Il ciclo-ambasciatore dei diritti umani Barbanotti ospite del Prc La Spezia: “Attraverso l’ltalia contro bullismo e violenza sulle donne”

20 aprile 2019, by  
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Da Milano a Palermo in bicicletta in poco più di un mese per sensibilizzare la popolazione italiana contro bullismo e violenza sulle donne. E’ l’incredibile storia di Vittorio Barbanotti, 67 anni portati splendidamente, idraulico in pensione con la sfrenata passione per il ciclismo che lo ha portato a Spezia nel tardo pomeriggio di venerdì sera dopo aver percorso già quasi quattrocento chilometri in pochi giorni. Milanese d.o.c (abita a 200 metri dallo stadio di San Siro) è stato promotore in passato della campagna per ritorno di Silvia Baraldini in Italia e ora si accinge al suo personalissimo giro d’Italia, contando di raggiungere la Sicilia tra circa un mese.

Dopo Tortona ha scavalcato il passo dei Giovi per raggiungere in men che non si dica Genova e la riviera ligure. Da Rapallo eccolo a Spezia, ospite della federazione spezzina di Rifondazione Comunista che lo ha accolto a braccia aperte, con la segretaria provinciale Verusckha Fedi e Jacopo Ricciardi a fagli da benvenuto. 

 Un’impresa affascinante, che ha molto di donchisciottesco. Vittorio, infatti, è un piccolo-grande uomo “armato” solo di uno zainetto con pochi ricambi di biancheria per cavalcare la sua bici da corsa come un moderno Ronzinante, sfidando i mulini a vento della violenza che si cela dietro ogni essere umano. Una violenza che si sfoga quasi sempre contro i più deboli, che siano di bambini verso altri bambini (il fenomeno del bullismo, in fase crescente nel Paese) o di uomini verso le proprie mogli, compagne, sorelle etc. 
 
Secondo Vittorio tale sensibilizzazione deve essere recepita anzitutto dal mondo scolastico (“Spesso vado nelle scuole a raccontare ai ragazzi di questi problemi, perché solo cercando di cambiare la testa dei più giovani si potranno vedere i buoni frutti in futuro”) per poi coinvolgere ogni settore della nostra società. Da qui l’idea di unire l’amore per il pedale a quello per i diritti civili con le sue traversate, già compiute nel 2015 (quando arrivò fino alla “capitale” europea Bruxelles) e nel 2017, fermato però dopo poche tappe da una brutta caduta che gli causò diverse ferite. “Cose che capitano” – ha commentato con il suo ineffabile sorriso – “l’importante è rialzarsi e riprendere a correre”. 
 
E dire che da giovanissimo non era affatto uno sportivo provetto. “Se mi chiedevano di fare dieci passi di corsa mi rifiutavo” – confida – “poi negli anni ’70 conobbi una ragazza che mi convinse a partecipare ad una gara podistica. Iniziai ad appassionarmi allo sport e fare maratona e fondo, per poi passare alla bici. Ho quasi 70 anni ma mi sento ancora in forma, anche se devo stare attento al cuore e alle mie gambe, alternando giorni di riposo a quelle di fatica. Se ho paura? No, sono solo stanco a fine di ogni tappa!” 
 
Barbanotti racconta quotidianamente le sue gesta con un mini reportage su facebook, dove pubblica le foto dei paesaggi e delle persone incontrate. “A tutti chiedo di autografare la bandiera dei diritti civili che porto sempre con me” – ha spiegato l’attivista – “L’unico mio interesse è far si che la gente parli dei problemi che io voglio denunciare. Solo focalizzando l’attenzione se ne potrà uscire fuori”.
 
Vittorio ripartirà domani mattina alla volta di Viareggio, per poi raggiungere nelle prossime settimane le città di Livorno, Follonica, Cerveteri, Roma, Napoli e infine Palermo, dove intende incontrare il sindaco Leoluca Orlando e le famiglie di Peppino Impastato e dei giudici Falcone e Borsellino, prima del suo ritorno a casa, questa volta per nave. 
 
“Arriverò nel capoluogo siciliano intorno al 19 di maggio, dopodiché sbarcherò a Genova e poi tornerò in treno Milano” – ha concluso – “A Spezia ho trovato un grandissimo calore umano, già ci ero stato qualche anno fa al fianco di Silvia Baraldini. Contro di tornare l’anno prossimo per un nuovo tour!”

Peveri (Gc La Spezia): “La violenza maschile sulle donne non ha colore”

21 dicembre 2017, by  
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Accade alla Spezia – ma non solo – che la consigliera regionale Lega Nord Liguria, Stefania Pucciarelliintervenga in materia di violenza sulle donne dichiarando esplicitamente “nessuno spazio a una cultura maschilista come quella islamica”, invocando la risposta di quelle che a suo parere tacciono a riguardo: le femministe di sinistra.

Innanzitutto mi dispiace deludere la consigliera, ma le femministe di sinistra non tacciono. Si dà il caso infatti che le “femministe di sinistra” si battano per i diritti di TUTTE le donne contro QUALSIASI tipo di violenza di matrice patriarcale. Sì, perché forse è meglio ricordare a tutti e tutte come la violenza di genere sia un fenomeno tanto subdolo quanto dilagante, in una società che si vede sempre più coinvolta in uno schema di pensiero strettamente patriarcale che lega il ruolo della donna alla figura del cosiddetto sesso debole.

Uno stupro è uno stupro e a stuprare sono gli uomini, al di là della loro nazionalità, provenienza o estrazione sociale. A usare violenza, per la maggior parte dei casi, non è uno sconosciuto, bensì individui facenti parte della sfera affettiva, per questo troppo spesso un assordante silenzio pervade l’ambiente domestico accentuando la difficoltà di denunciare (è comunque importante sottolineare come la violenza di genere non si manifesti esclusivamente nell’atto di aggressione fisica o molestia sessuale).

Il pensiero espresso da suddetto comunicato risulta perfettamente in linea con la notizia di qualche settimana fa. Si apprende infatti dalle testate giornalistiche locali come il Comune abbia intenzione di approvare la mozione sul divieto del velo islamico all’interno dei luoghi pubblici e le motivazioni utilizzate per supportare l’idea che questo provvedimento debba assolutamente essere attuato hanno bisogno di essere analizzate.

In primo luogo secondo la maggioranza vi è la necessità di liberare le donne da un’imposizione che è quella dei mariti fedeli all’islam radicale. Ecco che la Destra si fa paladina dei diritti delle donne, fautrice di una crociata a favore dell’autodeterminazione del corpo della donna. Sia chiaro però che la lotta di questa forza politica sia limitata a determinati diritti: quelli funzionali alla strumentalizzazione per la campagna politica securitaria, anti-degrado e criminalizzante di tutte quelle realtà che differiscono da quella nazionale dominante, per cultura, religione e colore della pelle.

Secondo questa logica bisogna parlare solo di stupro ed è meglio riferirsi alla categoria degli immigrati per individuarne i colpevoli. Il colpevole non è mai il padre di famiglia italiano, il compagno, il fratello, il conoscente o il parente. Deve essere un immigrato, altrimenti come si giustifica la deriva discriminatoria e fortemente razzista dei provvedimenti securitari?

Sia chiaro quindi che il diritto all’autodeterminazione della donna, nel discorso politico della destra e della Lega, incontra una grande limitazione se si tratta, per esempio, di un discorso più ampio riguardo alla libertà sessuale e alla libertà di scelta. Sì, perché se si chiede la corretta applicazione della Legge 194/1978 la risposta di queste forze politiche è un’immediata criminalizzazione: la donna è additata come assassina.

Le femministe di sinistra stanno dalla parte delle donne, di tutte le donne e non tacciono. Le femministe di sinistra scendono in piazza per rivendicare i propri diritti, senza sventolare la bandiera dell’autodeterminazione della donna al fine di strumentalizzarla in funzione di una logica anti-straniero.

La violenza di genere non ha colore, non ha origine, se non quella di essere frutto di un sistema fortemente patriarcale.
In conclusione, nulla di nuovo sotto il sole: ecco che la destra si fa ancora una volta portavoce dell’illusione elettorale per cui un’Italia libera da immigrati è un’Italia senza criminalità e violenza. Illusione favorita dallo stereotipo dello scontro manicheo tra Italiani buoni e immigrati cattivi.

Questa retorica si trasforma nell’equazione vincente che spinge i mass media a focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla nazionalità dei delinquenti, come se il criminale fosse più o meno colpevole se non di origine italiana. Mi dispiace deludere la consigliera Pucciarelli, ma anche gli italiani “doc” si rendono artefici di efferati atti di violenza.

Silvia Peveri,

Responsabile Organizzazione Giovani Comunisti/e La Spezia

Stop al femminicidio! Rivoluzione Civile oggi in piazza in tutta Italia al fianco delle donne

14 febbraio 2013, by  
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Rivoluzione Civile vuole mettere un argine a quella che è una piaga sociale vergognosa per un Paese democratico: il femminicidio. Per questo oggi, 14 febbraio, saremo nelle piazze e nelle strade d’Italia, insieme al miliardo di persone che, in tutto il mondo, ballerà per dire basta alla violenza sulle donne.

Antonio Ingroia ha assicurato il sostegno alla Convenzione “No More!” contro la violenza maschile sulle donne. Rivoluzione Civile sfida la politica a passare subito dalle parole ai fatti: il prossimo Parlamento deve ratificare al più presto la Convenzione di Istanbul. Noi, come già detto rispondendo alla lettera aperta di Luisa Betti, presenteremo una proposta di legge contro il femminicidio. Serve una rivoluzione a tutela delle donne e saremo i primi rivoluzionari. Vogliamo fermare la mano di uomini indegni di essere definiti tali.

Il femminicidio esiste e sul tema è necessario un dibattito serio che entri a pieno titolo non solo nella campagna elettorale, ma anche nell’agenda politica di un paese. Affinchè si possa contrastare una cultura generale che discrimina le donne e che possa dare soluzioni pratiche da adottare per proteggere le troppe vittime in Italia. Siamo di fronte ad uno scandalo tutto italiano. Non solo la politica ma anche la cultura e la società civile hanno la loro responsabilità. In un’Italia che è in ritardo rispetto agli altri paesi europei, è necessario che le Istituzioni, la società civile, la cultura ed i media lavorino insieme per prevenire il femminicidio.

Per fermare questa emergenza, diventata ormai  una non-emergenza, visto che ogni 48 ore una donna viene uccisa per mano di ex mariti o ex compagni, occorre un’assunzione di responsabilità collettiva, attraverso un grande dibattito pubblico su questo fenomeno, partendo dalla prevenzione soprattutto e dalla consapevolezza che è la cultura patriarcale generatrice di violenza ad essere responsabile di tanto dolore.

Firmiamo e facciamo firmare la convenzione No MORE e aderiamo alla manifestazione mondiale del 14 febbraio one billion rising. La danza come liberazione dalle catene mentali e fisiche della violenza, la danza come riscoperta dell’identità femminile.

http://convenzioneantiviolenzanomore.blogspot.it/

Rivoluzione Civile

Rifondazione in piazza contro le vergognose parole di Don Corsi: “Chiediamo che venga rimosso dal suo incarico”

29 dicembre 2012, by  
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Rifondazione Comunista ha aderito alla manifestazione indetta dalle donne spezzine di “Se non ora quando?” che si è svolta quest’oggi a San Terenzo.
L’affissione del manifesto del sacerdote santerenzino Piero Corsi sono gravissime, lesive della dignità delle donne. Registriamo anche il grave ritardo con cui il vescovo spezzino ha preso le distanze dal manifesto affisso sulla bacheca della parrocchia di San Terenzo, ed a lui chiediamo di dare coerente consequenzialità alle sue parole e rimuovere il parroco.
Facile pensare che i prossimi ad esser sotto attacco saranno i gay, i cui matrimoni sono stati definiti dal Papa una minaccia, i mendicanti e magari i bambini che con le loro gesta e tenerezze istigano gli istinti carnali dei vari parroci frustrati nella loro castità. Le loro frustrazioni non possono certo esser rigettate sulla società civile laica, difesa dalla nostra Costituzione. Subiamo già troppi diktat dalla Chiesa sul piano culturale e scientifico (testamento biologico, aborto) e siamo uno dei Paesi più arretrati sul piano dei diritti civili (divorzio, matrimoni di genere, convivenze), già sin troppo paghiamo con soldi pubblici le loro scuole, le Chiese e i loro insegnanti a scapito dell’ istruzione pubblica, fino alla vergognosa esenzione dall’IMU prevista dal governo Monti ed avallata dalle forze politiche che lo hanno sostenuto.
La laicità va ritrovata anche nelle manifestazioni pubbliche dove sempre più spesso, anche a Lerici, sembra un valore assente.
Pertanto chiediamo che ci sia reciprocità nel rispetto dei credi e anche dei non credi.
Rifondazione Comunista Lerici