“Scomparsa del partigiano Brizzi grave perdita per tutti gli antifascisti. Dobbiamo raccogliere il testimone per difendere Resistenza e Costituzione”

12 ottobre 2013, by  
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La federazione spezzina di Rifondazione Comunista si unisce al profondo cordoglio di tutta la nostra provincia per la scomparsa del partigiano Bruno Brizzi “Cammello”, presidente onorario dell’Anpi provinciale La Spezia.

La morte di un partigiano è un grande dolore per tutti gli antifascisti. Occorre raccogliere il messaggio che ci hanno lasciato durante tutta la loro vita di combattenti prima e di attivisti dopo, all’insegna dei valori che hanno animato la Resistenza, valori che si stanno lentamente perdendo. Difendere la Resistenza e la Costituzione italiana dagli attacchi continui che ne vengono fatti da più fronti, è e sarà per noi il modo migliore di ricordare ed onorare figure di tale spessore come Bruno Brizzi. Rifondazione si stringe nel dolore dei familiari di Bruno e all’Anpi La Spezia in queste tristi ore di lutto.

Massimo Lombardi

Segretario provinciale Rifondazione Comunista La Spezia

“Morte di Fasoli grande perdita per Spezia e Follo: se ne va un altro simbolo della Resistenza e della Democrazia”

8 giugno 2013, by  
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La federazione provinciale spezzina di Rifondazione Comunista e il circolo Prc di Follo “XXVIII luglio ’44” piangono la scomparsa del compagno Giuseppe Fasoli, partigiano valoroso, primo sindaco di Follo dopo la Liberazione e per un decennio deputato spezzino nelle file del Partito Comunista Italiano.Con Fasoli se ne va un altro pezzo della nostra storia, che è stata senza dubbio la pagina migliore di questo Paese: quella che ha visto il valore e il coraggio dei ragazzi della Resistenza, il loro amore per la democrazia, la loro grande forza nel combattere la barbarie nazifascista, la dedizione alla causa per la ricostruzione fisica e morale di un popolo raso al suolo dalla guerra e dalla più odiosa delle dittature.

Valori che purtroppo stanno sempre più scomparendo, dal momento che oggi gli eredi di quello che fu il partito di Fasoli compongono senza alcuna vergogna lo stesso governo con chi ha sempre fatto del disprezzo della Resistenza, dell’Antifascismo, e della Costituzione repubblicana la sua becera bandiera.

Ai familiari del compagno Fasoli il più sentito cordoglio da parte di Rifondazione Comunista.

Ora e sempre Resistenza!


Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia

Rifondazione Comunista, circolo “XXVIII luglio ’44” Follo

Massimo Lombardi: “Una nuova segreteria per proseguire le lotte a tutto campo di Rifondazione Comunista”

16 gennaio 2012, by  
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E’ stata presentata lo scorso sabato mattina nella sede di Rifondazione Comunista spezzina la nuova segreteria provinciale del neo segretario Massimo Lombardi, eletto nei giorni scorsi dal Comitato Politico Federale del Prc.

Una composizione in continuità con la precedente segreteria, ricca di giovani e giovanissimi elementi oltre ai “giovani dentro” come il comandante partigiano Luigi Fiori, 92 anni, nominato Presidente onorario del partito con la delega speciale all’antifascismo “Ieri e oggi“.

Un primo segnale importante lanciato alla società civile e alla Sinistra tutta: non si può fare a meno dall’antifascismo militante e dai valori fondanti della Resistenza partigiana il cui messaggio deve continuare ad essere trasmesso alle nuove generazioni.

Lombardi ha ringraziato in particolare la segretaria uscente Chiara Bramanti il cui preziosissimo lavoro nei tre anni precedenti in un periodo di grande difficoltà del partito a livello nazionale ha riattivato l’azione politica di Rifondazione sul territorio spezzino dando sempre gambe alle numerose istanze del Prc fuori e dentro le istituzioni, a partire dalla lotta per i beni comuni e l’aqua pubblica.

Sei elementi su dieci sono reduci dalla segreteria precedente: Massimo Carosi, Luca Marchi, Paolo Magliani, William Domenichini e Jacopo Ricciardi. Tra le new entry i nomi di Antonella Guastini alle politiche del lavoro,  Sara Zolesi alla tesoreria, Diego Ravera alle politiche sociali e del non ancora ventenne Filippo Vergassola come responsabile scuola, università e conoscenza.

Infine invitati permanenti, oltre agli assessori del territorio e al presidente onorario Fiori, saranno il responsabile giustizia Rosario Conte, la responsabile pace, migranti e associazionismo Giulia Sergiampietri e la responsabile diritti civili e Glbtq Serena Lombardi.

Lotta senza quartiere alle politiche governo Monti e difesa dei diritti dei lavoratori e delle fasce deboli saranno i pilastri dell’azione politica della segreteria che, a livello locale, intende tradurli con la preziosa interlocuzione dei comitati cittadini e di tutta la società civile, oltre ovviamente agli alleati del centrosinistra la cui discussione sulle primarie per il capoluogo spezzino resta aperta. In ogni caso Rifondazione è pronta a fare la sua parte con un ruolo da protagonista sul dibattito sul futuro della città.

Di seguito i nominativi e i ruoli della nuova dirigenza:

Segreteria Provinciale

Massimo Lombardi, Segretario provinciale, Responsabile Enti locali, Sanità, Cultura

Luca Marchi, Responsabile Organizzazione

Jacopo Ricciardi, Responsabile Movimenti, Osservatorio sulla repressione, Rapporti con la stampa

William Domenichini, Responsabile Beni comuni, Ambiente e territorio, Democrazia partecipata

Diego Ravera, Responsabile Politiche sociali

Filippo Vergassola, Responsabile Scuola, Università e Conoscenza

Massimo Carosi, Responsabile Partito sociale, Cooperazione internazionale

Paolo Magliani, Responsabile Comunicazione, Propaganda e Sicurezza sul lavoro

Antonella Guastini, Responsabile Politiche del lavoro

Sara Zolesi, Tesoriera

Invitati permanenti

Luigi Fiori, Presidente onorario, Responsabile Antifascismo ieri e oggi

Rosario Conte, Responsabile Giustizia

Giulia Sergiampietri, Responsabile Migranti, Pace, Associazionismo

Serena Lombardi, Responsabile Diritti civili, Glbtq

 

Rifondazione Comunista, federazione provinciale La Spezia

La morte di Giorgio Bocca: addio a un partigiano giornalista

27 dicembre 2011, by  
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Di Stefano Galieni, www.controlacrisi.org


Giorgio Bocca se ne è andato, a 91 anni dopo averne viste e fatte tante. Ci mancherà anche se non era comunista, anche se per qualcuno, forse troppo miope, era anti comunista e sbagliava. Basta leggere con cura le invettive scritte negli ultimi anni sul Venerdì di Repubblica, basta leggere la sua indignazione verso una forbice che si allargava fra chi più aveva e chi più era escluso. Bocca era stato partigiano, comandante partigiano, e conservava ancora quel lucido schierarsi quel decidere da che parte stare. Coglieva il fascismo della seconda repubblica, non il ciarpame berlusconiano ma i dettagli di una logica neoautoritaria in cui il lavoro non conta più in cui la speculazione e la finanza muovono e decidono su tutto, in cui la politica rinuncia al suo ruolo.

Avesse avuto 30 anni di meno lo avremmo forse visto in piazza e non certo dalla parte di Marchionne, con gli studenti e non con la Gelmini, con i precari e non con i retaggi del programma di Sacconi. Bocca restava soprattutto antifascista, nel sangue e nell’occhio con cui guardava il mondo, il Paese e le sue miserie, disprezzava tanto i governanti quanto la finta opposizione, parlava, lui ultranovantenne, dell’importanza di salvare la terra come bene comune.

Scriveva su Repubblica solo grazie al fatto che  di quel giornale aveva fatto la fortuna, avesse avuto meno prestigio, lo avrebbero già sbattuto fuori, troppo fuori dal coro, così poco adatto ai miasmi veltroniani. Il suo giornalismo era partigiano, antifascista e laico e poco si sposa con la palude quotidiana. Non piaceva a tanti Bocca, gli stessi che oggi lo rimpiangono con lacrime false e fastidiosi omaggi, di quelli che avrebbe scacciato con un calcio, da montanaro rude e diretto, privo di doroteismo. Alcune sue idee erano frutto di pregiudizi assurdi, sul Sud, sui giovani, ma nel piatto della bilancia pesa anche il fatto di aver voluto, forse per primo, considerare la lotta armata non con le solite frasi sbrigative ( problema di ordine pubblico) ma come segno di una profonda inquietudine sociale che nasceva in fabbrica e entrava nelle mutazioni delle città, delle metropoli, forse perché invece di limitarsi a osservare, lui con i militanti delle BR ci parlava. Un giornalista che ci mancherà, un partigiano in meno in un Paese che ha bisogno ancora e molto di partigiani

 

Di seguito uno degli ultimi articoli  di Giorgio Bocca uscito su L’Espresso il 28 novembre scorso riguardo al dissesto idrogeologico del nostro Paese:

I dissesti? Tutta colpa nostra

di Giorgio Bocca

I disastri causati dalle alluvioni sono colpa degli uomini, non dei mutamenti climatici. Perché prima si costruisce senza criterio e poi non si ha la capacità di affrontare le emergenze

(28 novembre 2011)

 L’alluvione a Messina. Si dice che le alluvioni sono “sciagure naturali” dovute al mutamento climatico e alle forze che dominano l’uomo. E’ uno dei modi per non assumere le nostre responsabilità. Mentiamo anche con la natura, fingiamo che le colpe siano sempre tutte sue. Non è così: la presenza degli uomini è decisiva, nei paesi desertici le alluvioni possono fare ciò che vogliono ma non danneggiano nessuno, nelle zone umanizzate sono disastrose.

Qual è stata nella recente alluvione di Genova la responsabilità maggiore dei danni? I comportamenti abituali degli uomini in tema di alluvioni. Prima le prepariamo costruendo nelle zone in cui dovrebbero esondare le acque di piena, poi aggraviamo il disastro continuando a vivere nel corso delle alluvioni come se non ci fossero: bambini a scuola, automobili nelle strade, cittadini lenti a rifugiarsi anche sulle alture. Sicché vista dall’alto, vista da un terrazzo, la piena di un fiume appare come una corsa pazza di persone che non sanno cosa fare, dove andare, come ripararsi.

Ho conosciuto il comportamento dei miei simili anni fa durante l’inondazione del Polesine. Il Po era in piena da almeno una settimana, ma nel Polesine nessuno se ne curava. Solo la guardia municipale di un paese vicino a Ferrara, Occhiobello, si decise a sfidare quanti non volevano spaventare la gente di Occhiobello dando l’allarme suonando le campane, e il Po stava già precipitando nella breccia da cui stava invadendo le zone di Adria e Rovigo. Fu la mia scuola di alluvione.

Strana scuola, alle prime ore del mattino partivamo in auto da Ferrara, raggiungevamo il grande lago formatosi con la piena, salivamo sugli anfibi dei vigili o dei soldati arrivati in soccorso da tutta Italia e giravamo per quel mare immobile e azzurro in cui si specchiavano le nevi delle Alpi. Gli abitati apparivano con i loro campanili sorgenti dalle acque, si vedeva la gente che si era rifugiata sui tetti, alcuni erano rimasti impigliati come uccelli fra i rami di un albero. Un giorno arrivammo a Adria, la gente alle finestre applaudiva, la strada principale era diventata una specie di Canal Grande, a un balcone le signorine del bordello salutavano festose come educande.

Chi è scampato a un’alluvione sa bene quali sono le colpe e gli errori fatti dagli uomini. Anni fa feci un viaggio lungo il Po dalla sorgente alla foce. Era chiaro che almeno la metà delle case da Revello in poi sarebbero state allagate. Il disastro predisposto dagli uomini continuava per tutto il corso del fiume: scomparsi i canali di scolo dei boschi, asfaltate tutte le strade, un mantello di cemento attorno alle città, nessun taglio degli alberi cresciuti lungo le rive, una proliferazione di pioppi che non potevano trattenere le acque. E sì che gli spazi nella pianura del Po ci sembravano enormi, in Liguria in quegli stretti spazi strappati alla montagna la morte come dei topi in un secchio era sicura.

Un altro fatto importante nelle alluvioni dipende dalla “civiltà idrica” degli uomini: ci sono regioni in cui sono avvenute alluvioni disastrose, come il Friuli e il Biellese, in cui spontaneamente, per tradizioni storiche, gli abitanti del posto hanno immediatamente iniziato la ricostruzione e nel giro di poche settimane hanno rimesso le strutture del paese in condizioni di funzionare. A seguito di altre catastrofi nei paesi arretrati del Sud, come in Irpinia o nel Belice, le conseguenze e i danni si sono protratti per anni. In alcune zone d’Italia progredite gli uomini e le loro organizzazioni reagiscono immediatamente, mentre in altre comincia la lagna dei soccorsi dello Stato che non arrivano.

Il dramma di questo Paese è di avere queste contraddizioni che non possono essere guarite dall’intervento del governo, ma sono connaturate alla storia delle popolazioni.

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