglie movimenti sociali, associazioni, sindacati di base come l’Usb, varie esperienze di lotta in giro per l’italia, come quelle per la casa, contro il fascismo, contro il razzismo, per l’acqua pubblica. E poi ci sono i partiti: Rifondazione comunista e Partito comunista italiano”.

In cosa consiste il vostro essere alternativi a ‘Liberi e uguali’ di Pietro Grasso, forza che si definisce già l’alternativa a sinistra del Pd?
“La lista di Grasso propone un’alternativa… di facciata. Basta leggere le dichiarazioni di esponenti di ‘Liberi e uguali’ come Massimo D’Alema ed Enrico Rossi per capire che dopo il voto stringeranno un accordo con il Pd. E la nostra condizione per fare una lista unitaria con Mdp, Possibile e Sinistra italiana era proprio il no al Pd. Ma questa nostra condizione è stata respinta, perché sanno bene che dopo il voto l’intesa col Pd potrebbe esserci. Il punto è che il problema di ‘Liberi e uguali’ è Renzi, non le sue politiche. Invece a noi interessa battere il Pd in quanto partito che con le sue politiche ha devastato l’Italia. E a questo proposito ricordiamo come molti esponenti di Articolo uno – Mdp che oggi si dichiarano alternativi al Partito democratico hanno votato Legge Fornero e Buona scuola, hanno sostenuto il governo Monti e sono a favore di liberalizzazioni e privatizzazioni. Ripeto, ‘Liberi e uguali’ è una lista di centrosinistra, cosa legittima. Ma l’unica vera lista di sinistra è ‘Potere al popolo’.

Intanto a livello locale le come vi state muovendo? In particolare, in riferimento alle imminenti elezioni sarzanesi…
“Le elezioni politiche ci vedono divisi da Sinistra italiana, Possibile ed Mdp, una cosa che mi dispiace moltissimo, in particolare per quanto riguarda SI, con cui anche a livello spezzino ci sono ottimi rapporti e obbiettivi condivisi. Alle comunali le forze che hanno scelto Guido Melley, persona che rispetto, avrebbero dovuto sostenere Massimo Lombardi, unica vera candidatura della sinistra civica e politica. Non capisco ancora oggi come si incastri Melley con Sinistra italiana e Possibile. Sarzana? C’è un ragionamento in piedi, e se ci troveremo d’accordo sui contenuti politici non vedo perché non si possa fare una lista unitaria a sinistra del Pd, nonostante la rottura a livello nazionale”.

Certo che Sinistra italiana – di cui alcuni ‘autosospesi’ si sono fatti vedere anche ieri all’assemblea romana di ‘Potere al popolo’ – con Grasso proprio non le va giù…
“Più che altro mi domando cosa c’entri la base di SI con Bassolino, D’Alema, Bersani, Rossi… nomi che hanno fatto disastri all’interno del Pd e ora si riscoprono rivoluzionari. E poi con Sinistra italiana siamo d’accordo su 98 cose su 100”.

Nei giorni scorsi non ha preso bene le parole rilasciate da Paolo Putrino nei confronti di Rifondazione nell’ambito di un’intervista rilasciata a CdS (QUI)
“Ha detto che Rifondazione fa testimonianza. Prima cosa, Putrino guardi in casa sua, visto che fa le foto con Raffaella Paita e poi fa l’alternativo di sinistra. Secondo, Rifondazione non fa testimonianza, non è settaria. E’ un dato di fatto: basti guardare alle tante iniziative unitarie promosse per dire no al referendum del 4 dicembre”.

Come imposterete il percorso verso le politiche marzoline?
“Per noi il percorso del no al referendum del 4 dicembre 2016 è e resta una guida. Invitiamo tutti quelli che si sono impegnati per impedire la devastazione della Costituzione a stare con noi. Così come chi difende l’acqua pubblica, chi partecipa ai picchetti contro gli sfratti, chi va a fare volantinaggio tra i lavoratori alle sei del mattino, chi lotta contro il razzismo, chi va in piazza. Vogliamo unire la sinistra sociale e la sinistra politica, e non abbiamo preconcetti. Siamo una lista aperta che nasce dal basso”.

Una lista comunista?
“Una lista con dentro anche persone che si definiscono comuniste. E, ripeto, l’unica vera lista di sinistra che si presenterà alle politiche”.

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Giulio, eri tutti loro

7 maggio 2013, by  
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Uno straniero atterrato ieri in Italia da un paese lontano durante la lunga veglia funebre per Andreotti a reti unificate, vedendo le lacrime e ascoltando le lodi dei politici democristi e comunisti, berlusconiani e socialisti, ma anche dei giornalisti e degli intellettuali da riporto di tutte le tendenze e parrocchie, non può non pensare che l’Italia abbia perso un grande statista, il miglior politico di tutti i tempi, un padre della Patria che ha garantito al Paese buongoverno e prosperità, e ciononostante fu perseguitato con accuse false da un pugno di magistrati politicizzati, ma alla fine fu riconosciuto innocente e riabilitato agli occhi di tutti nell’ottica di una finalmente ritrovata pacificazione nazionale. La verità, naturalmente, è esattamente quella opposta. Non solo giudiziaria. Ma anche storica e politica. È raro trovare un politico che ha occupato tante cariche (7 volte premier, 33 volte ministro, da 13 anni senatore a vita) e ha fatto così poco per l’Italia: nessuno – diversamente che per gli altri cavalli di razza Dc, da De Gasperi a Fanfani a Moro – ricorda una sola grande riforma sociale o economica legata al suo nome, una sola scelta politica di ampio respiro per cui meriti di essere ricordato. Andreotti era il simbolo del cinismo al potere, del potere per il potere, fine a se stesso, del “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Il primo responsabile, per longevità politica, dello sfascio dei conti pubblici che ancora paghiamo salato. Un politico buono a nulla, ma pronto a tutto e capace di tutto. Il principe del trasformismo, che l’aveva portato con la stessa nonchalance a rappresentare la destra, la sinistra e il centro della Dc, a presiedere governi di destra ma anche di compromesso storico, a essere l’uomo degli Usa ma anche degli arabi. Un politico convinto dell’irredimibilità della corruzione e delle collusioni, che usò a piene mani senza mai provare a combatterle, perchè – come diceva Giolitti e come gli suggeriva la natura – “un sarto che deve tagliare un abito per un gobbo, deve fare la gobba anche all’abito”. Eppure, o forse proprio per questo, era il politico più popolare. Perchè il più somigliante a quell’“ italiano medio” che non è tutto il popolo italiano. Ma ne incarna una bella porzione e al contempo la tragica maschera caricaturale. Se però Andreotti spaccava gli italiani, affratellava i politici, che han sempre visto in lui – amici e nemici – il proprio santo patrono e protettore. La sua falsa assoluzione, in fondo, era anche la loro assoluzione. Per il passato e per il futuro. Per questo, quando le Procure di Palermo e Perugia osarono processarlo per mafia e il delitto Pecorelli, si ritrovarono contro tutto il Palazzo. Il massimo che riusciva a balbettare la sinistra era che, sì, aveva qualche frequentazione discutibile, ma che stile, che eleganza in quell’aula di tribunale dove non si era sottratto al processo (il non darsi alla latitanza già diventava un titolo di merito).

Fu parlando del suo processo che B. diede dei “matti, antropologicamente diversi dalla razza umana” a tutti i giudici. Fu quando si salvò per prescrizione che Violante criticò l’ex amico Caselli per averlo processato e la Finocchiaro esultò per l’inesistente “assoluzione”. Anche i magistrati più furbi e meno “matti”, come Grasso, si dissociarono dal processo e fecero carriera. Oggi le stesse alte e medie e basse cariche dello Stato che l’altroieri piangevano la morte di Agnese Borsellino piangono la morte di Giulio Andreotti. Ma non è vero che fingano sempre: piangendo Andreotti, almeno, sono sincere. Enrico Letta, alla notizia che la Cassazione aveva giudicato Andreotti mafioso almeno fino al 1980, si abbandonò a pubblici festeggiamenti: “Quante volte da bambino ho sentito nominare Andreotti a casa di zio Gianni. Era la Presenza e basta, venerata da tutti. Io avevo una venerazione per questa Icona!”. E giù lacrime per l’“ingiustizia” subìta dalla venerata Presenza anzi Icona, fortunatamente “andata a buon fine” tant’è che “siamo tutti qui a festeggiare” (un mafioso fino al 1980). L’altro giorno Letta jr. è divenuto presidente del Consiglio. È stato allora che il Divo ha capito di poter chiudere gli occhi tranquillo.

Marco Travaglio

da Il Fatto Quotidiano del 07/05/2013