Domenichini: “Avevamo ragione nel dire che sul nucleare Berlusconi sta ingannando il popolo italiano”

26 aprile 2011, by  
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Nel giorno del 25° anniversario di Chernobyl Berlusconi ha “svelato” l’ipocrisia delle scelte del suo governo in materia di nucleare. Siamo di fronte ad un fatto inaudito per la vita democratica del paese, con una maggioranza parlamentare che tenta di cestinare un referendum con trucchi e ipocrisie, mentre il presidente del consiglio “onora” li impegni capestro per l’acquisto dei reattori EPR francesi. Berlusconi ammette che il referendum avrebbe vinto, quindi ha predisposto di farlo annullare e questo basterebbe per dichiarare un’emergenza democratica nel nostro paese.

Tutto ciò in un coacervo di dichiarazioni da bar, con una disinformazione inconcepibile da qualsiasi altro leader europeo, dimostrando perfino di non sapere come funziona il sistema di produzione di energia elettrica italiano: le nostre centrali sono in grado di erogare una potenza massima netta di circa 100 GW contro una richiesta massima storica di quasi 56 GW. In altri termini il nostro paese è tecnicamente autosufficiente per l’energia elettrica, anzi è in eccedenza di potenza installata rispetto alla domanda media del 55% ma, da quando il settore è stato privatizzato, si ha un sistema inefficiente ed i costi dell’energia elettrica tra i più alti d’Europa, perché gli elevati costi di gestione ed i problemi di distribuzione fanno convenire il mantenimento di centrali spente, o a basso regime, e comperare energia dall’estero (circa il 13%).

Quello che Berlusconi non dirà mai che la Francia, terra promessa del nucleare, ha i consumi di petrolio pro capite più alti d’Europa, per il semplice motivo che l’energia per i trasporti proviene da idrocarburi. Non solo, le centrali nucleari non si possono regolare per seguire la variazione di domanda come altri sistemi di generazione, quindi il sistema elettrico francese è assai rigido e per coprire le richieste di picco della rete, i reattori producono un surplus in ore di minimo, svendendo elettricità a prezzi molto bassi, mentre in situazioni di picco la devono acquistare dall’estero. Non è un caso nessun governo francese si è azzardato a privatizzare EDF.

Di fronte alla tragedia di Fukushima, tutt’ora in atto, la risposta del governo Berlusconi è  stata quella della fuga, della menzogna e del pressapochismo. Ora tutti sanno che ciò che abbiamo dichiarato riguardo all’inganno del governo sul referendum era la verità: le parole di Berlusconi sono la conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, dell’intenzione di voler prendere in giro gli italiani, calpestando in modo autoritario il diritto ad esprimersi sul nucleare, sulla sicurezza ambientale e la sopravvivenza delle generazioni future del nostro paese. La speranza, dopo questa aperta confessione al limite dell’imbroglio, è che la Corte valuti anche questo elemento di palese inganno nel valutare la sopravvivenza del quesito referendario.

Rifondazione comunista ha proposto e fatto approvare il divieto di installare impianti di produzione di energia nucleare o di stoccaggio di scorie sul nostro territorio, a partire dal comune capoluogo. Ora chiediamo un impegno dei sindaci spezzini a farsi garanti della nostra comunità contro questo inganno, a partire dal comune della Spezia dove è stata presentata una mozione urgente dal nostro capogruppo Bucchioni. Il 12 giugno vogliamo votare per 4 SI: contro il nucleare, per l’acqua pubblica e contro il legittimo impedimento.

William Domenichini
Responsabile prov.le Ambiente e beni comuni – PRC La Spezia

Berlusconi, il lungo addio. Così lo ricorderemo

5 ottobre 2010, by  
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Silvio Berlusconi sarà nei manuali di storia e con il suo nome si battezzerà un’epoca della politica italiana. Così ha scritto Antonio Gibelli, professore dell’Università di Genova, in un libro – Berlusconi passato alla storia – pubblicato quest’anno da Donzelli di cui sta per uscire una seconda edizione aggiornata, anche in Francia dove il soggetto interessa assai.

Professore, ci siamo davvero? È possibile che la settimana appena trascorsa sarà considerata la data della fine del berlusconismo?
Nel giudicare il declino di Berlusconi è meglio non cercare una data precisa del tracollo e ragionare nei termini della consunzione interna, della implosione. Di certo non c’è più il contesto che ha giustificato il successo di Berlusconi. Nel senso che va esaurendosi la sua funzione storica, parzialmente indipendente dalle sue motivazioni e dai suoi interessi. Quella funzione era stata riempire un vuoto, unificare e far vincere le destre nella fase drammatica della transizione in cui era crollato il vecchio sistema. Il vuoto è stato riempito, le destre hanno vinto e ora tornano a separarsi. La più importante linea di frattura è quella che separa la destra fin qui vincente, populista, tendenzialmente eversiva da una destra ancora in gestazione, che ha abbracciato il lealismo costituzionale, è rispettosa delle istituzioni e assume la legalità come discrimine: tutto l’opposto del berlusconismo.

Davvero tutto l’opposto? Fini per rispondere alle critiche e ai dubbi sulla famosa casa di Montecarlo ha usato il metodo prettamente berlusconiano del videomessaggio che non consente domande.
Non direi, Fini si è difeso. Ha fatto bene a non esporsi ai morsi dei mastini di Berlusconi, specialisti nei colpi bassi, nell’aggressione a tradimento. Gente che – come Feltri nel caso Boffo – usa documenti falsi per distruggere i nemici del capo. Fini sapeva che le sue parole andavano misurate col bilancino perché la sua è una lotta mortale. Può essere annientato e se lo fosse sparirebbe, almeno per il momento, l’ipotesi di una destra costituzionale capace di stare in Europa.

Quando parla di esaurimento del contesto che ha segnato l’ascesa di Berlusconi intende dire che la politica italiana piano piano è cambiata, che anche il modello leaderistico e spettacolare è in crisi?
No, quelle caratteristiche che hanno alimentato il berlusconismo ci sono ancora tutte: la personalizzazione, il ridimensionamento del ruolo dei partiti, le tendenze antipolitiche e il ruolo preponderante della televisione. Ma a mio modo di vedere il berlusconismo rappresenta l’incarnazione estrema e la patologia di queste tendenze che senza di lui possono anche permanere, ma mitigate, non eversive e compatibili con la democrazia liberale. Mentre con Berlusconi, che pretende di trattare lo stato come sua proprietà, producono un collasso della democrazia. Berlusconi è stato l’interprete estremo, più creativo e coerente dell’antipolitica. Un fattore chiave che domina ancora. Anzi, il declino del berlusconismo aumentando la confusione e in assenza di una forte alternativa potrebbe persino accentuare questa tendenza, gettando ulteriore discredito sulla politica.

In altri termini il populismo berlusconiano costringe l’opposizione sullo stesso terreno? È per questo che si affermano Grillo e Di Pietro?
Distinguerei. Di Pietro accentua i toni ma in fondo fa politica e pensa alle alleanze. Grillo invece ha un atteggiamento palingenetico: solo da un rifiuto totale della politica può nascere la salvezza e così si condanna a un ruolo di testimonianza. È la rappresentazione più tipica dell’antipolitica ma non per gli argomenti che propone, che anzi sono tutti razionali e fondati e a mio modo di vedere anche condivisibili, di lui ho una certa stima, ma per il modo apocalittico nel quale li presenta. È lo specchio di Berlusconi che è stato il grande inventore di questo nichilismo che distrugge la politica utilizzando, come ha notato molto bene Michele Prospero, gli aspetti comici. Berlusconi usa il comico per distruggere la politica, Grillo per dire cose serie.

Nei suoi interventi in parlamento Berlusconi non è stato affatto comico, se non involontariamente nel senso che si è presentato come una personalità moderata e conciliante che sta realizzando le promesse. Questo messaggio pubblicitario, palesemente falso, è forse quello veramente efficace, in definitiva più di quello farsesco e antipolitico?
A questo punto non direi proprio. Il meccanismo pubblicitario è logoro, consumato. Non funziona più per una sorta di effetto stanchezza. Il potere mediatico non è tutto, deve avere una sua forza interna altrimenti non funziona, anche se lo ripeti infinite volte da tutti i media che controlli. Si vede lontano un miglio che la «nuova storia italiana» ha perso freschezza e credibilità, non appassiona più. Il suo stesso protagonista non ha più smalto, anche dal lato corporeo su cui ha tanto investito. È appesantito, lamentoso, la sua espressione non è più accattivante ma indurita, quasi sofferente, la deambulazione è diventata goffa, forzata. Basta confrontare i rotocalchi di propaganda per immagini da lui prodotti, Una storia italiana (2001), La vera storia italiana (2006), Noi amiamo Silvio (2009). Se nelle prime immagini, pure all’interno di una cornice convenzionale abbastanza stucchevole, non mancavano elementi di leggerezza e allegria, sfondi floreali, ora dominano toni tronfi e cupi, in un crescendo di ritocchi fotografici che lo fanno apparire come una statua di cera. In questo abbiamo conferma dei limiti del restauro: l’unico modo per preservare eternamente il corpo è imbalsamarlo dopo morto (come fu tentato con Mazzini e si fece con Lenin).

È per questo che il tramonto del capo è cominciato quando si sono diffusi tutti quei dettagli imbarazzanti sulla sua vita privata, le escort, la moglie che lo lascia?
Sono convinto di sì, quelle vicende hanno avuto un peso maggiore di quanto si sia capito allora. È come se l’immagine di Berlusconi fosse stata vulnerata per eccesso. Perché diventava iperbolica la sua capacità di fare tutto, di essere sempre presente, di andare a tutte le feste con tutte le donne. In questo c’era un principio della fine, le mitologie possono esplodere per ridondanza. Il mito, come ha spiegato a proposito di Mussolini Luisa Passerini, si gonfia si gonfia e alla fine esplode. Quando è partita la vicenda di Noemi ho cominciato a pensare che Berlusconi stesse esplodendo.

Guardando a cosa ci aspetta, è possibile che l’espulsione di Fini dal circuito berlusconiano – in fondo era l’ultimo dei vecchi politici in quel giro – consegni l’eredità del cavaliere alla Lega? Può essere il leghismo xenofobo l’evoluzione del berlusconismo?
Io non vedrei la cosa come una successione temporale. Al momento mi pare che i due protagonisti della maggioranza, la Lega e il Pdl, siano concorrenti ma affratellati. Le Lega è un partito xenofobo, etnocentrico, tendenzialmente secessionista che mira a sostituire il potere padano al potere dello stato. Il Pdl è un partito legato al potere centrale, che però utilizza per i fini personali del presidente del Consiglio. Direi che vanno insieme, sono gli attori della stessa deriva eversiva.

E allora quale sarà la porta d’uscita dal berlusconismo? La stessa dalla quale siamo entrati, il ritorno dei partiti e del loro controllo sul parlamento? È per questo che in molti prevedono la fine del bipolarismo?
In termini di metodo storico non si può mai tornare indietro. Non c’è riuscita nemmeno la restaurazione dopo Napoleone. Escluderei con certezza un ritorno all’indietro, e non so dire se sia un bene o un male. Non penso che la vecchia cosiddetta partitocrazia possa risorgere dalle sue ceneri, al contrario per evitare un disfacimento totale bisognerà avere la forza di pensare il nuovo: i vecchi partiti fortemente strutturati con procedure dall’alto verso il basso non hanno più senso.

Eppure si fa tanto l’elogio della Lega come partito vecchio stile, con militanti e sezioni impiantati sul territorio.
Secondo me è un grosso equivoco. La Lega funziona per le sue parole d’ordine che interpretano e esasperano le paure collettive. Anche in nazisti avevano un partito radicato sul territorio. Non è per quello che si sono affermati ma per la loro capacità di evocare in termini simbolici le paure e le pulsioni profonde. Così fa la Lega che cresce non per la sua struttura ma per il suo linguaggio.

Conclusione: leghismo e berlusconismo continueranno a marciare uniti. E a guidarli saranno la figlia e il figlio dei fondatori, ci crede?
Nei movimenti a base carismatica accentuata è evidente che non si può pensare a una successione ordinaria e allora viene in mente una successione di tipo monarchico. Che tuttavia produce esiti grotteschi nel caso del figlio di Bossi. E esiti direi improbabili nel caso di Marina Berlusconi perché suo padre non può avere successori e non li avrà. La sua esperienza è irripetibile.

di Andrea Fabozzi (ilmanifesto.it)

The corrupt Reign of Emperor Silvio

22 aprile 2010, by  
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Nel corso dell’ultimo anno, la vita politica italiana ha finito per assomigliare ad uno strano incrocio tra una telenovela messicana e una descrizione svetoniana degli eccessi imperiali dei Cesari. Inizialmente ci sono state le rivelazioni sul particolare rapporto tra il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e Noemi Letizia, una ragazza adolescente di Napoli che lo chiamava “Papi”, suscitando speculazioni sul fatto che fosse una figlia illegittima oppure un’amante minorenne. “Vorrei che fosse sua figlia!” Ha commentato Veronica Lario, moglie di Berlusconi; quest’ultima ha chiesto pubblicamente il divorzio, dichiarando di non poter più restare con un uomo che “frequentava minorenni” e “non stava bene”.

Sono seguite le fotografie dei festini con ragazze in topless e politici senza mutande presso la villa del piacere di Berlusconi in Sardegna, che richiamavano immagini di Tiberio a Capri. Infine, c’è stato il caso delle escort che partecipavano alle feste di Berlusconi al palazzo presidenziale di Roma; molte di loro erano pagate da un uomo d’affari del sud Italia interessato ad ottenere appalti dal governo per la sua azienda di forniture ospedaliere.

Il comportamento bizzarro di Berlusconi ha continuato a riversarsi sui rapporti internazionali, causando una serie di episodi imbarazzanti. Apparentemente geloso del potere della fama di Barack Obama, ha definito il neoeletto presidente americano “alto, bello e abbronzato” e in seguito, spiegando perché non sarebbe stato presente all’insediamento di Obama, ha dichiarato di essere una stella, “non una comparsa”. Dopo aver incontrato Michelle Obama, ha notato che anche lei era abbronzata.

Allo stesso tempo, come un altro spettacolo di questo circo, c’erano i continui problemi legali di Berlusconi, una saga in atto da sedici anni che ha lasciato una lunga scia di prove di corruzione, mazzette e rapporti con la criminalità organizzata. Lo scorso ottobre, la più alta corte italiana ha respinto una legge, proposta dallo stesso Berlusconi, che gli avrebbe garantito l’immunità giudiziaria durante la sua carica. Ciò ha significato che si è ritrovato ancora una volta imputato in un processo in cui il suo ex avvocato inglese, David Mills, era già stato condannato per aver preso una bustarella di 600.000 dollari dall’azienda di Berlusconi per evitare che fosse fatto il nome di quest’ultimo in un’altra serie di indagini di corruzione.

I critici di Berlusconi hanno chiesto le sue dimissioni e, grazie ad Internet, hanno organizzato una protesta di massa a Roma il 5 dicembre chiamata “No Berlusconi Day” che, nonostante l’evidente assenza dei maggiori partiti d’opposizione, ha richiamato circa 350.000 italiani. Berlusconi ha proclamato, esagerando come al solito, che l’Italia era sull’orlo di una guerra civile. E proprio quando tutti pensavano che la situazione non potesse peggiorare, il 13 dicembre un uomo con dei precedenti di instabilità mentale l’ha colpito in viso con una riproduzione in pietra del duomo di Milano durante un comizio politico in città, spaccandogli il naso e due denti.

Nel giro di poche ore, i suoi alleati politici – Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, leader della coalizione di Berlusconi al Senato e in Parlamento – hanno organizzato una feroce offensiva, insistendo sul fatto che mentre l’assalitore del Presidente del Consiglio potesse essere uno psicolabile che agiva da solo, i responsabili “morali” dell’attacco erano i quotidiani, le riviste e i giornalisti che avevano creato un “clima di odio” intorno a Berlusconi. Il “partito dell’odio” avrebbe incluso quei giornalisti che hanno pubblicato notizie maliziose sulla sua vita privata, che hanno criticato i suoi molteplici conflitti d’interesse, che hanno scritto del caso Mills, e hanno segnalato i legami sospetti di Berlusconi con la criminalità organizzata. Tra i colpevoli vi erano anche i 350.000 manifestanti che avevano partecipato al “No Berlusconi Day” e i social network presenti su Internet, che i sostenitori di Berlusconi in Parlamento avevano cercato di regolamentare, senza successo.

Approfittando di un aumento nei consensi, Berlusconi è tornato a lavorare su una nuova legge che avrebbe eliminerebbe immediatamente i due processi in atto contro di lui – il caso Mills e un altro in cui la sua emittente televisiva, Mediaset, viene accusata di avere usato conti offshore per gonfiare i prezzi pagati per i diritti d’autore dei film, truffando così l’erario italiano per milioni di dollari che altrimenti avrebbe dovuto. Per evitare il sospetto che la legge concedesse uno status speciale a Berlusconi, è stata scritta in modo da assolvere molti altri criminali dal colletto bianco e potrebbe cancellare dagli 80.000 ai 100.000 processi. Secondo alcuni conteggi, Berlusconi ha approvato 18 leggi che sembrano essere state scritte ad personam, ma questa volta, né Berlusconi né i suoi alleati fanno alcuna pretesa che ci sia un ampio principio pubblico coinvolto. E’ il governo per e di una persona.

Un politico nella maggior parte degli altri Paesi democratici sarebbe stato annientato da uno qualsiasi di questi scandali, figuriamoci tutti quelli che si sono verificati in sequenza incessante nel giro di pochi mesi, eppure il potere di Berlusconi non è mai stato messo seriamente in discussione. Che cosa possiamo dedurre da questa strana situazione?

Il costante successo di Berlusconi – almeno, se misurato dai numeri delle elezioni – ha bisogno di spiegazioni. Si tratta semplicemente di una bizzarra anomalia italiana in cui uomini macho sessisti, uomini d’affari di successo e truffatori vengono ammirati invece che diffamati? Gli scandali di Berlusconi sono soltanto inezie e pettegolezzi da rotocalchi, una specie di opera buffa in cui i suoi sostenitori continuano a preferire lui ad un centro-sinistra debole, diviso ed incapace? E’ possibile che la telenovela di Berlusconi contribuisca in realtà al suo fascino, una fusione di politica ed intrattenimento prefigurata da quei programmi televisivi ridicoli, osceni e molto diffusi che sono stati la sua fortuna? E se gli indici d’ascolto e l’audience avessero sostituito i risultati concreti nel misurare il successo politico?

Berlusconi ha trasformato la vita politica di una nazione importante in una sorta di reality show di cui è la star, il produttore e il proprietario della rete: è il “survivor” supremo, che mentirà e ingannerà per eliminare gli altri dall’isola, ed è allo stesso tempo “il tronista” che distribuisce rose a un gruppo di donne giovani e belle. Considerate che i sondaggi di Berlusconi sono costantemente più favorevoli di quelli di Barack Obama. Come ha segnalato recentemente The Daily Beast, gli indici d’ascolto e i sondaggi di Obama sono scesi costantemente dopo che la sua legge sul servizio sanitario è stata indebolita e la disoccupazione è rimasta alta: “Il fatto è che aveva 49,5 milioni di ascoltatori durante il suo primo discorso sull’economia. Quando ha parlato del Medicare, ne aveva 24 milioni. Ha perso il proprio pubblico (…) E’ crollato nei sondaggi”. Berlusconi, che ha affrontato scandali pubblici simili a quelli di Tiger Woods e John Edwards, ha mantenuto il suo pubblico.

Berlusconi ha compreso che la politica moderna è una perenne campagna elettorale. Ai vecchi tempi, un presidente americano effettuava la campagna per sei mesi e governava per tre anni e mezzo. Obama ha seguito questo modello antiquato in maniera un po’ arretrata, lavorando ampiamente dietro le quinte per promuovere la riforma sanitaria ed altre legislazioni, mentre i repubblicani hanno tenuto il palcoscenico, affermando che il piano democratico imponesse “death panels” e la medicina sociale. Berlusconi non avrebbe mai lasciato che questo accadesse.

Diversi nuovi libri – insieme al film documentario Videocracy – sono usciti in Italia e descrivono gli scandali di Berlusconi dell’anno scorso (sia sessuali sia legali); inoltre, offrono qualche interpretazione sulla permanenza di Berlusconi al potere. Ciò che emerge è il fatto che gli scandali a sfondo sessuale sono, in un certo senso, una successione naturale dell’estrema “personalizzazione” del potere da lui incarnata. Berlusconi è salito al potere subito dopo la caduta del muro di Berlino ed il collasso delle ideologie che hanno dominato la politica italiana per buona parte del XX secolo. In Italia, i partiti politici rappresentavano le classi e i maggiori gruppi sociali. Se uno era un operaio, votava PCI; chi faceva il contadino oppure il piccolo commerciante, probabilmente votava DC. I leader politici – e le loro qualità personali – non erano particolarmente importanti.

Durante la guerra fredda, la DC insieme ad altri quattro partiti satellite hanno governato indisturbati per 45 anni allo scopo di tenere i comunisti lontani dal potere. Quando la guerra fredda è finita, la corruzione e l’inefficienza di un governo monopartitico è diventata improvvisamente intollerabile e la coalizione di governo guidata dalla DC è scomparsa da un giorno all’altro, lasciando la maggior parte dell’elettorato senza rappresentanza. Berlusconi ha riempito questo vuoto con straordinaria abilità, comprendendo che il suo impero mediatico – incluse le tre maggiori emittenti televisive private – era la più forte istituzione rimasta in piedi, e che la sua popolarità personale e il riconoscimento del suo nome si sarebbero potuti trasformare in una risorsa politica in un’era in cui la celebrità conta più dell’ideologia. Al posto della formazione sociale ed economica, le preferenze televisive – quali canali vengono guardati e per quanto tempo – sono ora l’indicatore migliore sulle preferenze politiche di un elettore.

Berlusconi ha personalizzato la politica in modo nuovo per l’Italia. Perfino nelle contese locali in cui non è candidato, il suo volto compare sulla maggior parte dei manifesti elettorali. Ha rotto i confini tradizionali tra privato e pubblico portando in Parlamento persone del proprio entourage personale – vallette televisive, i suoi avvocati, il suo medico, ragionieri e dirigenti delle sue aziende, e frotte di giornalisti e personaggi televisivi: tutti devono quasi tutto a lui. Ha contribuito a cambiare la legge elettorale affinchè gli elettori non potessero scegliere tra i candidati proposti dai partiti. Non si parla nemmeno di primarie o di elezioni all’interno dei partiti. E’ il segretario di partito a decidere chi candidare e dove. In questo modo tutti sono al servizio del capo e i politici individuali non possono rivendicare diritti speciali per attirare voti da soli. Sotto Berlusconi, i politici che hanno una base importante di sostegno nella loro regione d’origine sono stati rimpiazzati da personalità con un fascino piuttosto diverso: personaggi famosi della televisione in grado di far salire il profilo del partito, amici e colleghi del segretario di partito – e, sempre più spesso, belle ragazze dalla ridotta formazione politica.

Il film Videocracy – un documentario realizzato dal regista italo-svedese Erik Gandini – mostra come l’introduzione del sesso nella televisione italiana sia stato fondamentale per l’ascesa al potere di Berlusconi sin dall’inizio. La cultura italiana del secondo dopoguerra era piuttosto castigata – dominata dalla Chiesa Cattolica e dall’austero Partito Comunista Italiano. La TV commerciale di Berlusconi, nata negli anni ‘70, ha riempito gli schermi televisivi e le menti di quasi 60 milioni di italiani con una sfilata di giovani donne vestite succintamente o seminude, le cosiddette veline, o showgirl, che comparivano, in silenzio ma sexy, a entrambi i lati del presentatore televisivo. Il film descrive in maniera piuttosto efficace come soltanto comparire in televisione – ed essere trattati persino come un oggetto muto o un giocattolo sessuale – sia diventata l’aspirazione massima per due generazioni di italiani.

Uno dei momenti più significativi nella storia di Noemi Letizia, l’adolescente napoletana il cui ambiguo rapporto con Berlusconi – come viene descitto in Papi: Uno Scandalo Politico dei giornalisti Peter Gomez, Marco Lillo e Marco Travaglio – ha scatenato lo scandalo iniziale, è giunto quando lei ha dichiarato ad un intervistatore: “Ora sogno di fare la show girl” e ancora: “Ma sono anche interessata alla politica. Sono pronta a cogliere qualsiasi opportunità a 360 gradi”. Quando le è stato chiesto se si sarebbe presentata alle elezioni regionali, ha risposto: “Preferisco candidarmi alla Camera. Papi Silvio ci penserà”. Nel mondo di Noemi Letizia – e di Berlusconi – essere una showgirl e un parlamentare sono semplicemente due modi diversi per farsi strada e diventare famosi.

Alle elezioni politiche del 2008, Berlusconi ha effettivamente portato diverse ex-showgirl in Parlamento. Due di loro sono diventate ministri del governo, una delle pari opportunità, l’altra del turismo. Entrambe erano apparse come vallette nei programmi d’intrattenimento di Berlusconi. Si dice che una serie di conversazioni intercettate durante un’indagine rivelino che Berlusconi abbia avuto dei rapporti sessuali con alcune di queste donne, ma gli inquirenti hanno distrutto molte delle conversazioni di natura “puramente personale” perché non avevano rilevanza nell’inchiesta. Le intercettazioni rese pubbliche mostrano come Berlusconi usi il sistema televisivo pubblico come una specie di “casting couch”, ottenendo audizioni per le mie fanciulle per “sollevare il morale del capo”. In un’altra occasione, si è dato parecchio da fare per trovare un ruolo da attrice alla ragazza di un senatore del centrosinistra, sperando di riuscire a convincerlo a cambiare partito per rovesciare il governo di Romano Prodi, che era al potere all’epoca.

L’incidente che ha fatto infuriare inizialmente la moglie di Berlusconi, Veronica Lario, è avvenuto nel 2009, quando ha scelto con cura due dozzine di showgirl, molte di loro giovani donne poco più che ventenni, per essere preparate per diventare candidate al Parlamento Europeo. Poche tra di loro avevano esperienze politiche alle spalle. Una di loro aveva fatto la meteorina su una delle reti televisive di Berlusconi. Molte di loro avevano partecipato alle sue feste private. Ha allestito una scuola con lo scopo di dare loro una prima infarinatura sulla politica europea cosicché non sarebbero state in imbarazzo durante la campagna elettorale. La Lario ha denunciato queste donne come “ciarpame senza pudore (…) figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e il denaro“.

Quasi immediatamente, il quotidiano di destra Libero ha pubblicato una foto della Lario in topless presa dal suo passato di attrice, ricordando al pubblico che anche lei era stata una velina a suo tempo. Libero ha anche pubblicato un’informativa anonima e quasi sicuramente falsa in cui si affermava che la Lario avesse una relazione con la guardia del corpo, sostenendo che fosse questo – e non il comportamento del marito – ad aver provocato la spaccatura all’interno della famiglia del Premier. Questo tipo di giornalismo spazzatura a quanto pare non è spiaciuto a Berlusconi. Ha ingaggiato l’editore di Libero, Vittorio Feltri, come editore del quotidiano di proprietà di Berlusconi Il Giornale, in modo che possa condurre nuove campagne di assassinio mediatico contro altri nemici del capo.

La scena descritta dalla accompagnatrice a pagamento Patrizia D’Addario nel suo libro – una ventina di giovani donne vestite pressoché allo stesso modo, tutte in competizione per l’attenzione di Berlusconi, accarezzandolo e coccolandolo mentre lui le accarezza – è per molti versi la realizzazione della stessa fantasia maschile che Berlusconi diffonde da più di trent’anni dalle sue emittenti televisive. “Vuole essere adorato da tutte le donne che sono qui, gli piace essere toccato, accarezzato, da più mani contemporaneamente,” ha scritto nel suo libro “Gradisca, Presidente”.

“Io guardo incuriosita e il mio primo pensiero è che mi trovo in un harem. Lui è il sul divano e noi tutte, siamo venti ragazze, le donne a sua disposizione. Le più giovano facevano a gara a chi gli stava più vicina. Facendo l’escort pensavo di avere visto un bel po’ di cose, ma questa mi mancava, venti donne per un unico uomo. Le orge normalmente prevedono più o meno lo stesso numero di donne e di uomini, altrimenti è difficile distribuire piacere. Qui gli altri uomini non hanno voce in capitolo. C’era un unico maschio con diritto di copula, il Premier”.

Per molti versi, forse il momento più significativo nel libro della D’Addario è la chiacchierata avvenuta a colazione la mattina dopo aver trascorso la notte nella residenza del Premier, registrata su un registratore digitale. Berlusconi si vanta di tutti gli incontri internazionali da lui presieduti, un vertice del G8, un vertice del G14, uno del G16: “Sono l’unico al mondo ad aver presieduto due G8 e adesso ne presiederò un terzo. Sono IN-SU-PER-ABILE“.

La D’Addario non capiva molto di quello che stava dicendo. Malgrado la sua palese indifferenza nei confronti della politica, era stata scelta come candidata per il consiglio comunale di Roma all’interno della coalizione guidata da Berlusconi, anche se ha ricevuto pochissimi voti. Decise di non fare la campagna politica – e di rendere pubblica la sua storia – dopo che Berlusconi non ha mantenuto una promessa apparentemente fattale. Non ha mantenuto, scrive la D’Addario, la promessa di aiutarla a finire un progetto edilizio per la costruzione di un piccolo albergo.

Questo scandalo non ha abbattuto Berlusconi, in parte grazie al suo notevole controllo della televisione italiana e della stampa. Il direttore di RAI1 ha annunciato che non avrebbe trasmesso nulla riguardante gli scandali a sfondo sessuale di Berlusconi poiché si trattava di pettegolezzi e non di notizie – una linea che non ha mantenuto quando gli scandali coinvolsero politici di centro-sinistra. In effetti, le emittenti televisive e i quotidiani controllati da Berlusconi sono stati in grado di procurarsi dei contro-scandali nei confronti dei suoi critici. Poco dopo essere stato nominato capo de Il Giornale di Berlusconi e di essersi incontrato personalmente con lui, che in teoria non dovrebbe avere alcun contatto con il quotidiano, Vittorio Feltri ha dispettosamente pubblicato una storia sulla vita sessuale dell’editore del quotidiano cattolico L’Avvenire, Dino Boffo, che aveva osato criticare la condotta privata di Berlusconi.

Feltri ha pubblicato ciò che definisce un dossier in cui rivela che Boffo era stato accusato di molestie nei confronti di una donna che aveva un rapporto con un uomo di cui Boffo s’era innamorato. Boffo è stato costretto a dare le dimissioni anche se la domanda è rimasta: come ha fatto il quotidiano di Berlusconi a ottenere informazioni su quella che avrebbe dovuto essere un’inchiesta riservata della polizia? In modo analogo, Berlusconi ha ricevuto un altro regalo quando la polizia ha fatto e ha diffuso un video di un politico di centro-sinistra, Piero Marrazzo, mentre frequentava una prostituta transessuale brasiliana e sniffava cocaina. Per quanto si trattasse di una storia vera, era anche chiaro che la polizia, agendo dopo aver ricevuto una soffiata, ha teso una trappola a Marrazzo con la speranza di ricattarlo. Hanno anche fatto girare il video presso alcune riviste scandalistiche di Milano, prima tra tutte Chi di proprietà di Berlusconi; l’editore della rivista ne ha informato i proprietari del giornale e di conseguenza Berlusconi è venuto a conoscenza del video.

Lo scandalo è scoppiato, opportunamente, quando poteva creare tra il pubblico la maggior distrazione possibile dai guai di Berlusconi. Le frequentazioni di prostitute da parte di Berlusconi apparivano come un buon vecchio divertimento, paragonate ai rapporti con transessuali del politico dell’opposizione. Ci sono voci secondo cui le stesse riviste scandalistiche avrebbero del materiale compromettente su molti politici, che viene utilizzato per tenerli buoni. Esercitando il controllo sulla polizia, sui servizi segreti, sulla stampa scandalistica e sui principali sei canali TV, Berlusconi è in grado di fare e disfare scandali a piacimento.

Mentre la maggior parte dell’attenzione pubblica si concentrava, naturalmente, sugli stuzzicanti dettagli della vita sessuale di Berlusconi, per certi versi gli aspetti più gravi dello scandalo non ricevevano quasi attenzione. Giampaolo Tarantini, l’uomo che aveva pagato la D’Addario e molte altre donne perché partecipassero alle feste di Berlusconi, era a capo di una azienda di forniture ospedaliere in Puglia che cercava chiaramente di ingraziarsi il Presidente del Consiglio allo scopo di assicurarsi appalti governativi. Tarantini ha affittato una villa enorme pagando circa 70.000 euro al mese proprio accanto al palazzo del piacere di Berlusconi in Sardegna e ha organizzato una serie di feste piene di belle ragazze che fungevano da trappola per le mosche attirando Berlusconi ed altri pezzi grossi di cui aveva bisogno.

In Puglia e in Sardegna, gli inquirenti hanno ricostruito una squallida rete di clientelismo politico, prostituzione e cocaina, ma hanno fatto poco per quanto riguarda l’avvio del procedimento giudiziario. Paolo Guzzanti, un critico ex-sostenitore ed ex-impiegato di Berlusconi, scrive che l’Italia, piuttosto che essere una videocrazia, è diventata una “mignottocrazia” – in cui centinaia di migliaia di persone, uomini e donne, fanno dei servizi per i potenti, alcuni in cambio di denaro, altri in cambio di posti di lavoro, contratti e privilegi.

L’idea di una mignottocrazia ha guadagnato una notevole credibilità nelle ultime settimane con il delinearsi di un nuovo grande scandalo. Gli inquirenti di Firenze hanno arrestato e incriminato dozzine di appaltatori e ufficiali governativi che lavoravano presso il Dipartimento per la Protezione Civile del governo Berlusconi, l’equivalente italiano dell’americana Federal Emergency Management Agency. Berlusconi ha indicato questa agenzia come l’esempio più brillante della propria politica di un governo “del fare” invece di uno di sole chiacchiere. A Guido Bertolaso, capo del dipartimento, è stato attribuito il “miracolo” di aver tolto la spazzatura dalle strade di Napoli, di avere affrontato il terremoto in Abruzzo della scorsa estate e di aver gestito altri progetti nel settore dei lavori pubblici.

In effetti, se le accuse sono corrette, il dipartimento di Bertolaso è una brutta matassa di clientele, sprechi, corruzione e anche prostituzione. Si presume che uno degli appaltatori favoriti abbia organizzato una festa privata per Bertolaso con la partecipazione di prostitute. Bertolaso insiste affermando di avere ricevuto soltanto “massaggi terapeutici”, ma deve ancora spiegare perché sono stati distribuiti dei preservativi durante la festa. Si è scoperto che le spese di Giampiero Tarantini – colui che aveva pagato Patrizia D’Addario e le altre accompagnatrici a pagamento destinate a Berlusconi – non sono state inutili: sembra che lui e i suoi soci abbiano beneficiato illegalmente dell’agenzia per il lavori pubblici gestita da Bertolaso grazie alla presentazione fatta da Berlusconi.

Un anno dopo il terremoto, la città de L’Aquila, capoluogo dell’Abruzzo ed epicentro del disastro, appare come una città fantasma in cui i lavori per la ricostruzione non sono ancora iniziati. Il centro città è stato transennato come un cantiere e le videocamere della televisione sono state tenute fuori finché un gruppo di cittadini arrabbiati ha sfondato un cordone della polizia cercando di capire che fine avessero fatto le loro case. Sono rimasti esterrefatti vedendo che tutto era rimasto esattamente come l’avevano lasciato il giorno della scossa. Nel frattempo, la televisione pubblica controllata da Berlusconi mandava in onda un servizio sul “miracolo” degli sforzi per la ricostruzione dell’Abruzzo.

L’ultima serie di scandali aiutano a chiarire perché l’Italia berlusconiana sia sprofondata nella mediocrità. L’Italia è ultima in assoluto per quanto riguarda la crescita del Prodotto Interno Lordo pro capite tra tutti e 30 i Paesi appartenenti all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), un indicatore chiave della produttività e della ricchezza. In media, le nazioni OCSE hanno avuto un tasso di crescita annuale del 2,6% tra il 1994 (il primo anno che ha visto Berlusconi al potere) e il 2007, mentre l’Italia ha avuto una crescita annuale inferiore al 1,5%. Secondo Tito Boeri, se gli italiani non sono in rivolta è dovuto in parte al fatto che la recessione non ha scatenato una serie di fallimenti bancari, pignoramenti immobiliari e neppure una crisi del debito su scala nazionale come invece è avvenuto in Grecia. Tito Boeri è professore presso la Bocconi di Milano, la principale università nel campo dell’economia e gli affari, nonché editore de La Voce, un importante sito web che tratta di notizie e analisi economiche. “Ma se guardate al PIL e il reddito pro capite”, ha dichiarato:

“l’Italia sta peggio degli altri paesi industrializzati, peggio della Germania, degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e molto peggio della Francia, che ha un’economia simile. Stava male prima, da quando è cominciato il suo declino storico, e sta ancora peggio da quando è cominciata la recessione. Gli effetti della recessione sono stati più sopportabili perché i licenziamenti hanno colpito soprattutto i lavoratori giovani, molti dei quali vivono ancora coi genitori; la famiglia italiana ha ridotto l’impatto della flessione economica”.

L’Italia ha fatto poco o nulla per preparasi al futuro. La Spagna ha incrementato la popolazione universitaria di 7 volte da quando è tornata la democrazia nella metà degli anni ‘70 e ora quasi il 29% della sua popolazione adulta possiede un titolo universitario, mentre l’Italia si trascina in coda con solo il 12,9%. La norma nella OCSE è del 26%. L’Italia investe meno della metà della media OCSE nella ricerca. Invece, una delle caratteristiche principali del programma economico di Berlusconi è stato il cosiddetto scudo fiscale che ha permesso a coloro che avevano nascosto dei patrimoni all’estero di riportarli in Italia pagando soltanto 5 centesimi per ogni dollaro – una pacchia per gli evasori fiscali e riciclatori di denaro sporco. Questo tipo di capitalismo corrotto non tirerà fuori l’Italia dai propri guai economici. Inoltre, l’Italia occupa l’84° posto su 128 nella classifica sulla parità tra i generi stilata dal World Economic Forum del 2007, ben più in basso di Paesi come Uganda, Bolivia e Kenya. Il sessismo dei media di proprietà di Berlusconi e della sua condotta privata permea la società nel suo insieme. Si tratta di un problema non solo morale, ma anche economico poiché la partecipazione femminile nella forza lavoro è un fattore importante nella crescita economica.

Berlusconi ha avuto un grande successo anche nel mantenere l’informazione sulla recessione fuori dai notiziari. Attacca i mezzi di comunicazione “disfattisti” che hanno fornito informazioni, accusandoli di aver favorito la crisi diffondendo allarmismi tra i consumatori italiani. La presa di Berlusconi sulla stampa e la televisione non ha precedenti in una grande democrazia. Una buona parte della sua carriera è stato dedicata al concetto che contano solo le apparenze e non la realtà. “Non ti rendi conto che se qualcosa – un’idea, un politico oppure un prodotto – non si vede in TV, non esiste?” Così ha spiegato Berlusconi a uno dei suoi più stretti collaboratori. Restando sempre popolare nonostante la propria incompetenza, la corruzione e il declino nazionale, ha dimostrato che c’è molto di vero in questa opinione.

Il lungo mandato di Berlusconi in Italia è anche, naturalmente, un testamento dello stato precario dell’opposizione nel Paese, totalmente divisa e priva di idee. Il Partito Democratico – il maggior partito d’opposizione – ha scelto di non partecipare al “No Berlusconi Day” a dicembre, perdendo l’occasione di rivolgersi a 350.000 potenziali elettori e di sfruttare un movimento di protesta in crescita su Internet. Il nuovo leader del partito, Pier Luigi Bersani, è un politico intelligente ma alquanto tradizionale, con radici nel vecchio PCI. Sembra diffidente nei confronti dei movimenti di protesta resisi indipendenti dalla politica tradizionale. I partiti all’opposizione sono avidi di un paio di minuti in prima serata, inseguendo Berlusconi su un territorio in cui questi vincerà sempre, invece di usare i nuovi media che sfuggono al controllo di Berlusconi e grazie ai quali potrebbero sviluppare nuove forme di comunicazione politica e di organizzazione.

Ma mentre è possibile manipolare gli scandali sessuali oppure respingere dei procedimenti penali ben documentati come se facessero parte di una caccia politica alle streghe, è più difficile convincere gli elettori comuni che stanno bene quando in realtà non è così. Molti italiani fanno fatica ad arrivare a fine mese e, secondo alcuni sondaggi, hanno la sensazione che tutto non sia come sembra. Finora non è emerso alcun oppositore promettente in grado di sfidare Berlusconi; ma mentre l’economia continuerà a stagnare, la realtà lentamente potrebbe tornare alla ribalta. O forse l’Italia continuerà ad essere incantata dal reality show creato da Berlusconi.

di Alexander Stille, The New York Review of Books, (ItaliaDallEstero.info)

Frija smetta di far propaganda: Benvenuta a Berlusconilandia!

16 aprile 2010, by  
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Rifondazione Comunista della Spezia plaude all’azione di responsabilità intrapresa nei confronti del management di ACAM Tortora che “de facto” ha portato l’azienda sull’orlo del baratro finanziario e organizzativo.

Chi ha sbagliato deve pagare ed è giusto che si cominci dal principale responsabile dell’enorme disavanzo del bilancio, causato anche da spericolate e incomprensibili operazioni finanziare intraprese dal medesimo manager negli anni della sua gestione. Piuttosto sottolineiamo il ritardo con cui tale azione è stata intrapresa, per altro dalla stessa classe dirigente che permise l’approdo ad ACAM dello stesso Tortora.

Occorre che il nuovo corso gestionale dell’azienda faccia chiarezza sul recente passato, chieda giustizia in tutela dei lavoratori e svolti radicalmente nelle modalità gestionali dei processi produttivi di ACAM. Un auspicio che intravediamo ma di cui saremo severi guardiani.   In tutto questo, come sempre, spicca l’ipocrisia del centrodestra spezzino. Prima la PdL tuona che non si è fatta chiarezza sulle responsabilità di ACAM, poi, una volta intrapresa un’azione legale seria, i berluscones spezzini tornano alla carica con quel finto moralismo che li contraddistingue.   L’esternazione dell’esponente berlusconiana, Maria Grazia Frija, è paradossale: se fin’ora vi è stata difficoltà nel procedere in un’azione legale doverosa è perchè in Italia c’è un governo presieduto da Silvio Berlusconi che ha depenalizzato norme di civiltà come il falso in bilancio, per salvare dai guai il proprio capo.

Dunque occorrerebbe che la demagogia del centrodestra spezzino finisse una volta per tutte, anche perchè, se non se ne sono ancora accorti, la campagna elettorale è finita, la bastonata è stata sonora e sarebbe il caso che si faccia politica confrontandosi sui temi senza andare a cercare i pretesti più biechi, tanto meno quando si fa parte di un partito che sta demolendo a suon di decreti lo stato di diritto nel nostro paese.

Ora i ricchi ridono…

17 marzo 2010, by  
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Dichiarazione Irpef del 2010 = 23.057.981 €

Dichiarazione Irpef del 2009 = 14.532.538 €

Differenza 2009-2010 = +8.525.443 €

Ebbene si, otto milioni e mezzo in più rispetto all’anno precedente! Il reddito di Silvio Berlusconi, il presidente del Consiglio, rimane dunque il più ricco tra i parlamentari della Repubblica: è quanto emerge dalla consultazione delle dichiarazioni patrimoniali di parlamentari e membri del’esecutivo, a disposizione del pubblico. Cinque appartamenti a Milano, due box sempre a Milano, e un terreno ad Antigua, alla voce “variazioni in aumento” compaiono l’acquisto di un immobile sul Lago Maggiore a Lesa (Novara), la costruzione di un immobile sul terreno di Antigua e l’acquisto di un altro pezzo di terra sempre nei Caraibi. Insomma, al passo con i tempi!

Per quanto riguarda i ministri, il più “impoverito” risulta essere proprio quello dell’Economia, Giulio Tremonti. Nella dichiarazione del 2009 relativa ai redditi del 2008, infatti, Tremonti ha dichiarato un  imponibile di soltanto 39.672 euro rispetto ai 4,5 milioni dell’anno precedente. Il titolare dell’Economia ha iscritto un credito d’imposta di 70.376 euro. Nello specifico, il reddito complessivo di Tremonti è stato pari a 176.897 euro, ma con oneri deducibili dal reddito per 137.225 euro che hanno fatto scendere l’imponibile a 39.672 euro. La notizia, che ha suscitato una certa “curiosità”, è stata chiarita da fonti del ministero dell’Economia, che hanno spiegato come il “calo” sia dovuto al fatto che Tremonti ha lasciato lo studio professionale di avvocato tributarista.

Ma se allarghiamo le nostre vedute alla Camera dei deputati, la top ten è tutta targata Pdl: dopo Silvio c’è Santo Versace (5.190.127 €), poi Antonio Angelucci (3.530.528 €), Amato Berardi (2.788.482 €), Giuseppe Consolo (2.524.904 €), Gaetano Pecorella (1.490.083 €), Niccolò Ghedini (1.345.235 €), Donato Bruno (1.293.235 €), Giulia Bongiorno (1.288.440 €) e Denis Verdini (1.282.034 €).

Crisi economica? Quale crisi economica? Ora si spiega perchè la PdL e il governo sono fissati con l’ottimismo e nel non vedere come vanno le cose nel paese. E’ evidente che disoccupazione e licenziamenti, abbassamento del potere d’acquisto di salari e pensioni e carovità non visibili se si maneggia con dichiarazioni dei redditi di tale portata. Ma la gente non vive con queste cifre, anzi se le sogna di notte insieme ai numeri del superenalotto!

Tutti stanno in crisi, con le pezze al culo o in cassa integrazione, e loro stanno bene, e l’antipolitica non si affaccia più sugli schermi di canale 5.

La scoperta dell’acqua calda

10 febbraio 2010, by  
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Mi sono candidato solo per non finire in galera“. Titola così un interessante, quanto scontatamente nota (nei contenuti), intervista intervista-shock che il Senatore Marcello Dell’Utri ha rilasciato al Fatto Quotidiano. Basterebbero queste parole, in una normale democrazia, perché Dell’Utri lasciasse immediatamente il Parlamento ed ogni incarico pubblico. Peccato che l’aggettivo normale ed il sostantivo democrazia non appartengano a questo paese. Ecco l’intervista.

A me della politica non frega niente, io mi sono candidato per non finire in galera”. Freccia-rossa Milano-Roma. Marcello Dell’Utri, senatore del Pdl condannato in primo grado a nove anni per mafia, si addormenta, seduto al suo posto, dopo aver mangiato un panino nella carrozza ristorante. Con lui, una guardia del corpo. Poi squilla il telefono e Dell’Utri – faccia dimessa – si sveglia e parla volentieri, a voce bassa.

Senatore, lei è su tutti i giornali per le dichiarazioni di Massimo Ciancimino.

Due sono le opzioni: o mi sparo un colpo di pistola, o la prendo sul ridere. Di certo farò un’interpellanza parlamentare per capire cosa c’è dietro queste calunnie.

Ma cosa ci guadagna Ciancimino a dire queste cose?

Guadagna molto: intanto gli sconti di pena. La sua condanna a cinque anni, dopo le sue prime dichiarazioni, è stata scontata a tre anni. Non è poco: tra indulti e cose varie non avrà nessuna pena. Poi ci guadagna la salvezza del patrimonio che il babbo gli ha lasciato. Sta tutto all’estero.

E chi è il regista che ha interesse a favorire Ciancimino perché faccia i vostri nomi?

Sicuramente chi lo gestisce è lo stesso pubblico ministero che era il mio accusatore nel processo di primo grado: questo Ingroia. Antonio Ingroia è un fanatico, visionario, politicizzato. Fa politica, va all’apertura dei giornali politici, ha i suoi piani. Ciancimino padre io non l’ho mai visto né conosciuto, non ho preso il suo posto, quindi non c’è nulla: è tutto montato. Qui c’è un’inquisizione. C’è una persecuzione: Torquemada non mollava la sua preda finchè non la vedeva distrutta.

Però è difficile sostenere che Ciancimino, Spatuzza e tutti i pentiti che l’hanno accusata nel corso del suo processo, siano manovrati.

Ma questo non è un problema, Andreotti ne aveva anche di più di pentiti che l’accusavano.

Infatti Andreotti è stato riconosciuto colpevole del reato di associazione a delinquere (mafiosa) fino a 1980.

Ma la faccenda di Andreotti è complessa, io non l’ho capita bene, bisognerebbe studiarla. Questi, i miei accusatori, sono preparati. C’è una cordata che non finisce più, una cordata infinita.

Secondo Ciancimino il frutto della trattativa tra mafia e Stato fu proprio Forza italia, una sua creatura.

Questo Ciancimino è uno strano. Lo sanno tutti, a Palermo. è il figlio scemo della famiglia Ciancimino.

Non ha l’aria tanto scema.

Non scemo, diciamo che è uno particolarmente labile. Ha un fratello, a Milano, che è una persona dignitosissima, infatti non parla neanche. Tutti sanno invece che questo [Massimo Ciancimino, ndr] è un figlio un pò debosciato: gli piacciono le macchine, i soldi. è capace di fare qualunque cosa.

Anche il pentito Gaspare Spatuzza dice che tra lei, Berlusconi e i fratelli Graviano è stato raggiunto un accordo.

Ma di che parliamo? Falsità, calunnie. Sono tutte persone che hanno davanti anni di galera, è da capire. Salvano la loro pelle.
Paolo Borsellino parla di lei e di Berlusconi nell’ultima intervista che ha rilasciato prima di essere ucciso.

Era un’intervista manomessa, manipolata. Quando l’abbiamo vista per intero abbiamo capito come stavano le cose. Risulta chiaro che Vittorio Mangano non c’entrava niente: quando parlava di cavalli, intendeva cavalli veri.

Però secondo Borsellino quando si parlava di cavalli ci si riferiva a partite di eroina.

Nel gergo può essere, ma in quella circostanza si trattava di cavalli veri. Ho fornito le prove: era un cavallo, con un pedigree, che si chiamava Epoca.

Mangano però parlava anche di un cavallo e mezzo…

Questo era un linguaggio che aveva con altri, con un certo Inzerillo, non con me. Lì “un cavallo e mezzo” era evidentemente una partita di droga.

Capisce che alla gente può sembrare strano che lei dia dell’eroe a uno che, anche a suo dire, trafficava eroina?

Certo, come no, capisco tutto. Ma io non ho detto che è un eroe in senso assoluto. è il mio eroe!

E lei ha mantenuto i contatti con Mangano anche dopo che è uscito di galera, quando erano ormai noti i reati che aveva commesso.

Ho tenuto i contatti, certo, l’ho detto. La mia tranquillità nasce dal fatto che non ho niente di cui vergognarmi.

Berlusconi è arrabbiato con lei?

No, perché? Mi conosce bene.

Neanche un pò infastidito da tutti i problemi che gli causa?

Io? Che c’entro io? L’ha voluta lui Forza Italia. Io ho solo eseguito quello che era un disegno voluto dal presidente Berlusconi. Non posso arrogarmi meriti che non ho.

Non sente una responsabilità, visto il suo ruolo politico?

Io sono un politico per legittima difesa. A me della politica non frega niente. Mi difendo con la politica, sono costretto. Quando nel 1994 si fondò Forza Italia e si fecero le prime elezioni, le candidature le feci io: non mi sono candidato perché non avevo interesse a fare il deputato.

Poi, nel 1995, l’hanno arrestata per false fatture.

Mi candidai alle elezioni del 1996 per proteggermi. Infatti, subito dopo, è arrivato il mandato d’arresto.

E la Camera l’ha respinto. Ma le sembra un bel modo di usare la politica?

No, assolutamente. è assurdo, brutto. Speriamo cambi tutto al più presto! Ma non c’era altro da fare…

Perché non si difende fuori dal Parlamento?

Mi difendo anche fuori.

Perché non soltanto fuori?

Non sono mica cretino! Mi devo difendere o no? Quelli mi arrestano! Se arrestano me cosa faccio, mi candido anch’io?

Ma a lei perché dovrebbero arrestarla? E poi a lei non la candida nessuno, quindi non si preoccupi. Io potevo candidarmi e l’ho fatto.

Ha fatto anche i circoli del Buon governo. Si figuri che non abbiamo neanche più i telefoni perché non avendo più risorse per pagarli sono stati, diciamo, tagliati.

Voi non avete più risorse?

Sì, sì. Così è. Adesso lasciamo l’affitto della sede di via del Tritone a Roma perché non riusciamo più a mantenerlo.

E il Pdl non vi sovvenziona?

Il Pdl è avverso ai circoli: è fatto di persone che hanno preso il potere e hanno paura di chiunque sia migliore di loro.

Che fa se la condannano in appello?

Vado in Cassazione!

Non si dimette?

Ma sta scherzando?

E se la condannano in Cassazione?

Eh lì vado in galera. A quel punto mi dimetto.

Beatrice Borromeo (Il Fatto quotidiano, 10 febbraio 2010)