Ravera: “Rifondazione in piazza in Liguria al sostegno del governo Tsipras”

2 luglio 2015, by  
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Da Imperia a Spezia, Rifondazione Comunista promuove e/o partecipa a tutte le manifestazioni in sostegno del governo di Alexis Tsipras, solidale con il popolo greco che affronta indubbiamente la prova più dura della sua recente storia di nazione indipendente e democratica.

In Liguria gli appuntamenti previsti sono: venerdì 3 a Genova dalle 17.30 in piazza De Ferrari, venerdì 3 a Spezia dalle 17.30 in piazza Mentana. Sempre venerdì doppio appuntamento a Savona: dalle 15.30 gazebo informativo in corso Italia e dalle 18.30 presidio in piazza Saffi sotto la Prefettura. Sabato mattina sarà invece Imperia a mobilitarsi in via San Giovanni.

Più in generale a partire dalle elezioni europee ultime, quando è nata la lista L’Altra Europa con Tsipras, passando per la vittoria di Syriza e la costituzione del governo di sinistra in Grecia, abbiamo sempre trovato nel “modello greco” la formula migliore per una rinascita delle forze progressiste anche in Italia.
Il sostegno che diamo alla Grecia è quindi un sostegno “naturale” perché si ispira a politiche e a forme di politica che sono state costruire dal basso. La crisi economica è stata pilotata dalle grandi banche e dai poteri finanziari ed è stata fatta pagare tutta quanta ai popoli dei paesi più in difficoltà: ciò che oggi vive la Grecia, possono viverlo – a dispetto delle ipocrite parole dei rispettivi leader di governo – il Portogallo, la Spagna e anche l’Italia.
La solidarietà che oggi esprimiamo ad Atene, al popolo greco e ad Alexis Tsipras è il miglior augurio che possiamo fare a noi stessi per unire le lotte dei popoli europei e migliorare la vita delle persone più indigenti, ridando anche una speranza ad una sinistra di alternativa vera, concreta e vissuta ogni giorno dalla gente.

Marco Ravera,

segretario regionale Rifondazione Comunista

Que la tierra será leves compañero Marcelino

1 novembre 2010, by  
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Si sono svolti a Madrid i funerali di Marcelino Camacho, morto qualche giorno fa a 92 anni.

Nella metà degli anni Settanta fu processato e condannato dal regime franchista per aver organizzato clandestinamente le Comisiones Obreras (Cc.Oo) il sindacato di classe che promosse gli scioperi dei lavoratori durante il franchismo. Non era la prima volta che Marcelino finiva in carcere: a 17 anni si iscrisse la Partito Comunista (Pce) e combattè contro i fascisti nella Guerra civile, dopo la guerra fu internato in un campo di prigionia dal quale riuscì a fuggire nel 1944 per rifugiarsi nell’Algeria francese.
Nel 1957 rientrò in Spagna grazie all’amnistia, entrò a lavorare in fabbrica e, seguendo le direttive del Pce, grazie all’entrismo nel sindacato fascista, l’unico consentito dal regime, fu eletto rappresentante sindacale.

Cominciò così a tessere la rete dell’organizzazione  che portò alla nascita della Co.Oo. che agivano cladestinamente dentro e fuori il sindacato di regime. Da allora Marcelino divenne il simbolo della Spagna operaia che resiste al fascismo ed iniziò ad entrare ed uscire dalle carceri del regime.

Dopo la condanna di metà anni Settanta, uscì dal carcere in seguito al processo democratico che prese avvio in Spagna dopo la morte di Franco. Le Co.Oo. uscirono dalla clandestinità e Marcelino fu eletto Segretario di quello che divenne il più forte sindacato spagnolo. Il Pce lo candidò alle elezioni politiche e lo elesse deputato.
Successivamente lasciò la direzione del sindacato collocandosi su posizioni critiche rispetto alla linea moderata che per un certo periodo parve prevalere nelle Cc.Oo. e nel Pce contrastò le posizioni di chi sosteneva la necessità che il partito si sciogliesse in Izquerda Unida. Fino alla morte é stato membro del Comitato Centrale del Pce.

Guarda il video

¡Arriba, parias de la Tierra!

¡En pie, famélica legión!

Atruena la razón en marcha:

es el fin de la opresión.

Del pasado hay que hacer añicos.

¡Legión esclava en pie a vencer!

El mundo va a cambiar de base.

Los nada de hoy todo han de ser.

Agrupémonos todos,

en la lucha final.

El género humano

es la internacional.

Agrupémonos todos,

en la lucha final.

El género humano

es la internacional.

Ni en dioses, reyes ni tribunos,

está el supremo salvador.

Nosotros mismos realicemos

el esfuerzo redentor.

Para hacer que el tirano caiga

y el mundo siervo liberar,

soplemos la potente fragua

que el hombre libre ha de forjar.

Agrupémonos todos,

en la lucha final.

El género humano

es la internacional.

Agrupémonos todos,

en la lucha final.

El género humano

es la internacional.

La ley nos burla y el Estado

oprime y sangra al productor;

nos da derechos irrisorios

no hay deberes del señor.

Basta ya de tutela odiosa,

que la igualdad ley ha de ser:

“No más deberes sin derechos,

ningún derecho sin deber”.

Agrupémonos todos,

en la lucha final.

El género humano

es la internacional.

Agrupémonos todos,

en la lucha final.

El género humano

es la internacional.

Cosa c’è dietro le accuse a Baltasar Garzón

11 aprile 2010, by  
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Baltasar Garzón, il giudice spagnolo che ha aperto un’inchiesta sui crimini commessi durante la guerra civile e il franchismo, dovrà sedersi al banco degli imputati. I commenti dei giornali spagnoli e della stampa internazionale.

Garzón è accusato di prevaricazione, di avere cioè dato vita a quelle inchieste senza averne competenza giudiziaria. In particolare, il Tribunale supremo accusa Garzón di violare con le sue indagini il decreto di amnistia per i crimini dell’epoca della guerra civile approvato dal parlamento spagnolo nel 1977.

Secondo il giurista Francisco Balaguer Callejón, il Tribunale supremo aveva le competenze per intraprendere una strada del genere, ma la sua è una decisione politica, che riflette la politicizzazione della giustizia spagnola. Garzón, infatti, si sta occupando anche del delicato caso Gürtel sulla presunta rete di corruzione all’interno del Partito popolare (Pp). “Il Partito popolare cerca da anni di ostacolare il lavoro del giudice con attacchi personali”, spiega il quotidiano Público.

“Nel febbraio del 2009 il leader del Pp, Mariano Rajoy, disse che Garzón ‘non è imparziale in quanto socialista’. Questo subito dopo l’esplosione del caso Gürtel”.

Ma il caso Garzón ha causato sconcerto e prese di posizione anche all’estero, con i maggiori quotidiani internazionali che commentano la vicenda. In un editoriale pubblicato oggi, il New York Times giudica inconcepibile il fatto che non si indaghi sui veri crimini (le violenze durante il franchismo e la guerra civile) ma su Garzón.

“La Spagna ha bisogno di far luce sul suo passato. La scomparsa di più di centomila persone durante l’epoca franchista rappresenta, secondo il diritto internazionale, un crimine contro l’umanità, che non può essere cancellato da una legge di amnistia”.

“Il Generalísimo Francisco Franco se la starà sicuramente ridendo nella sua tomba”, scrive l’Economist. “Il caso Garzón dimostra ancora una volta la tendenza del giudice ad agire come parafulmine sui temi che il paese fa fatica ad affrontare, come la corruzione, il terrorismo, la criminalità organizzata e il passato violento”.

Secondo il Guardian, infine, questa vicenda sottolinea i due maggiori problemi della Spagna di oggi. “Una giustizia politicizzata e l’eredità del franchismo”.

Tratto da Internazionale

Kosovo, il vicino problematico

17 febbraio 2010, by  
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A due anni dalla dichiarazione di indipendenza del Kosovo, l’Unione europea è ancora incapace di elaborare una politica coerente per i Balcani occidentali.

Le divisioni interne all’Ue in materia continuano ad aggravarsi, e il rischio non è solo di far naufragare l’ingresso della Serbia nell’Unione ma anche di destabilizzare la regione. Dopo la controversia provocata dall’infelice strategia per il nord, il cosiddetto quintetto per il Kosovo, formato da Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia e Stati Uniti sta esercitando pressioni diplomatiche ancora più forti sulla Serbia perché non si opponga all’indipendenza del Kosovo.

Al contrario, la Spagna, che da gennaio è titolare della presidenza dell’Ue, esorta a riprendere i negoziati e auspica un accordo che soddisfi entrambe le parti. Fonti kosovare hanno fatto sapere che se i serbi nel nord continueranno a opporsi all’integrazione, gli albanesi nel sudest della Serbia potrebbero decidere di unirsi al Kosovo. Anche se rappresenta una posizione di minoranza nell’Ue, la proposta della Spagna costituisce il modo più costruttivo per superare l’impasse sullo status del Kosovo e portare finalmente una pace duratura nella regione.

Il tono aggressivo
Di recente il quintetto ha inviato un messaggio forte al ministro degli esteri serbo Vuk Jeremic, dichiarando in un comunicato che “finora abbiamo tollerato il tono aggressivo della Serbia nei confronti del Kosovo perché credevamo che col tempo avrebbe finito per accantonare questa faccenda”, e ha intimato alla Serbia di astenersi da “azioni avventate” quando il Tribunale penale internazionale emetterà il verdetto sulla legittimità dell’indipendenza del Kosovo.

Non è chiaro, però, che cosa intenda dire esattamente il quintetto parlando di “tono aggressivo” e di “azioni avventate”. Jeremic ha proposto una riunione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite subito dopo il verdetto del Tribunale dell’Aja, allo scopo di garantire pieno appoggio a nuovi negoziati per una definizione dello status del Kosovo. Simili iniziative mirano a rispettare la promessa della Serbia di utilizzare mezzi pacifici, diplomatici e legali per contrastare l’indipendenza del Kosovo.

La Serbia in difficoltà
La Spagna, uno dei cinque stati membri dell’Ue (oltre a Grecia, Cipro, Slovacchia e Romania) che si rifiutano di riconoscere l’indipendenza del Kosovo, appoggia da tempo la posizione della Serbia, consapevole del potenziale rischio di congelare il conflitto nei Balcani, che potrebbe complicare ulteriormente l’avvicinamento della regione all’Ue.

Iñigo de Palacio, ambasciatore spagnolo a Belgrado, ha dichiarato di recente che “sarebbe davvero un paradosso se la Serbia, che sta facendo molti sforzi per trovare una soluzione con il dialogo e i negoziati, fosse punita e ostacolata nel suo cammino verso l’integrazione europea”. I due requisiti voluti dall’Ue, buone relazioni di vicinato e cooperazione costruttiva nella regione, finiranno per diventare le principali leve utilizzate contro la Serbia dai protagonisti dell’indipendenza del Kosovo.

Mentre le incertezze sullo status del Kosovo continuano ad aumentare, il presidente dell’assemblea del Kosovo Jakup Krasniqi ha più volte pronunciato discorsi secessionisti e aggressivi. Il segretario serbo per il Kosovo Oliver Ivanovic ha esortato la comunità internazionale a condannare la sua “propaganda di guerra”, ma non ha ancora avuto risposta. Alla luce di queste minacce, le dichiarazioni secondo cui l’indipendenza del Kosovo contribuisce alla pace e alla stabilità della regione paiono ancora meno realistiche.

Un’occasione per il soft power dell’Ue
Secondo Catherine Ashton, Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione europea, che il 18 febbraio dovrebbe recarsi in visita a Belgrado, i Balcani occidentali rappresentano una delle sfide prioritarie della sua agenda, che rischia di erodere ulteriormente le aspirazioni dell’Ue a un ruolo da protagonista sulla scena internazionale.

Con l’avvicinarsi del verdetto del Tribunale penale internazionale, considerare la proposta potrebbe offrire all’Ue l’occasione di garantire una soluzione sostenibile alla questione dello status del Kosovo. Una soluzione basata sul soft power di cui l’Ue è capace. Continuare a seguire la strada attuale potrebbe pregiudicare l’intera strategia per la regione, soprattutto in Bosnia ed Erzegovina, e compromettere lo sviluppo di una politica efficace e coerente.

Ian Bancroft, The GuardianEU divisions over Kosovo get deeper
(traduzione di Anna Bissanti)