Landini a Spezia, Ravera (Prc Liguria): “Contro il governo Renzi, sabato tutti a Roma a difendere i lavoratori”

22 ottobre 2014, by  
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In occasione della visita di questa mattina del segretario della Fiom Maurizio Landini ai cantieri San Marco della Spezia, la federazione spezzina di Rifondazione Comunista ha accolto la prima uscita pubblica del neo segretario regionale ligure del Prc Marco Ravera, eletto domenica scorsa a Genova dal congresso regionale del partito assieme al nuovo Comitato Politico Regionale (7 gli spezzini eletti: Chiara Bramanti, Sergio Olivieri, Massimo Lombardi, Jacopo Ricciardi, Massimo Marcesini, Roberto Bedini, Alessio Menconi).

Ravera ha puntato l’attenzione sull’importanza della prossima manifestazione di sabato 25 ottobre a Roma organizzata dalla Cgil contro il vergognoso “Jobs Act” del governo Renzi, che sta per passare alla Camera con un altro voto di fiducia, dopo quello del Senato. Quello del Pd è un inqualificabile attacco frontale ai lavoratori e a tutti i cittadini, già duramente colpiti dalla crisi, dalle casse integrazioni, dal lavoro precario e mal pagato. Renzi ha proseguito, aggravandole, le politiche di Berlusconi, Monti e Letta obbedendo ai diktat della Merkel, di Marchionne e di Confindustria.

Il baluardo dell’articolo 18 va esteso a tutti i lavoratori e va difeso ad oltranza assieme al più grande sindacato italiano, anche con lo sciopero generale e l’occupazione delle fabbriche, come ha sottolineato oggi lo stesso Landini.

Per questo sarà fondamentale la piena riuscita della manifestazione di sabato: oltre che per il lavoro è una battaglia per la democrazia e la libertà di questo Paese. Da Spezia Rifondazione sarà presente nei pullman messi a disposizione dalla Cgil e dalla Fiom: gli interessati a partecipare possono contattare via mail o fb la nostra federazione o la stessa Cgil.

Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia

Grave la situazione-Acam nel silenzio pre-elettorale, una vergogna!

20 febbraio 2013, by  
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La situazione di Acam è ben più grave di quello che si vuol tacere, un silenzio assordante che evidentemente vuole rispettare gli esili equilibri pre elettorali, ma che calpesta la dignità di molti lavoratori e lavoratrici dell’azienda.
Quasi un silenzio generale sulla cassa integrazione in deroga da parte dell’azienda, ammortizzatore che è stato richiesto senza nessun requisito, un atto unilaterale che si fa beffa di un referendum che era già una beffa, nel quale i lavoratori sono stati ricattati informalmente con una scelta obbligata, alla Marchionne, o il lavoro o il licenziamento. Tutta quella fretta evidentemente non l’hanno avuta le banche, ne i sindaci del Pd che hanno sottoscritto il piano di riassetto capestro per l’azienda.
Il paradosso Acam parte dal settore Ambiente, dove si è chiuso un 2012 con 19.000 ore di straordinario ed una carenza di organico di circa 75 unità, e si parla di esuberi quando la logica dovrebbe portare i comuni spezzini a far partire il porta-a-porta, con una necessità di organici che consenta il raggiungimento dei tassi di raccolta differenziata a norma e che oggi pone la nostra provincia fuorilegge.
La cassa integrazione inoltre produrrà un effetto chiarissimo sul servizio e ci saranno disagi e ritardi nella raccolta, non certo imputabili ai lavoratori che già operano con mezzi e attrezzature obsolete e sotto organico. Così come dal punto di vista economico, dal 1° marzo la frazione organica stabile (FOS) prodotto da Saliceti sarà un costo per la mancata designazione della discarica dei rifiuti, eppure il piano provinciale è datato ormai di 10 anni. Possibile che i sindaci del Pd non abbiano trovato una soluzione?

Ancora un’azienda con costi di esternalizzazioni, superminimi e stipendi d’oro a dirigenti che hanno dimostrato nei fatti di essere inadeguati alla mission aziendale, ed un chiaro disegno di scaricare sugli operai la responsabilità materiale del risanamento, con la follia della svendita del gas e dell’azienda di gestione dei clienti. Ad oggi il vero latitante è un piano industriale degno di tale nome, eppure quanti soldi sono stati spessi in amministratori delegati che hanno fallito completamente il loro impegno?

Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia

Canese: “Operai con Ingroia, senza se e senza ma”

24 gennaio 2013, by  
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Gli ultimi vent’anni di welfare sono stati devastanti per i lavoratori di questo paese. La precarizzazione del lavoro, le infinite possibilità di contratto regalate ai pirati del padronato, uniti ad una delocalizzazione selvaggia (relativa alla globalizzazione dei popoli in schiavitù), hanno di fatto minato il sistema industriale e artigianale italiano.

La legge Biagi, le regoline di Sacconi (e dell’amico Ichino), i giochetti di Brunetta, ed infine le riforme della Fornero al mercato del lavoro con incluso la modifica all’articolo 18, hanno reso il lavoratore italiano un pezzo di pongo nelle mani delle parti datoriali.

Un altro esempio da emulare per la categoria è stato quello fornito dall’A.D di FIAT sig. Marchionne che appena ha potuto è uscito da Confindustria e si è messo a dettare nuove regole che sostituiscono il contratto nazionale, facendole votare, sotto ricatto occupazionale, ai dipendenti.

Il liberismo sfrenato divulgato nel paese dal Berlusconismo ha amalgamato tutte queste cose e ha reso possibile l’annientamento e il silenziamento finale della classe operaia.

La mancanza di lavoro dovuta alla crisi (che sembra sempre più creata ad arte per farci ingoiare di tutto) ed il sistema instaurato, hanno reso un privilegiato, agli occhi degli altri, chi possiede un’occupazione a tempo indeterminato.

Ma questo privilegio è solo un castello di carta.

Chi possiede un lavoro stabile o pseudo-stabile è,grazie a tutte le leggi ed alle modifiche approvate negli ultimi anni, un burattino ricattabile dal primo all’ultimo giorno di lavoro.

Non ha più tutele ne garanzie e, per mantenere il posto di lavoro, deve sopportare  ogni capriccio del padrone, per non essere  ricacciato nel girone infernale della disoccupazione e del precariato.

Per queste ragioni, i lavoratori dovrebbero sposare il progetto di Rivoluzione Civile. Forse l’ultimo baluardo eretto per le classi deboli, così pesantemente vessate negli ultimi vent’anni.

Il bisogno di giustizia, diritti ed uguaglianza che ha iniettato sulla scena politica Antonio Ingroia, devono essere visti come possibilità concreta di cambiamento. Un voto non solo utile, ma indispensabile per far pendere l’ago della bilancia verso i meno abbienti e i lavoratori.

Un problema non secondario è, però, quello delle alleanze dopo le elezioni.

Il PD, che tanta “opposizione” ha fatto al “nemico” Berlusconi sui temi del lavoro, ha poi votato tutte le porcherie in materia, proposte dal governo Monti, rendendosi complice di questo scempio.

Non si possono dimenticare il voto sull’art.18, l’accordo sulla produttività, e lo schieramento di quasi tutto il partito (Fassino e Chiamparino in testa) a favore delle scelte intraprese da Marchionne (salvo i ripensamenti per ragioni elettorali dell’ultimo periodo). Altro tema caldo che ci divide dal PD riguarda la fiscalità.

E’ ancora fresca la notizia che Bersani è contro la patrimoniale. Bisognerebbe spiegargli che la patrimoniale è in vigore in quasi tutte le democrazie che tali si possono definire.

Chi ha di più deve pagare di più. In Italia questo sistema è rovesciato. Vediamo di raddrizzarlo.

Se saremmo convincenti su questi temi,avremmo sicuramente la possibilità di essere rappresentati in parlamento e, finalmente, dopo anni di deriva liberista, ci sarà qualcuno che rappresenterà di nuovo la classe operaia e le classi sociali più deboli di questo sconquassato paese.

Bisognerà valutare ogni provvedimento che riguarderà queste categorie e se la deriva liberista e padronale, dovesse proseguire, contrastarla in ogni ambito possibile.

Se ci sarà possibile bisognerà spingere per il ripristino di tutto quello che ci è stato tolto: un sistema che agganci i salari al costo reale della vita (una volta si chiamava scala mobile), contratti di lavoro che prevedano un piccolo apprendistato e poi l’assunzione a tempo indeterminato, l’abolizione delle agenzie interinali che altro non sono che lucratori di mano d’opera sottopagata, la possibilità della rappresentatività di tutti i sindacati all’interno delle aziende, il ripristino totale dell’articolo 18 e la sua estensione a tutte le realtà lavorative anche sotto i 15 dipendenti, una legge che impedisca alle aziende di creare sistemi paralleli e divergenti dai contratti nazionali, una legge che imponga dazi alla concorrenza sleale dei paesi, in cui, lo sfruttamento della manodopera sottopagata,  sottrae lavoro alle aziende del nostro paese, rendendo concorrenziali i prezzi delle nostre produzioni.

Vent’anni di politiche e di messaggi subliminali sbagliati, divulgati da giornalisti a libro paga sulla carta stampata o nelle televisioni politicizzate dai governi che si sono alternati alla “guida” del paese, hanno reso difficile far comprendere persino ai colleghi di lavoro, la gravità di tutto quello che ci è passato sopra le teste.

Le belinate a cui assistiamo da tempo sulle televisioni ci hanno reso dei perfetti burattini incapaci di ogni reazione degna di nota e totalmente asserviti al sistema.

E’ ora di darsi una scossa e chiedere che i nostri diritti  vengano ripristinati e rispettati.

Diamo forza a RIVOLUZIONE CIVILE, SENZA SE E SENZA MA !!!

Marco Canese

Operaio

Cassa integrazione Acam: presi in giro i lavoratori!

15 dicembre 2012, by  
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Il calice amaro da bere è ancora più indigesto di quello che si prevedeva. Dopo aver presentato un piano di riassetto inaccettabile, dopo aver fatto votare ai lavoratori un referendum con una scheda degna del peggior ricatto alla Marchionne, ora si svelano le carte: cassa integrazione. Un affronto bello e buono che fa emergere ancora una volta l’incapacità di dare una svolta ad una delle realtà produttive più importante della provincia.
Ancora una volta si vogliono scaricare le responsabilità di chi ha gestito negli ultimi 5 anni un’emergenza mai risolta, sulla pelle dei lavoratori, inaccettabile. Ancora più inaccettabile alla luce del fatto che Rifondazione ha proposto un’assunzione di responsabilità da parte di quei sindaci che hanno utilizzato in questi anni l’azienda come “vacca da mungere”, proposta rigettata da tutte le forze politiche del centrosinistra spezzino.
Ora siamo al dunque. Senza un piano industriale vero e concreto, senza un piano di rientro dei contratti in perdita, con procedure di responsabilità deboli e fittizie. Ancora una volta la sconfitta di una classe dirigente che ha badato alla sua sopravvivenza e non al bene comune. Una vergogna.
 
Segreteria prov.le Rifondazione Comunista La Spezia

Manifestazione FIOM riuscita, ora Sciopero Generale!

28 gennaio 2011, by  
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L’esito positivo della manifestazione della FIOM, che questa mattina ha portato in piazza circa duemila lavoratori con lo sciopero di categoria, conferma che la strada intrapresa è quella giusta. Protestare contro le scelte sconsiderate di Marchionne prima a Pomigliano, poi a Mirafiori, contro la deriva autoritaria dei rapporti sindacali e contro l’annullamento dei diritti dei lavoratori vuol dire soprattutto lottare per il nostro futuro democratico e per la speranza di un progetto sostenibile della nostra società.

Ora si tratta di capire chi è disposto a seguire la FIOM su questa strada e non lasciare soli lavoratori e lavoratrici di questo paese. Rifondazione comunista c’è e continua a sostenere questo processo. Dobbiamo unirci e stringerci su un progetto comune, per la tutela dei beni comuni: lavoro, conoscenza, ambiente e rapporti sociali. Su questi temi siamo con la Fiom e con tutti i soggetti che hanno a cuore un’altra società possibile, un modello alternativo al pensiero unico.

L’esito positivo della manifestazione della FIOM, che questa mattina ha portato in piazza circa duemila lavoratori con lo sciopero di categoria, conferma che la strada intrapresa è quella giusta. Protestare contro le scelte sconsiderate di Marchionne prima a Pomigliano, poi a Mirafiori, contro la deriva autoritaria dei rapporti sindacali e contro l’annullamento dei diritti dei lavoratori vuol dire soprattutto lottare per il nostro futuro democratico e per la speranza di un progetto sostenibile della nostra società.

Se Marchionne e Berlusconi hanno in mente un paese di schiavi e di sudditi la risposta che Rifondazione comunista e tutta la Federazione della Sinistra chiede parte da una mobilitazione di tutti:

Sciopero generale subito!

La Cgil risponda a Confindustria con lo sciopero generale

21 gennaio 2011, by  
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Verso il 28 gennaio

Se qualcuno ancora aveva dei dubbi, la Federmeccanica ha posto termine alla inutile discussione sulla portata dell’attacco della Fiat al contratto nazionale e ai diritti dei lavoratori.

La proposta presentata ieri dal direttore generale dell’organizzazione degli industriali metalmeccanici, che è bene ricordarlo rappresenta anche l’azienda della presidente della Confindustria, ha definitivamente liquidato il contratto nazionale. Non ci saranno più due livelli di contrattazione, quello nazionale e quello aziendale in deroga, ma ne resterà uno solo. Le aziende potranno scegliere se applicare un contratto nazionale che, a quel punto non varrà più niente, oppure farsi il proprio contratto ad hoc, come ha scelto Marchionne. Così tutto il reale diventa razionale, tutte le deroghe, tutte le violazioni dei contratti vengono legalizzate, si può fare tutto perché tutto è concesso.

Questo sistema stravolge anche l’ipocrisia dell’accordo separato del 22 gennaio 2009, dove la Confindustria, il governo, la Cisl e la Uil fecero finta di mantenere i due livelli contrattuali, seppure con le deroghe. Per questo è evidente l’imbarazzo di Bonanni e Angeletti, costretti ancora una volta a inseguire le svolte e le contro svolte dei padroni a cui sono appiccicati.
Come avevamo detto l’attacco della Fiat al contratto nazionale e ai diritti non sarebbe stato e non poteva essere un’eccezione, ma sarebbe diventato la nuova regola. Non ci sarà più bisogno allora, per la Fiat, di uscire formalmente dalla Confindustria, perché la firma della Confindustria a un contratto non varrà più di niente, sarà semplicemente una liberatoria a fare quello che si vuole.

Avevamo ragione quando avevamo detto che con la Fiat partiva il più grave attacco ai diritti dei lavoratori, dal 1945 ad oggi. E abbiamo avuto ragione quando abbiamo chiesto con insistenza alla Cgil di rispondere alla Confindustria con lo sciopero generale. Finora questo non è avvenuto, perché la maggioranza della Cgil si è autoincastrata nella ricerca di un accordo con Cisl, Uil e Confindustria. Il confuso documento sulla rappresentanza approvato dal Direttivo della Cgil ha invece ricevuto subito uno sgarbato e sbrigativo no della Cisl. Sul resto ha risposto la Federmeccanica.

Continuare per questa strada è semplicemente decidere che la Cgil si mette da sola nell’angolo. Dopo lo sciopero dei metalmeccanici del 28 gennaio dovremo alzare la voce, come mai abbiamo fatto, dentro la Cgil per andare allo sciopero generale e finirla con il balletto degli inutili dialoghi con la Confindustria e con tutti coloro che vogliono distruggere il contratto nazionale.

di Giorgio Cremaschi (tratto da Micromega)

Marchionne, il capitalista speculatore che disprezza il lavoro

18 gennaio 2011, by  
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L’intervista che il direttore de “La Repubblica” ha fatto all’Amministratore Delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ha il pregio dell’assoluta chiarezza. Non c’è’ una sola parola nelle due pagine dell’intervista che faccia riferimento alla Costituzione, al Contratto nazionale, allo Statuto dei lavoratori. Per Marchionne semplicemente non esistono. Non a caso tutto il suo ragionamento è fondato sul più puro diritto commerciale. Il lavoro è una merce che deve essere acquistata ai prezzi del mercato internazionale, come il petrolio o il grano. Il lavoro è quella che nel gergo di Marchionne si chiama una commodity, cioè una merce per cui vale solo il prezzo di mercato ma non le specifiche particolarità dei contratti.

Tutto il suo ragionamento ha questa brutalità ed è davvero penoso che poi, alla fine, si rispolveri come goffo contentino, la promessa di aumentare gli stipendi e di far partecipare agli utili. Quest’ultima venne già lanciata nel 1920, alla vigilia del fascismo, dal fondatore della Fiat, Gianni Agnelli. Quanto alla promessa di aumenti è bene ricordare che intanto i salari sono stati calati, cancellando il premio di risultato di 1.200 euro all’anno.

Nelle due pagine dell’intervista ancora una volta Marchionne non dice nulla sui suoi progetti industriali, che a questo punto appaiono sempre più fumosi e privi di credibilità. Mentre parla con chiarezza il gergo delle multinazionali e della speculazione finanziaria, quello che ha fatto sì che con il risultato del referendum salisse il titolo Fiat, indipendentemente dalla produzione effettuata. La proprietà Fiat sta guadagnando con le azioni, e Marchionne con le stock option, anche senza produrre e vendere automobili e questa è la dimostrazione che la strategia di Marchionne è solo di speculazione finanziaria.

E’ stupefacente, infine, l’arroganza con cui Marchionne si vanta del risultato del voto. La maggioranza degli operai ha votato no, visto che anche nel turno di notte operaio hanno votato impiegati. Il sì è passato solo per il voto determinante di questi ultimi e nonostante questo Marchionne parla come se avesse avuto un plebiscito nelle catene di montaggio. Viene il dubbio che l’Amministratore Delegato della Fiat avesse paura di essere mollato dagli impiegati e che la sua gioia sia per il loro voto. A parte l’ironia, questa arroganza si accompagna al disprezzo del sistema sociale e politico del paese, ed è la dimostrazione che non abbiamo a che fare con qualcosa di nuovo, ma semplicemente con un ritorno ai più barbari meccanismi del capitalismo speculativo.

Marchionne a volte parla come un padrone paternalista degli anni Venti, a volte come un manager finanziario del Duemila, a volte come un barone agrario dell’Ottocento che dice ai suoi braccianti “se non vi va, quella è la via per andarsene”. In ogni caso quale che sia l’epoca in cui lo collochiamo, l’Amministratore Delegato della Fiat rappresenta sempre un modello regressivo e privo di democrazia e dignità sociale.

Giorgio Cremaschi

Olivieri(Prc) a Neri(Pd): su Mirafiori nessun cappello, ma bisogna dire con chiarezza da che parte si sta

18 gennaio 2011, by  
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Intanto ringrazio il consigliere del Pd Neri per aver risposto alla mia presa di posizione sul referendum di Mirafiori.

Prima del voto avevo sollecitato gli esponenti del Pd spezzino a dire la loro opinione sull’accordo capestro di Mirafiori. Non si trattava, naturalmente, di rispondere a me; però per un dirigente politico, quando sono in gioco valori fondamentali come i diritti del lavoro o le libertà sindacali, “schierarsi” è un “dovere”. Dispiace che nessuno dei dirigenti del Pd spezzino l’abbia fatto e per questo ringrazio Neri che è stato l’unico di quel partito a dire come la pensa.

Per il resto penso che Neri abbia torto quando dice che adesso la Fiom deve accettare l’esito del referendum. Sarei d’accordo se quello fosse stato un voto libero ma siccome i lavoratori hanno dovuto votare con il ricatto che se avessero vinto i no la fabbrica avrebbe chiuso, quello è stato tutto meno che un voto libero. Fa dunque bene la Fiom a tener ferma la sua opposizione all’accordo.

Trovo poi contraddittorio che Neri dica di aver firmato l’appello a sostegno della Fiom promosso da Camilleri e altri (ha fatto bene, l’ho firmato anch’io e il mio partito sta pure facendo banchetti per raccogliere firme) e poi di essere contrario allo sciopero generale. L’appello di Camilleri, che Neri prima di firmare avrà sicuramente letto, a un certo punto dice “…. ci sembra che la richiesta di sciopero generale, avanzata dalla Fiom, sia sacrosanta e vada appoggiata in ogni modo”. E dunque, se ho ben capito, Neri avrebbe firmato un appello che appoggia la richiesta dello sciopero generale e poi ha replicato alla mia presa di posizione a favore dello sciopero generale dicendo che non è il momento “ …..dello sciopero generale che divide ulteriormente”. Mi sembra che ci sia un po’ troppa confusione.

Della replica del consigliere Neri condivido solo il titolo e cioè il fatto che quanto accaduto a Mirafiori è talmente grande che nessuno può metterci il cappello. Che quasi la metà dei lavoratori di Mirafiori, nonostante i ricatti di Marchionne e Berlusconi, abbia detto no è stata una straordinaria prova di dignità e di orgoglio. Ma non si tratta solo di questo. Il voto di Mirafiori non è un fatto isolato perché prima c’erano stati il voto di Pomigliano (con una percentuale inaspettata di voti contrari ad un altro accordo capestro), la manifestazione nazionale della Fiom del 16 ottobre con una straordinaria partecipazione di lavoratori e giovani e l’esplosione del movimento degli studenti.

Ragionando sulla connessione tra tutto questo arrivo alla conclusione che anche in Italia, come accade ormai in tutti gli altri paesi europei, è cominciata la resistenza sociale al tentativo di scaricare i costi della crisi sul lavoratori e sui giovani. Il rilancio delle lotte sociali in Italia pone diversi problemi alla politica. Ne voglio sottolineare solo due.

Il primo è che costringerà sempre di più le forze politiche a schierarsi in maniera netta – o di qui o di là, o coi lavoratori o col padronato. Il secondo è che dovrà essere affrontato e risolto il problema dei problemi e cioè il fatto che il mondo del lavoro è privo della sua autonoma rappresentanza politica. So bene che non ci sono le condizioni oggettive e soggettive affinché la sola Rifondazione possa colmare questo vuoto. Ma anche in questo caso Mirafiori ci indica la strada.

La notte del referendum, davanti ai cancelli, si sono ritrovati centinaia di compagni di Rifondazione, del Pdci, di Sel, di altre formazioni della sinistra, delle diverse sinistre sindacali. E la crescita delle lotte sociali imporrà a tutti di superare i settarismi e le divisioni e di lavorare per costruire un nuovo grande polo, quello della Sinistra. Bisognerebbe cominciare a pensarci seriamente, anche alla Spezia.

Sergio Olivieri
segretario regionale
Rifondazione Comunista Liguria

Su Mirafiori è il silenzio dei complici?

10 gennaio 2011, by  
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Ad eccezione di Chiara Bramanti, di Enrico Vesco, di altri esponenti della sinistra che la legge elettorale voluta da Veltroni e Berlusconi ha reso extraparlamentare e dell’ex Sindaco della Spezia Giorgio Pagano, non ce n’è uno, tra parlamentari, ex parlamentari, consiglieri, assessori regionali, Sindaci ed amministratori, segretari di partito dello spezzino che abbia detto una parola.

Eppure di solito sono assai prodighi di dichiarazioni, comunicati, prese di posizione.  Questa volta niente, silenzio assoluto.

E non vengano a dire che l’accordo di Mirafiori, che cancella diritti che i lavoratori di questo Paese si sono conquistati con le lotte e spesso anche col sangue,  riguarda solo quella fabbrica o al massimo la città di Torino.  Lo sanno benissimo che non è così e che una volta che Marchionne passasse a Mirafiori si tenterà di esportare quel modello nel resto d’Italia ed anche da noi, a Spezia. Le prove generali le ha già iniziate a Genova e a Monfalcone la Fincantieri.E lo sanno che il ricatto di Marchionne contiene una clausola che prevede che chi, come la Fiom, non ha firmato quell’accordo capestro, indipendentemente dal consenso che avrà tra i lavoratori, non potrà avere alcuna rappresentanza  aziendale.

E’ mai possibile che esponenti politici che si considerano democratici tacciano di fronte ad un atto che colpisce così pesantemente le libertà sindacali?

Possibile che non capiscano che questo attacco ai diritti dei lavoratori è un attacco alle libertà di tutti ed è la versione “industriale” della stessa logica autoritaria ed antidemocratica che loro stessi, tutti i giorni, contestano giustamente a Berlusconi e al suo governo?

Purtroppo nei giorni scorsi fior fiore di esponenti nazionali del Pd, da Morando a Veltroni, da Ichino a D’Alema a Fassino, si sono affannati a spiegare che la Fiom ha torto e Marchionne ha ragione. Dai parlamentari ed ex parlamentari, consiglieri ed assessori regionali, sindaci ed amministratori spezzini del Pd e del centrosinistra invece non viene una parola.

La pensano anche loro come Marchionne e come Morando, Veltroni, Ichino, D’Alema, Fassino? Se non è così – e lo spero davvero – che battano un colpo.

Sergio Olivieri, ex deputato di Rifondazione Comunista