Giovani Comunisti La Spezia sul 10 febbraio: “La nostra memoria ricorda tutto”
11 febbraio 2012, by admin
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La legge 30 marzo 2004, n. 92 ha istituito il 10 Febbraio come giorno del ricordo in memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
Ma cosa ricordiamo?
Dovremmo ricordare solo ciò che la memoria ufficiale e istituzionalizzata ci racconta: migliaia di cadaveri rinvenuti nelle foibe istriane, corpi di persone massacrate e poi gettate in queste profonde cavità naturali per mano dei partigiani jugoslavi comunisti di Tito oppure costrette per sopravvivere all’esodo per il solo fatto di essere italiane o contrarie al regime comunista.
Ma la nostra memoria ricorda tutto.
• Ricordiamo che il 10 febbraio del 1947 furono firmati i trattati di Parigi. L’Italia dovette cedere diversi territori a Francia e Jugoslavia (Fiume, Zara, Lagosta, Pelagosa, gran parte dell’Istria, del Carso triestino e dell’alta valle dell’Isonzo).
L’arco storico istituzionale ha fatto sì che la celebrazione dell’esodo dalmata/istriano ed il fenomeno foibe, fossero ricordati solamente a pochi giorni dalle celebrazioni in memoria della Shoah (27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa). La scelta politica del datare in maniera affine le due giornate pare chiara e si insinua in quel dibattito sconcio (in cui si inserirono, ahi noi, anche alcune forze di sinistra) che parla di pacificazione tra i fiancheggiatori dell’occupante germanico e i combattenti per la libertà del nostro giovin paese.
Ricordiamo la verità sul presunto fenomeno foibe.
• Gli “infoibati” furono quasi tutti individui compromessi con il fascismo, per quanto riguarda le foibe istriane del ‘43, e con l’occupatore tedesco per quanto riguarda il ‘45.
• Ci sono testimonianze autorevoli (per esempio dell’ispettore di polizia De Giorgi, colui che nel dopoguerra fu incaricato dei recuperi dalle foibe) che dicono che furono proprio uomini dell’Ispettorato Speciale di Polizia per la Venezia Giulia, istituito per la repressione della resistenza partigiana, in particolare quelli della squadra politica, la cosiddetta banda Collotti, a gettare negli “anfratti del Carso” degli arrestati che morivano sotto tortura.
• Molti dei cosiddetti infoibati furono vittime di rese dei conti, per le quali ci furono nei mesi successivi dei processi e delle condanne che accertarono che si era trattato in genere di vendette personali che non possono essere attribuite al movimento di liberazione.
• Ricordiamone i numeri: in Istria nel ‘43 le persone uccise nel corso della insurrezione successiva al 8 settembre furono fra le 250 e le 500, la gran parte uccise al momento della rioccupazione del territorio da parte dei nazifascisti; nel ‘45 le persone scomparse sono meno di cinquecento a Trieste e meno di mille a Gorizia, alcuni fucilati ma la gran parte morti di malattia in campo di concentramento in Jugoslavia.
C’è quindi una grande differenza tra chi è morto per infoibamento e chi è stato trovato all’interno delle fessure carsiche. Non vi è prova alcuna che tutti i corpi rinvenuti nelle ispezioni successive al ‘45 all’interno delle foibe (di cui spesso si parla a sproposito censendo anche i corpi ritrovati in fosse comuni) fossero lì per un chiaro disegno eversivo.
Non si può nemmeno parlare di una pulizia etnica, non ci fu violenza mirata o decisa a tavolino dai partigiani di Tito diretta ad annientare i civili italiani per il solo fatto di appartenere a tale nazionalità o per il loro essere anticomunisti.
Ricordiamo i crimini di guerra fascisti rimasti impuniti.
Queste le parole di Benito Mussolini:¨Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani¨.
• Le centinaia di migliaia di vittime libiche durante la deportazione delle popolazioni cirenaiche, le armi chimiche e i gas letali utilizzati per massacrare la popolazione etiope, i campi di prigionia e di concentramento sparsi in tutta Italia, le deportazioni di Ebrei, Rom, Slavi, oppositori politici, la risiera di San Sabba, campo di sterminio con forno crematorio in cui morirono oltre 3000 persone, soprattutto partigiani italiani, sloveni e croati.
Denunciamo il revisionismo in atto, la campagna di disinformazione generalizzata portata avanti dai nostri rappresentanti politici, fieri portatori di una memoria storica falsata, in particolare dalla destra e dalla sua ala estrema che tenta di confondere vittime e carnefici, generare falsi miti e luoghi di culto come la foiba di Basovizza (in realtà pozzo di ispezione per la cava di carbone, quindi non una foiba vera e propria. Svuotata negli anni cinquanta dagli alleati per via del materiale di guerra – anche documenti importanti – gettato a mo di discarica dentro di essa) dove neonazisti e neofascisti da tutta Europa a suon di saluti romani si radunano per onorare i martiri caduti per difendere l’italianità di queste terre dalla barbarie slavo-comunista.
Ci opponiamo ai tentativi di riscrivere la storia, di riabilitare i nazifascisti e nascondere i crimini di guerra italiani, sulla scorta di una lettura propagandistica dei fatti che nasconde la verità e criminalizza la Resistenza antifascista e la lotta di liberazione partigiana.
Giovani Comunisti La Spezia