L’ultima vergogna leghista: ad Adro (BS) la scuola statale è “padana”

13 settembre 2010, by  
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Ad inaugurarla il sindaco che lasciò i bambini senza mensa. E che oggi dice: “Abbiamo fissato i crocefissi ai muri. Nessuno li può spostare”

Il simbolo della Lega sul cestino della raccolta differenziata, sullo zerbino d’ingresso, sui cartelli messi nel giardino, sul tetto e soprattutto impresso sui banchi. Sulle vetrate dell’ingresso della scuola materna, una decorazione di bambini uniti tra loro dal simbolo del partito di Umberto Bossi. Ieri è stata inaugurata la prima scuola padana. Un fatto senza precedenti che un polo scolastico italiano venisse pubblicamente definito federalista e leghista.

La benedizione del ministro Gelmini
Tutto ciò è accaduto ad Adro (il paese della vicenda della mensa del “non paghi non mangi”) con il beneplacito del ministro Mariastella Gelmini che in un messaggio, oltre ad esprimere vivo apprezzamento personale, ha parlato di “modello di riferimento. Un progetto encomiabile che crea benessere ed entusiasmo”.  Materna, elementare e scuola media con le mense dedicate alla figura di Gianfranco Miglio, di cui c’è anche una raffigurazione all’ingresso del nuovo complesso realizzato con soldi di donazioni private fatte al Comune.

Nome, cibo e simboli made in Padania
Sulla facciata principale dell’edificio campeggia la scritta “Polo scolastico Gianfranco Miglio” nonostante non sia ancora pervenuto il permesso dell’Ufficio provinciale scolastico, nonostante le norme prevedano che il nome vada deciso dal collegio dei docenti e successivamente approvato dal consiglio comunale. L’ultimo passaggio poi spetterebbe alla Prefettura che deve comunicare l’intitolazione al ministero degli Interni. Tutto bypassato ad Adro nonostante, nelle scorse settimane, i rappresentanti della minoranza avessero presentato un esposto agli uffici del palazzo del governo di Brescia. La risposta è stata che ci sono tanti altri comuni che hanno problemi di questo genere.  Così, chi ieri era ad Adro ha assistito a una scena che ha riportato all’epoca delle inaugurazioni delle scuole fasciste. Dove il sentire comune, l’appartenenza politica e ideologica hanno ampiamente superato i confini di un luogo deputato alla formazione civile oltre che culturale dei bambini e dei ragazzi.  Davvero tanta gente ad ascoltare i discorsi da campagna elettorale dell’onorevole leghista Davide Caparini, dell’assessore regionale (della Lega, ovviamente) alle Attività sportive Monica Rizzi. Poi il sindaco di Adro Oscar Lancini (che nel suo intervento ha detto di aver fissato i crocefissi al muro con delle viti per impedire che vengano rimossi o spostati, ASCOLTA L’AUDIO) e sul palco anche il parroco di Adro e il curato che ha benedetto la costruzione. Poco importa che il primo cittadino riguardo alla gestione mensa abbia già promesso: “A tavola si siede soltanto chi paga” e ancora: “Verrà servito menu padano e chi non vuole mangiare carne di maiale se ne può stare a casa”. Pasti della tradizione bresciana e chi, per motivi religiosi, non potrà mangiare pranzerà altrove. “I crocifissi li abbiamo avvitati alle pareti così nessuno potrà magari nasconderli dietro la cartina geografica”. Le ragioni della Chiesa al servizio della Lega nei discorsi in cui sono stati citati il papa bresciano Giovanni Montini, Giovanni Paolo II e pure il cardinale Carlo Maria Martini. Tutti a spiegare che quello sarà il luogo della crescita delle nuove generazioni e che Miglio, prima di essere ideologo leghista, era un uomo di scuola.  Finiti i discorsi, la visita degli ambienti marchiati con quei simboli di partito sbattuti in faccia tutti i giorni agli alunni di quella scuola. Ovunque, anche sui piccoli totem dove ci sono le indicazioni delle aule, singolarmente intitolate ai benefattori che hanno contribuito alla realizzazione spendendo 6 milioni di euro: che sì, lo hanno finanziato da privati, ma nell’ambito di una grande operazione urbanistica. Tra il pubblico anche un rappresentante dell’ordine dei frati dei Carmelitani che gestiscono una scuola parificata (dalle elementari alle superiori) frequentata dalla Adro “bene” e che confina con la scuola pubblica italiana caratterizzata dal simbolo pagano leghista del “sole delle Alpi”. Sacro e profano insieme.

La Santa Alleanza con le camicie verdi
Come accaduto qualche giorno fa a Pontoglio, a pochi chilometri da Adro, dove il parroco e il curato hanno annunciato che verrà introdotto il divieto di accesso all’oratorio a chi non parla l’italiano. Accesso negato quindi a gruppetti di stranieri che parlano un lingua straniera “incomprensibile” per gli italiani e per le altre etnie. I genitori giovani e ragazzini non hanno problemi di integrazione. A non volere integrarsi, sono solo alcune “sacche” di stranieri.

di Elisabetta Reguitti – Da Il Fatto Quotidiano del 12 settembre 2010

Il Festival dei pupari

22 febbraio 2010, by  
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Nell’Italia dei conflitti d’interesse, dei regolamenti violati, dei lavoratori morti ammazzati nei cantieri, delle ribellioni degli schiavi del XXI secolo che raccolgono arance e pomodori per un paese che non ha figli per farlo, dei potenti che usano il corpo delle donne come merce di scambio e di corruzione, della mafia e di Gomorra, del Vaticano e di Gladio, ecco un pezzo di interessante analisi dei fischi a cielo aperto Sanremo e dell’insopportabile patriottismo targato… udite udite… Savoia.

Ha ragione Fabrizio Moro: “Non è una canzone”. Non è uno spettacolo, non è – certo – una kermesse canora.

Indipendentemente dal fatto che vinca o meno il trio PupoEmanuele FilibertoCanonici. Sanremo, questo Sanremo degli ascolti record che venerdì sera ha fatto registrare il 50,4 per cento di share, è uno specchio della Terra dei cachi: quanto è cambiato il paese da quel 1996, quando Elio e le storie tese vinsero il premio della critica? “Parcheggi abusivi, applausi abusivi, villette abusive, abusi sessuali abusivi; tanta voglia di ricominciare abusiva”. Dove siamo quattordici anni dopo? “Stasera sono qui, per dire al mondo e a Dio, Italia amore mio”. Ma non è solo la retorica del Dio, patria e famiglia da cui stare in guardia. A far più paura è quel che, sempre meno sottilmente, sta dietro i buoni sentimenti nazional popolari. Al di là dello sdoganamento savoiardo. Mentre il principe dà aria alla bocca spiegando di non aver malanimo contro la Repubblica, su Facebook impazza una rivalutazione dell’anarchico Bresci. Il trio, eliminato la prima sera quando a votare era solo la giuria demoscopica, è stato ripescato grazie al televoto. Un meccanismo che ha sempre fatto discutere, anche perché ha trasformato Sanremo nel talent-festival.

Nella sera decisiva del ripescaggio, il televoto che secondo la scaletta doveva terminare alle 23.15 è stato fatto proseguire per altri 40 minuti. “Non c’è un termine prestabilito”, spiegano. Però siccome i risultati arrivano in tempo reale, almeno per trasparenza sarebbe meglio che ci fosse un limite orario preciso. E poi: il televoto è gestito da una società che fa capo alla stessa che produce X-Factor (per la cronaca, il vincitore della categoria giovani è Tony Maiello, appunto da X-Factor).

Si chiama Neonetwork ed è parte del gruppo Magnolia (di cui Giorgio Gori, ex direttore di Canale 5, è uno dei soci fondatori). Ma qui sono tutti un po’ Amici: il direttore artistico Gianmarco Mazzi ha organizzato nel 2007 l’opera di Cocciante, rilanciata l’altra sera dal palco dell’Ariston. I dirigenti Rai respingono con fermezza seccata le accuse di conflitto di interessi. A proposito della collaborazione con Cocciante, Mazzi precisa: “E’ una cosa che risale a molto tempo fa. Comunque anche se io avessi rapporti professionali con lui non vedo che problema ci sarebbe”. E rassicurano: il televoto, nella gestione del software, è blindato e non manomettibile. Però alla richiesta dei giornalisti di avere un rappresentante nella stanza dei bottoni viene risposto che è impossibile. E non è dato sapere esattamente come funziona il meccanismo di assegnazione dell’appalto. Con una gara? A trattativa privata? Comunque, dicono, sono pochissime le società attrezzate per gestire un servizio così impegnativo come quello del televoto di Sanremo. Intanto gli orchestrali, che pesano sul risultato per il 50 per cento, devono firmare una liberatoria sul conflitto di interessi. Quindi, secondo coscienza, non si sono espressi quelli che hanno rapporti di lavoro con gli artisti. Conflitto di interessi double face. Come la par condicio, che interessa tanto alla Rai per via delle imminenti elezioni. Un po’ meno quando si tratta di concorrenti. Vedi alla voce Italia amore mio: durante l’intermezzo pubblicitario della puntata va in onda lo spot della trasmissione di Pupo (nomen omen, I raccomandati). Mister Lippi venerdì si è presentato insieme con le Divas vestite in tricolore e i tre pupari.

Già partono i fischi. “Sono qui perché, con un titolo così, il commissario tecnico della nazionale di calcio doveva esserci. La canzone, non importa interpretata come (!), si rivolge agli italiani”. Antonella Clerici molto correttamente alza un cartellino giallo: “Marcello scusa, ma ti devo interrompere sennò mi tagliano la gola. Il regolamento prevede l’esecuzione del brano e non un tuo intervento”. Ma lui, è lo stile Juve dei bei tempi, non ci sta. E qui i fischi si fanno così forti che non è possibile ignorarli. Anche perché partono cori che inneggiano a Cassano. “Ero certo di questi cori, mi avete fatto vincere un sacco di soldi che avevo scommesso con Emanuele. Il cuore degli italiani l’abbiamo conquistato quattro anni fa e speriamo di rifarlo in Sudafrica”. Poi parte la canzone riveduta e corretta in chiave calcistica. Ieri, alla domanda sull’eventuale violazione del regolamento, Mazzi (non) risponde così: “Lippi è un’icona italiana che ci ha regalato un sogno e il titolo mondiale. Quando Antonella mi faceva segno che dovevo intervenire, io non me la sono sentita. Mi sembrava un po’ irrispettoso intervenire nei suoi confronti, è evidente che Lippi non conosce i meccanismi e le regole di questo evento. Sapevamo anche delle variazioni al testo e ci è sembrata una cosa bella per omaggiare il calcio italiano”. E’ stato un momento di spettacolo: “Io non sono un amministratore di condominio”. E continua: “Penso che quei fischi al ct azzurro abbiano spinto tanti tifosi di Lippi a televotare per il Trio”. Fischi continuati anche dopo, davanti al ristorante in cui cenavano Pupo & c. (c’era anche il direttore del Tg1, Augusto Minzolini).

Però una gara è una gara ed è difficile, fa notare un giornalista, immaginare gli azzurri in campo con Vasco Rossi guest star. Il trio di “Credo sempre nel futuro, nella giustizia e nel lavoro” fa infuriare anche Fare-Futuro, fondazione vicina a Gianfranco Fini. Che, tramite la rivista on line – in un corsivo del direttore Filippo Rossi – annuncia: “Le canzoni sono cose importanti. Come le parole. E allora, senza scherzare, lo annunciamo alla radicale: nel caso sventurato che a Sanremo vinca quell’inno imbarazzante, nazional-trombonesco, cantato dall’inarrestabile e incontenibile trio Pupo-Filiberto-Canonici, il sottoscritto inizierà immediatamente uno sciopero della fame. Non è uno scherzo. E’ uno sciopero che nasce dalla vergogna. Sarà uno sciopero della fame tutto culturale e soprattutto politico. Perché c’è qualcuno che deve far capire al Paese che a destra, in Italia, c’è anche altro rispetto a una retorica patriottarda e vuota”.

Silvia Truzzida Il Fatto Quotidiano (21 febbraio 2010)