Georgi Dimotrov: ennesima morte assurda
15 febbraio 2012, by admin
Archiviato in Lavoro, Primo piano
Giorgi Dimotrov sarà un altro nome da ricordare, segno indelebile della nostra inciviltà. Un nome che ci ricorderà tanti aspetti, tanto dolorosi quanto imbarazzanti per un paese civile.
Ci ricorderà che il lavoro in questo Paese non è più un diritto ma una merce, come continuano a dirci i mantra del presidente Monti e ci ricorderà che morire sul lavoro non è un incidente ma una costante.
Ci ricorderà che un migrante quando viene in Italia non lo fa per delinquere ma per sopravvivere, fino a quando, lavorando, non morirà.
Giorgi ha concluso la sua agonia dopo un mese dall’esplosione di quel metanodotto di Tresana mentre ancora altri suoi colleghi italiani, sono in ospedale per quell’evento. Vogliamo ricordare Giorgi come tutti colori i quali perdono la vita durante l’esercizio di un loro diritto e continueremo a dire che, come comunità, dobbiamo vergognarci di non essere in grado di far rispettare il primo articolo della nostra Costituzione.
Vogliamo ricordarlo con la consapevolezza che tutti noi non dobbiamo solo spendere parole sentite, doverose, per un fatto drammatico. Dobbiamo avere il coraggio di denunciare ciò che non va, di dire che ciò non accade per caso, o per disgrazia, ma perchè il lavoro e la sicurezza sono ancora concepiti come costi, specie in un contesto dove impianti pericolosi evidentemente non hanno sufficienti garanzie per garantire la vita di chi ci lavora o di chi vive in prossimità.
Tutto ciò deve far riflettere chi demonizza sicurezza nei luoghi di lavoro, chi stigmatizza la possibilità di riconvertire economie rispettando ambiente e dignità di chi lavora. Siamo stanchi di dire che il campo dei diritti non è una categoria merceologica. Quante altre morti assurde lo devono dimostrare?
Federazione provinciale Rifondazione Comunista/Fds La Spezia
Lunigiana, acqua e fuoco
19 gennaio 2012, by admin
Archiviato in Dalla Provincia, Primo piano
di William Domenichini – tratto da DemocraziaKm0.org
La Lunigiana non ha fatto in tempo ad allestire i cantieri della ricostruzione post-alluvionale dopo quel drammatico 25 ottobre, che oggi fa i conti con un nuovo disastro: l’esplosione al metanodotto di Barbarasco, che dimostra un primo provvisorio bilancio già agghiacciante con 10 feriti di cui 3 sono operai che stavano lavorando alla condotta. L’esplosione ha provocato un cratere largo 25 metri, profondo 8 e l’incendio che ne è conseguito ha interessato un’area di oltre 400 metri di raggio, con fiamme altissime che hanno distrutto 5 abitazioni.
La conferma, caso mai ce ne fosse stato il bisogno, delle tesi di chi denuncia la pericolosità di certi impianti. Un disastro che riporta violentemente all’ordine del giorno il tema della sicurezza, ma che alla Spezia fa immediatamente pensare alla bomba che si trova nel Golfo dei Poeti e si chiama Panigaglia, pericoloso non per decisione di chi lo contesta ma perché sottoposto alla direttiva Seveso sugli impianti a rischio di incidente rilevante.
La GNL Italia da tempo chiede il triplicamento del primo rigassificatore d’Italia, con un progetto che prevede un aumento di capacità da 3,5 a 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Tutto senza l’ombra di un piano d’emergenza esterno disposto dalla normativa, nessun dettaglio sui termini della bonifica dei fondali dovuta al dragaggio dell’area interessata dalla movimentazione della navi gasiere (dai 2 ai 3 milioni di metri cubi di fondale asportato per consentire il transito alle gasiere che arrivano a 145.000 metri cubi di gas) e una totale incongruenza con i tre livelli di pianificazione urbanistica, da quello comunale a quello regionale.
Esplode il metanodotto a Tresana, Rifondazione: “Ora sappiamo sulla nostra pelle qual è il rischio”
18 gennaio 2012, by admin
Archiviato in Ambiente, Dalla Provincia, Primo piano
L’incendio al metanodotto in località Tresana di Barbarasco conferma, caso mai ce ne fosse stato il bisogno, le nostre tesi sulla pericolosità di questi impianti. Le immagini che ci giungono dalla Lunigiana sono drammatiche e devono porre a tutta la classe dirigente politica spezzina, e non solo, domande serie su quale futuro vogliamo garantire ai nostri cittadini.
Dalle prime testimonianze si è subito assunta la drammaticità dell’evento, ed è chiaro che un disastro del genere avrebbe dimensioni ancora più grandi se avvenisse in situazioni dove il contesto è ancor più problematico. E’ il caso del rigassificatore di Panigaglia, impianto a rischio non per decisione di Rifondazione Comunista ma perchè sottoposto alla direttiva Seveso sugli impianti a rischio di incidente rilevante.
A chi in questi anni ci ha tacciato di demagogia e di miopia politica chiediamo di fare una riflessione attenta e più seria sulla natura e sulla pericolosità di impianti da mettere in discussione sulla base di seri progetti di riconversione economica che tenga conto della sicurezza dei cittadini.
Esprimiamo dunque tutta la nostra vicinanza alla popolazione coinvolta nella speranza che questa vicenda si risolva senza vittime ma con l’apertura ad una riflessione attenta e responsabile da parte degli enti locali che fanno i conti con questi impianti.
Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia